Congresso Ipasvi. E se si fosse presentata anche una mozione di minoranza? Io l’avrei scritta così
di Ivan Cavicchi
Una mozione piena di fantasmi, quella approvata sabato scorso al termine del congresso. E l’opposizione? Essa evidentemente non ha ritenuto di distinguersi con una mozione di minoranza in modo da offrire alla professione con chiarezza i termini di una discussione, di un pensiero alternativo e di un confronto. E allora ci provo io…
10 MAR - Dopo aver letto la relazione introduttiva della presidente Silvestro al 17° congresso Ipasvi (
QS 5 marzo 2015)...lì per lì sono stato tentato di dirgliene quattro. In quella relazione la realtà reale degli infermieri non c’era e nemmeno uno straccio di proposta strategica.
Per rispetto del congresso ho aspettato senza interferire il dibattito e le sue conclusioni ma il mio riserbo non è servito a niente. La relazione è passata come i discorsi mendaci di un venditore di callifughi ad una fiera di paese. Così, nei riti di quella fiera, la buona fede, la speranza, l’ostinazione ideale di questa professione tanto spaesata quanto generosa, mi è parsa ancora una volta ingannata da un blocco di potere che non solo non ha alcuna intenzione di mollare ma quel che è più grave ha solo callifughi fasulli da vendere...nulla di più. Amici infermieri ve lo dico con la franchezza di sempre: avete proprio ragione voi quando dite che “
il primo problema dell’infermiere è l’infermiere”.
La
mozione conclusiva del congresso alle fine mi ha dato il colpo di grazia. Rabbia edisappunto si sono mischiati con immagini e pensieri su fatti realmente accaduti:
· gli infermieri che per parlare alla televisione della loro condizioni di lavoro, si incappucciano facendosi contraffare la voce come se temessero la mafia;
· quelli che si girano di spalle per non essere riconosciuti;
· quegli altri che solo perché si oppongono al demansionamento, subiscono ritorsioni di ogni tipo;
· e ancora gli infermieri che sono puniti con i trasferimenti, finendo per essere bollati come dei soggetti sovversivi;
· per non parlare di quelli che per aver espresso le loro riserve sulla trasparenza dell’Ipasvi, sono stati perseguitati ed emarginati;
· e ancora quelli che hanno paura di firmare qualcosa a sostegno dei loro colleghi in disgrazia non per vigliaccheria ma perché hanno famiglia;
· e ancora, la maggior parte, che per opportunismo o per difendere quello che per loro è comunque il loro lavoro, si sono rifugiati nell’agnosticismo riducendosi ad essere dei goffi e imbarazzanti “
bacia basso”;
· e i discorsi interrotti con i miei amici…che in questi anni hanno assistito senza dire una parola a scontri e a conflitti e che per indossare le mutande di bandone hanno messo la museruola alla loro mente e non abbaiano più.
Una mozione quindi piena di fantasmi. E l’opposizione? Essa evidentemente non ha ritenuto di distinguersi con una mozione di minoranza in modo da offrire alla professione con chiarezza i termini di una discussione, di un pensiero alternativo e di un confronto. La mozione conclusiva è stata approvata per acclamazione...rinforzando un’immagine dell’Ipasvi nel suo complesso coesa nella sua autosussistenza in tutte le sue parti...opposizione compresa.
A questo punto vorrei proporre io una simbolica “
mozione di minoranza”.
Gli infermieri riuniti a Roma...
Dicono:
· che gli infermieri non sono liberi...né di essere...né di pensare...né di decidere...né di avere un futuro;
· che senza libertà di essere.. .di pensare...di decidere non vi può essere autodeterminazione;
· che una professione incapace di autodeterminarsi sarà inevitabilmente usata e abusata dalle Regioni nelle più bizzarre forme di flessibilità del lavoro, dal blocco di potere che controlla i collegi da 20 anni, dai capetti che espressi sottobanco dai collegi, decidono, nei servizi e nei reparti come demansionare e sfruttare gli infermieri.
Ribadiscono:
· che oggi gli infermieri non sono più in grado per avversità di contesto di fare il loro dovere, quello descritto dalle norme, e sottolineano che il dovere professionale è primaria questione deontologica;
· la necessità imprescindibile di modificare l’art 49 del codice deontologico quindi di togliere ogni alibi al demansionamento;
· il valore della disobbedienza civile al fine di rifiutare l’ incompiutezza professionale, la post ausiliarietà, il demansionamento sistematico perché fenomeni degenerativi dannosi prima di tutto per gli ammalati;
· l’urgenza di istituire una task force qualificata nazionale finanziata dall’Ipasvi per sostenere i singoli infermieri demansionati nei loro posti di lavoro, perché il demansionamento è ormai un problema di categoria.
Si impegnano:
· quindi a togliersi cappucci, museruole e mutande di bandone;
· ad essere liberi di essere e di diventare pienamente la loro professione per fare una professione migliore;
· a dire basta non solo alla riduzione del numero degli infermieri, al costo zero, ai tagli lineari ecc ma a coloro che dicono basta a tutte queste cose ma le votano come governo e come parlamento;
· a dire basta alla politica contro il lavoro e i suoi diritti e alla demagogia strumentale di chi nella più flagrante incompatibilità fa il doppio gioco;
· a dire basta con la doppia morale che nei congressi pompa l’orgoglio di famiglia e poi nella realtà di tutti i giorni, la cornifica come nei romanzi di appendice;
· a dire basta a chi non è capace di decidere sulla sua incompatibilità in una discussione pubblica con gli infermieri, come se fosse una faccenda privata e come se gli infermieri fossero solo carne da macello;
· a riprendersi l’autonomia nella rappresentanza.
Decidono:
· nel momento in cui il lavoro professionale è al centro di un attacco contro riformatore senza precedenti di stringere un patto per il lavoro con i cittadini e con tutte le altre professioni;
· di mettere in campo una strategia coevolutiva che risponda alle politiche di decapitalizzazione del lavoro professionale accrescendo il valore aggiunto delle prassi professionali;
· di definire una proposta che metta insieme quattro cose: il ripensamento dei ruoli professionali, delle organizzazione del lavoro, delle forme storiche di cooperazione fra professioni e delle forme retributive.
Rifiutano:
· il gioco della vicarianza professionale a catena, implicito nel comma 566, sapendo che le prime vittime di questa logica, come dimostra la Toscana saranno proprio gli infermieri;
· di abbandonare la battaglia per il compimento della L.42 e della L.43 dal momento che queste norme nei confronti del mondo del lavoro sono il primo esempio di rimodellamento del ruolo senza il quale non si avrà mai “
un nuovo modello di cura”.
Programmano:
· una mobilitazione della professione per la quale si da mandato ad un comitato nazionale costituito da tutte le rappresentanze degli infermieri, di convocare entro tre mesi gli stati generali della professione per decidere la strategia da seguire da oggi in poi e le forme di lotta necessarie.
Ivan Cavicchi
10 marzo 2015
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