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Sciopero sale parto. Fnomceo: “Politiche coraggiose e innovative per gestire rischio clinico”


In merito alla proclamazione dello sciopero di ginecologi, ostetrici e chirurghi il Comitato Centrale della Federazione dei medici chiede l’avvio di un processo legislativo per dare risposte chiare e risolutive sulla gestione del rischio clinico per la sicurezza dei pazienti e la serenità degli operatori.

18 GEN -  
È stato proclamato per il 12 febbraio prossimo il primo sciopero nazionale di ginecologi, ostetrici e chirurghi di quest’area di specializzazione, contro “i tagli alla Sanità che hanno messo in ginocchio l’assistenza e il contenzioso medico-legale, arrivato ormai a livelli insostenibili”.
Il Comitato Centrale della Fnomceo, da sempre convinto che la sostenibilità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, universalistico, equo e solidale, passi anche attraverso il contenimento dei costi dovuti al contenzioso e alla cosiddetta “medicina difensiva”, ha voluto diramare la seguente nota.
 
 “L’annuncio di uno sciopero indetto da associazioni professionali mediche di area ostetrico-ginecologica e chirurgica è un’ulteriore preoccupante testimonianza di quel profondo disagio professionale e civile, non più sopportabile, a cui vanno date risposte chiare e risolutive. La sostenibilità del nostro Sistema Sanitario Nazionale, universalistico, equo e  solidale, fortemente minacciato da un de-finanziamento pubblico pari a circa trenta miliardi di euro nel quadriennio 2011-2014, deve altresì provvedere, al pari di altri determinanti, al contenimento dei costi del contenzioso per eventi avversi, a cui si sommano quelli legati alla inappropriatezza e inefficacia di comportamenti difensivi dei professionisti e delle strutture.
 
Proteggere la sostenibilità della nostra sanità pubblica vuol dire, dunque, affrontare anche questa questione invertendo quella perversa spirale culturale, giurisprudenziale, organizzativa e gestionale che la alimenta, producendo costi inappropriati e devastanti ferite nel rapporto fiduciario tra cittadini, professionisti e istituzioni sanitarie.
 
Occorre dunque avviare un processo legislativo che:
 
1.Consenta politiche proattive di organizzazione e gestione delle attività mediche e sanitarie in ragione della sicurezza dei pazienti e degli operatori, sviluppando ambienti e condizioni di lavoro idonei alla prevenzione e alla gestione del rischio clinico;
 
2.riconosca alle attività mediche e sanitarie, al pari della loro funzione sociale di perseguire il bene dell’individuo e della collettività, anche il rischio a questo connesso, come  peraltro già riconosciuto alla Magistratura. Tale rischio sociale va assunto dalla collettività in modo equo e giusto, fermi restando due capisaldi della nostra civiltà giuridica, ovvero il diritto in capo al cittadino al risarcimento di un danno subìto e la valutazione ed eventuale sanzione di profili di responsabilità che però, in ambito penale, riteniamo vadano coerentemente rivisti;
 
3.definisca limiti all’entità dei risarcimenti attraverso parametri di valutazione economica del danno oggettivi, uniformi ed equi, come già avviene in altri Paesi di pari sviluppo sociale e sanitario. Esperienze di questi ed altri Paesi a noi vicini si sono orientate verso modelli misti di risarcimenti/indennizzi, prescindendo questi ultimi dalla sussistenza o meno di una colpa;
 
4.rassereni l’attività  dei medici e di tutti professionisti sanitari, soprattutto quelli più esposti al contenzioso, attraverso tutele verso possibili azioni risarcitorie postume  senza, come oggi purtroppo avviene, limiti di tempo e continuità di luoghi di esercizio professionale.
 
Ai colleghi che hanno annunciato questa iniziativa di protesta, e a tutti i medici italiani, non servono appelli al senso di responsabilità; ne hanno da vendere, lavorando tutti i giorni in condizioni difficilissime. Servono invece, anche su questa delicata materia, assunzioni di responsabilità chiare e risolutive, nell’interesse dei cittadini e dei professionisti, da parte di quanti, investiti dal consenso democratico, si apprestano a guidare il Paese nei prossimi anni”.

18 gennaio 2013
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