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Decreto liste d’attesa. Nursind: “Provvedimento di facciata, senza infermieri chiuderanno ospedali”


“Il vero ostacolo all’intera sostenibilità del Ssn è la crescente difficoltà a reperire personale infemieristico. Una carenza tra l’altro destinata ad aggravarsi portandoci sotto di ulteriori 50mila unità nel 2030 e vanificando il decreto appena varato. Il problema purtroppo è che nessuno a livello istituzionale se ne fa carico. Prova ne sia che in Italia abbiamo un commissario per il granchio blu ma non per l’emergenza infermieristica”. IL DOCUMENTO

18 GIU -

“Otto articoli, di cui tre dedicati al potenziamento dell’attività di monitoraggio e controllo e uno al pur importante rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale, non possono di certo essere esaustivi e risolvere il nodo delle liste d’attesa. Non solo, ma se il ministro Schillaci si fosse confrontato con noi, che viviamo tutti i giorni il problema, lo avremmo sicuramente messo in guardia sul rischio di un mero effetto di facciata di questo decreto”.

Lo ha detto il segretario nazionale Nursind Andrea Bottega, a margine dell’audizione in commissione Affari sociali e Sanità del Senato sul dl liste d’attesa.

“Anche se si riuscisse ad abbattere il numero delle prime visite i tempi di risposta, infatti – ha argomentato -, si sposterebbero dalla fase diagnostica a quella terapeutica e non avremmo risolto un bel niente”. Un aspetto quest’ultimo sul quale Bottega si è soffermato anche davanti ai commissari spiegando: “Aumenterebbero le diagnosi e di conseguenza il numero di interventi chirurgici da fare, ma le strutture pubbliche con la scarsità di personale e posti letto non sarebbero in grado di soddisfare la domanda”.


Ed è proprio la crescente difficoltà a reperire personale infermieristico “il vero ostacolo all’intera sostenibilità del Ssn. Una carenza – ha stimato il Nursind – tra l’altro destinata ad aggravarsi portandoci sotto di ulteriori 50mila unità nel 2030 e vanificando il decreto appena varato”. “Il problema purtroppo – ha bacchettato Bottega - è che nessuno a livello istituzionale se ne fa carico. Prova ne sia che in Italia abbiamo un commissario per il granchio blu ma non, come in altri Paesi, un commissario per l’emergenza infermieristica”.

Di qui la proposta avanzata in Commissione dal sindacato che inciderebbe positivamente sia sul problema dell’organico sia su quello delle liste d’attesa: “Chiediamo, sposando una proposta in passato avanzata dalla Conferenza delle Regioni, una modifica della legge sulle professioni sanitarie in modo da consentire una maggiore valorizzazione delle loro attività e, quindi, un nuovo assetto organizzativo tale da liberare tempo al medico per le prime visite”.

Davanti ai commissari, poi, il segretario del Nursind si è soffermato sugli aspetti tecnici del decreto e in particolare sul nodo del superamento del tetto di spesa, “solo presunto” a dire del sindacato: “L’attuale testo è addirittura peggiorativo rispetto al decreto Calabria in quanto l’incremento oltre il 10% degli esborsi per il personale con la nuova norma può arrivare sino al 15%, ma è vincolato alla richiesta da parte delle Regioni e soprattutto a misure compensative da approvare con apposito decreto e dopo una intesa in Conferenza Stato-Regioni. Con tutte le incognite del caso - ha aggiunto -, legate magari a veti che potrebbero essere posti da alcuni governatori, per esempio alle prese con piani di rientro”. Di contro, “l’unico elemento di novità, a patto che non intervengano modifiche in sede di conversione del provvedimento, sembrerebbe essere il riferimento specifico per l’incremento della spesa al ‘personale sanitario’ e non genericamente al personale”.

Rimane tuttavia per il Nursind uno scoglio importante da superare a livello legislativo “anche in vista del rinnovo del contratto di comparto” e cioè lo scalino per l’esonero contributivo: “L’articolo 7 del decreto contempla un’imposta sostitutiva del 15% per le prestazioni aggiuntive del personale sanitario. Ma la detassazione per chi lavora ore in più può causare una perdita economica anche di 161 euro in ragione del superamento dell’imponibile previdenziale di 2.692 euro mensili. Ecco perché è urgente un intervento sul testo per neutralizzare gli effetti penalizzanti sulle retribuzioni”.



18 giugno 2024
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