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Federfarma: “no” ai farmaci di fascia C nei supermercati


La rete delle farmacie è “efficiente e capillare”, e garantisce a tutti i cittadini il facile accesso ai farmaci. Per questo Federfarma ribadisce il “no” alla proposta avanzata da Federdistribuzione di consentire agli esercizi commerciali dotati di un farmacista la vendita di farmaci oggi classificati in fascia C. Un sistema che, sottolinea Federfarma, spingerebbe il farmaco ad essere un prodotto di profitto anziché un bene per la salute da usare con cautela.

24 NOV - “Federfarma non condivide assolutamente la proposta avanzata da Federdistribuzione, riemersa sul Sole 24 Ore di oggi, di consentire agli esercizi commerciali dotati di un farmacista la vendita di farmaci oggi classificati in fascia C, con obbligo di ricetta medica e a carico del cittadino, per aumentare i punti di vendita di questi farmaci. Non ci sarebbe alcun vantaggio, in quanto l’unico risultato sarebbe una caduta verticale dell’efficienza e della capillarità del servizio farmaceutico”. Ad affermarlo è una nota della Federazione dei titolari di farmacia, secondo la quale i corner dei supermercati e le parafarmacie “sono state aperti al 90% da operatori economici nelle zone commercialmente più redditizie, unicamente con finalità di profitto, con una semplice comunicazione unilaterale al ministero della Salute, senza tenere alcun conto delle esigenze sanitarie degli abitanti. Se fossero autorizzati a vendere medicinali con ricetta medica, questi esercizi diventerebbero di fatto vere e proprie farmacie, in attesa che la solita sanatoria all’italiana le promuova farmacie a tutti gli effetti, dando luogo a una vera e propria liberalizzazione selvaggia”.
“Con i farmaci – aggiunge Federfarma - non si fanno sperimentazioni di mercato, come vorrebbe chi possiede il mercato stesso. Volendo andare incontro alle reali esigenze del cittadino, sarebbe semmai opportuno consentire la vendita di una lista di medicinali di automedicazione, senza la presenza obbligatoria del farmacista, come in altri Paesi europei”.

La liberalizzazione dei farmaci di fascia C negli esercizi commerciali, secondo i titolari di farmacia, “non sarebbe un vantaggio per il cittadino, in quanto si verificherebbe una caduta verticale dell’attuale efficienza del servizio farmaceutico: le farmacie, già in crisi perché la remunerazione sui farmaci Ssn è ormai ridotta all’osso, non potrebbero reggere l’urto della concorrenza. In Italia – continua Federfarma - esistono circa 2.500 Comuni con meno di 1.000 abitanti (per un totale di 1.300.000 persone): nessuno terrà più aperta una farmacia in realtà come queste, con gravi disagi per la popolazione interessata, in gran parte anziana. Non sottovalutiamo poi i controlli e il monitoraggio – continua la nota -: veramente vogliamo prenderci questa singolare e grave responsabilità solo per sanare i bilanci di chi ha fatto male i propri conti o della grande distribuzione che, dopo aver divorato la rete dei negozi di vicinato, oggi vuole recuperare con il farmaco i soldi spesi nella costruzione delle sue cattedrali del consumismo?”.

Secondo Federfarma, invece, ci sono almeno due aspetti da sottolineare e che rendono ottimale il sistema attuale:
- la rete delle farmacie “è oggi efficiente e capillare grazie al sistema di regole che ne stabilisce la presenza sul territorio in base alle esigenze della popolazione, individuate in base a parametri certi (numero degli abitanti, distanza tra le farmacie, caratteristiche del territorio, viabilità) e che portano ogni anno ad aumentare il numero delle farmacie”;
- per il cittadino “è un’ulteriore garanzia il fatto che il titolare della farmacia debba essere un farmacista e non possa essere un soggetto economico o una catena commerciale in grado di piegare le esigenze del cittadino alla proprie scelte di marketing. Questo rischio è stato ben evidenziato dalla Corte di Giustizia Europea in una recente sentenza in cui ha riconosciuto la validità del sistema italiano basato sulla farmacia di proprietà del farmacista, un professionista sanitario che opera con finalità di tutela della salute”.
 
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24 novembre 2010
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