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L'emergenza "privata" dei camici rossi. Cgil: in atto privatizzazione strisciante


I camici bianchi diventano rossi. Quello, infatti, è il colore della divisa dei medici dipendenti di un’organizzazione privata che ha vinto l’appalto per il servizio di Pronto soccorso dell’ospedale pubblico di Conegliano (Veneto). Un sistema che nei prossimi mesi potrebbe essere introdotto anche a Roma e che presto potrebbe diventare realtà in molte Regioni di Italia. La Fp Cgil Medici denuncia una “privatizzazione strisciante”.

14 DIC - L’allarme sulla privatizzazione della sanità ha oggi un’altra ragione per essere rilanciato. Gli ospedali pubblici hanno infatti iniziato a cedere pacchetti di servizi appaltandoli ad organizzazione private con medici , infermieri e tecnici propri. E’ già accaduto in Veneto, a Conegliano (provincia di Treviso), dove da qualche tempo il Pronto soccorso è gestito dai “camici rossi”, come vengono chiamati i medici della Imet, l’organizzazione Onlus che ha vinto l’appalto e che ha scelto il rosso per le divise del suo personale. Altri casi seguiranno a Vittorio Veneto, Treviso, Vicenza, Arzignano, Legnago, sempre in Veneto. Ma nei prossimi mesi qualcosa di simile dovrebbe accadere anche a Roma, dove la Asl A ha deciso di appaltare il servizio di radiologia di tre presidi. Un fenomeno che dunque si inizia ad espandere e che presto potrebbe diventare realtà in tutte le Regioni di Italia. Considerata la vastita del campo di azione. In Veneto, ad esempio, la Imet svolge anche servizi di emergenza-urgenza, pronto intervento e Continuità assistenziale per conto della Ulss.
 
Le ragioni? Carenza di medici e mancanza di soldi. Appaltare il servizio e organizzare turni di guardia con medici con rapporti libero professionali retribuiti ad ore diventa quindi la soluzione più economica per garantire le prestazioni senza ricorrere a nuove assunzioni o investimenti. Una situazione che desta però forti preoccupazioni e contro la quale si è scagliata prima tra tutti la Fp Cgil Medici. “C’è un problema di qualità dell’assistenza - ha affermato Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil Medici - che difficilmente può essere garantita da medici che saltuariamente lavorano nel Pronto soccorso senza integrazione con i medici specialistici ospedalieri e con una formazione da verificare”. Inoltre, secondo Cozza, questo sistema “scardina l’equità dei compensi con la possibilità di poter pagare meno e senza tutele, quali la pensione o la malattia, un medico privato che svolge lo stesso turno di Pronto soccorso che andrebbe svolto dal medico pubblico”.
“È inaccettabile”, ha dichiarato Tiberio Monari, segretario provinciale Fp Cgil Medici Treviso. “Da un lato – ha aggiunto - non si garantisce una sufficiente dotazione organica pubblica chiedendo ai medici continuamente ore aggiuntive di straordinario e dall’altro lato si appaltano ad organizzazioni private i turni dei medici al Pronto soccorso”.
“Siamo - ha concluso Cozza  - al modello Marchionne Fiat-Chrysler imposto negli USA ed applicato nel servizio sanitario nazionale con l’aggravante di una privatizzazione strisciante”.
 
Contrario agli appalti anche Antonino Pipitone, consigliere regionale in Veneto (Italia dei Valori) e medico di professione. "Negli ospedali pubblici la sanità non può essere garantita da personale in affitto, senza legami con i colleghi o il territorio, sanitari che oggi fanno 6 ore a Conegliano e domani ne lavorano 4 a Vicenza", ha osservato Pipitone chiedendosi se "affidare l'emergenza a medici esterni in appalto è una scelta causata dalla carenza di medici (indubbia) o dalla voglia di risparmiare senza razionalizzare? Nel primo caso ricorderei ai Direttori generali delle Ulss che possono lavorare al Pronto Soccorso anche medici di altre discipline specialistiche, sia internistiche che chirurgiche. Se l'unico obiettivo è il risparmio - prosegue il consigliere - è evidente che siamo di fronte all'inizio della privatizzazione di servizi essenziali (come appunto quello delicatissimo dell'urgenza/emergenza medica), e che il vero scopo non è più quello di dare le prestazioni sanitarie migliori, ma di cominciare a dare quelle che costano meno. Un criterio inaccettabile per IdV, ma figlio delle politiche sanitarie che questo centrodestra leghista sta portando avanti", osserva Pipitone che chiede all'assessore alla Sanità del Veneto, Luca Coletto, di spiegare "al Consiglio regionale, e quindi a tutti i cittadini, se è questo il modello di 'sanità pubblica' che propone alle famiglie del Veneto".

14 dicembre 2010
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