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Ddl Lorenzin. Spif Ar: “No a nuove professioni senza ordinamento didattico universitario previgente”


Lo Spif Ar scrive al ministro della Salute Lorenzin dopo la lettura degli emendamenti al testo del Ddl sul riordino delle professioni sanitarie attualmente all’esame della commissione Igiene e Sanità del Senato. Ed esprime il suo disappunto e quello di migliaia di professionisti. 

28 AGO - Nuove professioni sanitarie senza un ordinamento universitario specifico e possibilità di riconoscere titoli rilasciati da scuole private: il Sindacato professionale italiano fisioterapisti e professioni area riabilitativa non ci sta e, dopo aver appreso il contenuto degli emendamenti al Ddl 1324 presentati nella XII commissione di Palazzo Madama, scrive direttamente al ministro Beatrice Lorenzin, al sottosegretario Vito De Filippo e ai componenti della commissione.

“Con la presente – si legge nel testo – si intende sottolineare il disappunto di migliaia di professionisti sanitari dell’area riabilitativa che, assistendo ad un tentativo illogico e incostituzionale, vedrebbero “ordinare” delle professioni, in totale assenza di un ordinamento didattico universitario specifico previgente, concedendo anche la possibilità di riconoscimento del titolo rilasciato da centinaia di scuole private sparse in tutto il territorio nazionale. Si precisa – prosegue la missiva – che l’istituzione di nuovi profili in ambito sanitario, attraverso queste modalità, risulterebbe in contrasto ed in piena violazione dell’art. 5, commi 2, 3 e 5 della L. 43/06”.

Il provvedimento risulterebbe anche “discriminatorio e sperequativo, sotto il profilo della formazione – si spiega ancora nella lettera firmata dal presidente Spif AR, Antonio Cartisano, e dal segretario nazionale, Roberto Ferrara – nonché del mancato rispetto dell’articolo 3 della Costituzione nei confronti dei profili delle professioni sanitarie di cui alla legge 251/00, per il fatto che i nuovi profili acquisiscono la laurea magistrale, titolo accademicamente superiore alla laurea, relegando i laureati delle professioni sanitarie ad esercitare con un titolo inferiore”.

Il pericolo, secondo i rappresentanti sindacali, è quello di futuri “conflitti professionali e gestionali”, in quanto la laurea magistrale per le professioni sanitarie, “attribuisce competenze esclusivamente di tipo manageriale e dirigenziale, certamente non professionalizzanti”.
Per le aziende sanitarie, infine, si porrebbe anche il problema di inserire le nuove figure professionali nelle dotazioni organiche nonostante i limiti imposti dalla spending review che le costringerebbe “alla soppressione o alla trasformazione dei posti già istituiti”. 

28 agosto 2014
© Riproduzione riservata

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