Convenzioni. Smi, ecco le nostre proposte
Ruolo unico e tempo pieno. Team territoriale integrato, associazionismo e informatizzazione. Governo clinico e valutazione della performance. No all’esclusione dalla contrattazione del 118. Queste alcune delle parole chiave delle proposte dello Smi alla Sisac in vista dell’incontro del 15 maggio
13 MAG - Sì al ruolo unico ma a tempo pieno, alla medicina di iniziativa e ai team multiprofessionali e funzionali. No a modelli associativi obbligatori rigidi, a maggiori oneri per i medici, all’attacco ai redditi, a una convenzione a “risorse zero”, ai tavoli separati. E no all’esclusione dalla contrattazione del 118.
Sono questi in sintesi i punti principali della
piattaforma per il rinnovo della Convenzione della Medicina Generale presentate dal Sindacato dei Medici Italiani in vista della prossimo incontro previsto per il 15 maggio. E non sono mancate critiche.
“Le trattative – ha scritto
Salvo Calì, segretario generale Sm alla Sisac in una lettera di accompagnamento alla piattaforma – si sono aperte con una sensazione di deja vu, con il ripetersi di vecchi riti da “I Repubblica”. La Fimmg prima, lo Snami hanno chiesto incontri separati dalle altre sigle sindacali, interpretando, o meglio, mortificando così le stesse norme che regolano i tavoli per la contrattazione per il rinnovo dell’Acn per la medicina generale. Lo SMI non è d’accordo con queste richieste perché prive di logica: la trattativa è tra la parte pubblica e i sindacati dei medici, in modo trasparente, pubblico, con una dialettica aperta tra tutti i protagonisti nell’interesse della categoria e del Ssn”.
Entrando nel merito delle proposte, per lo Smi, come ha spiegato
Maria Paola Volponi, responsabile nazionale Smi per l’area Convenzionata e componente della delegazione trattante, bisognerebbe “puntare alla medicina di iniziativa, ai team multi professionali, funzionali alla domanda di salute dei cittadini e del territorio, e sgombrare il campo da modelli associativi rigidi, inutili e obbligatori.
“Non è accettabile che il nuovo Acn – ha detto – con la scusa della riorganizzazione, riduca la retribuzione dei medici. Una migliore gestione delle risorse (lotta al malaffare e alla cattiva gestione), oltre allo spostamento di fondi dall’ospedale al territorio, servirà senz’altro a finanziare la maggiore qualità dall’assistenza operando una rimodulazione e una redistribuzione del finanziamento del Ssn per il potenziamento e la riorganizzazione della rete territoriale. Le esperienze del passato recente dimostrano come l’attività sanitaria territoriale in prima linea, di front-office con gli assistiti, non sia sufficientemente valutata con formule matematiche e ragionieristiche: l’assistenza medica territoriale è più assimilabile ad un processo di tipo biologico che a una serie di teorie matematiche contabili. In questa logica va inquadrata la riorganizzazione delle cure primarie, non uno slogan per i giornali, ma una vera razionalizzazione dei servizi che veda il territorio come snodo strategico per il superamento della costosa, inefficiente e ormai antiquata visione ospedalocentrica del Ssn”.
In attesa di investimenti adeguati, questa nuova convenzione si rinnova a risorse invariate, cioè a “costo zero”, ha aggiunto Volponi “possiamo però introdurre alcuni assi portanti per questo importante cambiamento . Tra questi, è centrale la stretta correlazione tra ruolo unico e tempo pieno. Non è pensabile che nel prospettato processo di unificazione di tutte le figure della medicina generale non si includa la fine della precarietà e dell’attuale frammentazione: bisognerà dare certezze e prospettive ai professionisti che operano nel ruolo unico, prevedendo, nelle forme e nei tempi possibili anche alla luce delle esperienze di alcune regioni, il tempo pieno, garanzie e la fine del ricorso massiccio ai contratti a tempo. Non solo: si devono affrontare altri nodi irrisolti o, almeno, cominciare a prefigurare risposte adeguate, anche dal punto di vista formativo, a una vera e propria mutazione antropologica del lavoro dei camici bianchi, si pensi alle sfide dell’innovazione tecnologica, agli aspetti relazionali derivanti dal lavoro in équipe, ma soprattutto al passaggio dalla medicina di attesa a quella di iniziativa, anche nel rapporto con i cittadini. Non possiamo arrivare impreparati, scaricando tutto l’onere di questa trasformazione sulle spalle dei medici e nel volontarismo delle Regioni”.
Infine, va richiamata l’attenzione sull’area dell’emergenza 118 che, oltre a garantire i cittadini nei momenti più difficili della loro vita, rappresenta anche il tipico esempio di collegamento tra Ospedale e Territorio.
13 maggio 2014
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