Lo scorso 6 maggio si è svolto a Bari un congresso, organizzato dal gruppo Donne Medico OMCeO Bari “Agapanto”, per Manifestare e Proclamare la Violenza in Sanità e per offrire strumenti utili agli operatori sanitari e sociosanitari ad alleviare la “Fatica della Cura” e soprattutto per sottolineare che è …“il Tempo di Fare…”.
I temi trattati e argomentati hanno riguardato:
- la necessità di lavorare in sicurezza con l’affermazione della cultura dell’etica nella relazione di cura e della cultura del “Patient Safety &Worker Safety”;
- la necessità di apprendere le metodologie per saper comunicare, di recuperare la psicologia Medica nella formazione post e Universitaria, fondamentale nei percorsi di cura e diagnosi per l’Umanizzazione e il raggiungimento dell’Empowerment. Tanto, per migliorare la relazione di cura, per svolgere in benessere il lavoro e per ridurre con un moderno sistema di cure i fattori di stress e di burnout;
- la necessità di conoscere ed apprendere la metodologia Balint, collaudata come formazione di gruppo e come strumento di supporto al curante, per lo sviluppo delle competenze emotivo-relazionali dello stesso. Creata originariamente per l’addestramento psicologico dei medici di famiglia e, adattata successivamente ad altre figure professionali.
L’approccio balintiano considera di fondamentale importanza la comunicazione efficace e terapeutica tra professionista e paziente.
La Survey, divulgata in Regione Puglia a tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari, è stata compilata da circa 1000 operatori che lavorano nell’ambito del SSN, ha indagato su come gli stessi possano difendersi, affermare il loro ruolo professionale, sostenersi e promuovere una cultura della comunicazione. Si evince che la relazione curante-paziente è cambiata, vi è rassegnazione alla violenza, nessun operatore (l’80%) si sente sicuro nel luogo di lavoro e protetto (il 95%) dalle Istituzioni, la metodologia Balint come supporto ai curanti è poco conosciuta e poco utilizzata e, che la Comunicazione è tempo di cura, come riconosciuto dalla Carta di Ottawa sottoscritta nel 1986 con gli stati appartenenti all’OMS.
Il National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH 2002) definisce la violenza sul posto di lavoro come “atti violenti diretti nei confronti di persone al lavoro o in servizio” e non esclude quella tra i colleghi e, indica le tipologie della violenza: 1. aggressione fisica; 2. tentativo di aggressione (il più frequente poiché la maggior parte delle minacce e delle aggressioni provengono dai pazienti o dai loro familiari o amici); 3. aggressione emotiva, che si esplicita con atteggiamenti dannosi; 4. molestia sessuale verbale; 5. violenza sessuale.
I dati INAIL, evidenziano un aumento delle denunce, infatti nel 2005 sono stati denunciati e riconosciuti 429 episodi di violenza sugli operatori sanitari mentre nel 2021 sono stati denunciati e riconosciuti 1382 episodi analoghi di infortunio, con un incremento della numerosità di eventi pari al 322% (fig.7). I setting lavorativi più colpiti sono: Servizi di emergenza-urgenza; Strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali; Luoghi di attesa; Servizi di geriatria; Continuità assistenziale.
Riconoscere il rischio e l’errore nella relazione di cura è utile a ridurre gli atti di violenza ma vi è necessità di mezzi di prevedibilità e prevenibilità e, il primo passo per la prevenzione della violenza è la valutazione dei fattori di rischio della violenza sul lavoro.
Margaret Chan, Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato: “La sicurezza delle strutture e degli operatori sanitari deve essere sacrosanta”.
La prevenzione è compito del Sistema di Cure che deve identificare gli elementi ambientali e organizzativi a cui è associata l’insorgenza di azioni violente per prevenirne l’evenienza e formare il personale su come trattare e prevenire le situazioni di violenza attraverso la strutturazione di percorsi per acquisire competenze sulla Comunicazione Empatica, sull’identificazione precoce e sulla gestione della violenza attraverso le tecniche di De-escalation.
Non può esistere cura se l'approccio tra le persone è aggressivo e violento, allora quali strumenti gli operatori sanitari possono mettere in campo per attuare e preservare la relazione con i cittadini?
L’uso della metodologia Balint in ogni setting sanitario può essere uno strumento valido come supporto a Chi Cura. Il gruppo Balint è una tecnica di formazione per migliorare le capacità dei medici di utilizzare con i pazienti la relazione interpersonale come fattore terapeutico, sviluppato da Michael Balint, medico di famiglia e psicoanalista, nato a Budapest (1986-1970), si tasferì nel 1939 in Inghilterra, nel 1960 pubblicò il libro “Medico, paziente e malattia” e nel 1969 fonda la Balint Society. Nel gruppo Balint i due concetti fondamentali, sono l’ambiente e la qualità primaria della relazione: “un’atmosfera in cui ognuno possa parlare senza fretta, mentre gli altri ascoltano con spirito libero e fluttuante… (Balint, 1957).
Gli Atti di Violenza in Sanità, la Patient Safety e Worker Safety e la Cura di chi Cura hanno percorsi paralleli che si intersecano nelle soluzioni, le quali devono offrire un Sistema di cura Moderno centrato sulla Comunicazione e Supporto al Curante, ”Il Curante Come Farmaco Somministrato con Competenza”.
M. Zamparella, M. Monteduro, F. Anelli