La NADEF del nuovo Governo conferma per la Sanità il definanziamento per il biennio 2023-2024 e fissa la spesa del 2025 al 6% del PIL, a livelli inferiori a quelli prepandemici. Insomma dalla Legge di Bilancio 2023 la sanità non può aspettarsi nessun incremento oltre ai 2 mld già previsti, come avvertono anche le Regioni lamentando la insufficienza del finanziamento.
Niente di nuovo sul fronte occidentale. Di fronte a questi numeri le promesse del Ministro della Salute di aumentare le retribuzioni dei medici, frenarne la carenza e recuperare le prestazioni inevase si avvolgono di una nube tossica sempre meno respirabile. I medici del SSN si avviano a vivere un triennio di stasi economica, malgrado un medico italiano guadagni il 70% in meno di un collega tedesco e il 40% in meno di uno inglese (OCSE 2020).
La crisi della sanità pubblica, e la crisi dei medici pubblici, rappresenta una delle emergenze cui far fronte in tempi ravvicinati. Perchè la salute non può essere considerata un problema tra gli altri.
Perché la salute pubblica vale 11 punti di PIL e perchè milioni di cittadini si vedono costretti a rinunciare alle cure o a rivolgersi al privato, mentre la crescita delle diseguaglianze rende metà Paese simile all’Est Europa.
La cura non è un optional da affidare a reddito e residenza. Il diritto alla salute dei cittadini, fondamentale come il patriottismo costituzionale impone, deve essere prioritario nei programmi governativi, e al contempo deve essere inscindibile dal diritto dei medici, a erogare cure, in autonomia e con responsabilità, soprattutto in condizioni umane professionali e sociali.
Purtroppo le condizioni di lavoro dei medici e dei dirigenti sanitari del SSN, pagano l’errata programmazione di un decennio, pagano scelte politiche che sono andate negli ultimi anni verso un definanziamento progressivo e selvaggio delle cure, ma paga anche i ritardi nei rinnovi contrattuali, accumulatisi nel corso del decennio e ancora presenti oggi con un contratto già scaduto e ancora oggi non in discussione.
E le difficoltà degli operatori costituiscono un fattore limitante l’accesso alle cure e incentivante la desertificazione professionale cui assistiamo. Ancora una volta richiamiamo quanto affermato dalle Regioni, “è necessario investire sui professionisti della sanità, incrementando le retribuzioni, rivedendo le politiche e la capacità formativa”. In particolare, è urgente intervenire con la fiscalità di vantaggio o defiscalizzazione che sia per il lavoro nelle corsie e un piano straordinario di assunzioni che superi anacronistici tetti di spesa e riduca le esternalizzazioni, causa di dumping salariale e peggioramento della qualità e sicurezza delle cure e con la creazione di un nuovo modello lavorativo e organizzativo che superi il concetto di ospedale inteso come azienda economica.
È urgente intervenire con provvedimenti legislativi che riconoscano lo status di dirigenti medici agli specializzandi e valorizzino il ruolo ed il lavoro della dirigenza medica e sanitaria.
È urgente intervenire con provvedimenti legislativi che possano aprire quelle gabbie professionali in cui sono rinchiusi da troppo tempo i medici e i dirigenti sanitari del SSN.
È urgente intervenire lavorando a quella depenalizzazione dell’atto medico che ad oggi ha prodotto leggi insufficienti e confondenti.
La frustrazione e la rabbia che attraversano corsie più vuote delle culle testimoniano l’attuale livello di burnout del personale e l’insofferenza verso un sistema che espone alla delegittimazione sociale e alle aggressioni, non solo verbali. Tocca al Governo farsi carico del disagio che esprime questo patrimonio professionale prima che l’ultima ruota del carro si rompa.
Noi facciamo la nostra parte.
Pierino Di Silverio