La guerra “inutile” tra farmacisti
di Cesare Fassari
La liberalizzazione delle farmacie è un vento apparentemente inarrestabile. E che, apparentemente, soffia sempre a favore delle parafarmacie. Ma ne siamo proprio sicuri? Cosa fare in vista delle nuove possibili “lenzuolate”. Alcune riflessioni dopo gli interventi di Brunetti e Mandelli
08 GEN - Il vivace ma corretto scambio di opinioni che abbiamo ospitato ieri tra il segretario dell’Associazione nazionale delle parafarmacie Brunetti e il presidente della Fofi Mandelli, ci ripropone una delle questioni dirimenti e presenti ormai da qualche anno nei programmi e nelle iniziative politiche sanitarie: quella della liberalizzazione delle farmacie.
Il primo a occuparsene fu come è noto l’attuale leader del Pd e candidato del centro sinistra a Palazzo Chigi Pier Luigi Bersani. Lo fece nel 2006, in qualità di ministro per lo Sviluppo economico del Governo Prodi, con le sue famose “lenzuolate”.
Da allora l’idea che bisognasse liberalizzare il settore non si è più sopita, nonostante i risultati modesti ottenuti in termini di reale convenienza per il cittadino (sconti risibili rispetto a ciò che ci si era aspettato) e ancor meno per la creazione di nuove opportunità di lavoro per i farmacisti non titolari. E’ vero, sono nate le parafarmacie ma a parte quelle di proprietà di catene commerciali (che hanno una logica di grandi numeri e dove il farmacista resta comunque un dipendente collaboratore) e quelle gestite da familiari di titolari di farmacia (che nella parafarmacia hanno pensato di trovare un ampliamento del business di “famiglia”) non mi sembra che tale opportunità sia stata poi effettivamente uno sbocco per i giovani laureati “figli di nessuno”.
Ma ciò che mi lascia ancora una volta perplesso, anche ascoltando il premier Monti che si lamenta degli ostacoli che sarebbero stati posti alle sue liberalizzazioni, e ai nuovi annunci di ulteriori liberalizzazioni da parte di Bersani, è che in ambedue i progetti manca sempre quella visione generale del “perché” e del “cui prodest” capace di andare al di là del falso assioma secondo il quale “liberalizzare” è comunque positivo.
Come ebbi occasione di scrivere un po’ di tempo fa pare che nessuno si sia posto la domanda fondamentale. E cioè di quale sistema di distribuzione del farmaco inteso come pezzo integrante del Ssn si voglia dotare il Paese. Partire dalla logica liberalizzatrice, senza prima aver chiarito se si vuole comunque mantenere (e come) un servizio regionale farmaceutico pubblico, è una follia. Vogliamo chiederci o no se vogliamo che vi sia comunque una farmacia in ogni parte del Paese (anche dove non è redditizio per il farmacista)? Con turni e garanzie professionali garantite da una convenzione pubblica con i farmacisti che in tal modo vengono assimilati ad altre figure sanitarie (medici di famiglia, pediatri, specialisti ambulatoriali, case di cura, ecc.)? E soggetti pertanto a regole ben precise nel rapporto con i loro “clienti”?
Ma non basta. I diversi fautori delle liberalizzazioni “a prescindere”, hanno forse valutato con un vero piano industrial/commerciale quali vantaggi reali si avrebbero per lo Stato e per i cittadini da un sistema di distribuzione e vendita del farmaco progressivamente assorbito dalla grande distribuzione, come diventerebbe inevitabile una volta incrinato l’argine della convenzione Ssn/farmacie? Hanno valutato, conti e garanzie alla mano, se non vi sia il rischio di lasciar senza farmaci milioni di italiani che vivono in zone rurali e montane dove la GDO non avrebbe mai interesse ad essere presente?
Non mi sembra che tali ragionamenti siano presenti nei nostri passati e futuri legislatori che sembrano anche non fare i conti con un mercato farmaceutico che sta inevitabilmente dirottando verso il generico, con margini di guadagno per le farmacie destinati inevitabilmente a ridursi nel tempo.
Per tutte queste ragioni penso che dovrebbe essere tutta la categoria dei farmacisti, senza distinzioni tra titolari, collaboratori, parafarmacie, a porsi per prima questi quesiti al fine di elaborare una strategia nuova per il comparto prima di essere travolta da una nuova “lenzuolata”. Di cui solo apparentemente beneficerebbero gli uni rispetto agli altri. In realtà un nuovo intervento mirante a togliere qualcos’altro alle farmacie per darlo alle parafarmacie non farebbe nulla di più che illudere le seconde di un facile guadagno (tutto da verificare e comunque da dividersi con i “Golia” della GDO e delle catene) e mortificare ulteriormente le prime che giustamente potrebbero cominciare a chiedersi se vale la pena continuare a fregiarsi del titolo di servizio pubblico.
Cesare Fassari
08 gennaio 2013
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