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Riforme. Cimo: “ I medici devono entrare in campo nella partita della Sanità”.


Il Ddl di riforma del titolo V restituisce centralità allo Stato e rende il Patto per la Salute e gli standard ospedalieri strumenti indispensabili per le riforme. Cimo rivendica un ruolo da protagonista nella partita cruciale da giocare per valorizzare le risorse umane e combattere il precariato. 

01 SET - E’ tempo di entrare in campo e di giocare da protagonisti nella partita delle riforme iniziata dal governo. Ne è convinto il sindacato dei medici, che, al rientro dalle ferie estive, non esita a chiarire la sua posizione nei confronti delle prossime importanti sfide per la professione.
A partire dalla scadenza del 31 ottobre, stabilita dall’art. 22 del nuovo Patto per la Salute, entro la quale un tavolo politico definirà un disegno di legge delega con principi e direttive sulla valorizzazione delle risorse umane per l’integrazione delle professioni sanitarie, per l’accesso al Ssn, per la disciplina della formazione di base e specialistica, per lo sviluppo di carriera e per l’introduzione di standard di personale di assistenza e per il precariato.

“Se si parla di Patto – spiega Guido Quici, vice presidente vicario Cimo – lo stesso non può limitarsi ad un accordo unilaterale tra ministero e Regioni ma deve coinvolgere chi rappresenta i cittadini e gli operatori sanitari. Questa è una partita importante che riguarda tutti ed in questo contesto Cimo, pur consapevole che molto spesso le partite si giocano a tavolino e che Stato e Regioni hanno il possesso di palla, non intende assistere dagli spalti ad accordi le cui ricadute coinvolgeranno nei prossimi anni i medici, sia in termini professionali sia organizzativi”.
Per Quici, che ricorda il progetto già presentato da Cimo basato sul rilancio del principio della meritocrazia, “Occorre lavorare sia sullo sviluppo di una nuova carriera professionale sia sulle competenze avanzate delle professioni sanitarie”.

E se l’integrazione multidisciplinare tra le professioni “non può prescindere da una preliminare concertazione tra le parti interessate” per superare i conflitti, è necessario che il ministero “assicuri la crescita professionale di tutte le figure in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale attraverso il superamento del recente atto che demanda ad accordi tra Regioni ed università il destino giuridico delle singole professioni”.
Non manca un riferimento al precariato: “Vorremmo – chiarisce Quici – che gli sforzi del governo Renzi nel risolvere la questione dei precari della scuola, fossero estesi anche alla sanità e, in particolare, ai circa 10mila che da anni sono in attesa di un’occupazione stabile”.
 
Passando attraverso “l’applicazione corretta degli standard ospedalieri” che “deve scongiurare quanto accade oggi in molte regioni dove il risparmio sulla spesa del personale determina processi organizzativi tali da costringere i medici a lavorare su più presidi”, Quici arriva alla riforma Madia, con la quale il governo è stato delegato ad adottare decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica entro un anno.

“Tra gli indirizzi emanati – spiega – le aziende sanitarie sono incluse nelle amministrazioni territoriali e la dirigenza medica e tecnica del Ssn è esclusa dal ruolo unico. Per ovvi motivi le implicazioni di natura contrattuale saranno numerose ad iniziare dal contratto quadro della dirigenza che imporrà un’ urgente definizione delle nuove aree, proprio alla luce della prevista riduzione delle stesse”.
Nonostante i tempi lunghi previsti, dunque, “occorre aprire, al più presto, il tavolo negoziale per porre le basi di un nuovo contratto di lavoro che tenga conto delle riforme in atto e che sia più dignitoso per la categoria”. 

01 settembre 2014
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