Ilva. Siti: “Rischi noti da tempo. Ma sanità pubblica spesso ignorata”
La Società italiana di Igiene chiede che il lavoro svolto dagli igienisti trovi “la giusta attenzione” da parte dei decisori politici e delle imprese”. Un obiettivo che il caso dell'Ilva di Taranto “incoraggerà ancora di più la Giunta Esecutiva” a perseguire.
29 AGO - “Studi epidemiologici noti da anni sui rischi e i danni alla salute a Taranto, così come centinaia di controlli sugli alimenti da parte dell’Asl sono stati sempre poco considerati”. Questa la denuncia della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (Siti) in una nota in cui si afferma che “troppo spesso il lavoro degli igienisti nei Dipartimenti di prevenzione delle Asl non viene preso in considerazione né dalle imprese né dai decisori, tanto meno nelle Valutazioni di impatto ambientale o per il rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali (Aia), ossia dei permessi che autorizzano l’esercizio di un impianto”.
Un sistema “sbagliato” che il caso Ilva deve “aiutare a cambiare” essendo “noto che le questioni ambientali rivestono in molte aree industriali un serio rischio per la salute umana e in altri casi semplici misure di prevenzione possono ridurre sensibilmente il rischio di malattie. Il paradosso di oggi – aggiunge la Giunta Esecutiva della Siti nella nota -, è che gli studi sulla salute della popolazione, con i loro limiti legati al tempo ed alle abitudini individuali, vengono usati nelle aule giudiziarie e non nei tavoli istituzionali”.
Secondo la Siti, il sistema della prevenzione sanitario rappresentato dai dipartimenti di prevenzione delle Asl ed ambientale rappresentato dalle Arpa regionali “deve essere potenziato e deve lavorare in maniera integrata aumentandone l’efficacia e l’efficienza.Il lavoro svolto dagli igienisti deve trovare la giusta attenzione nei decisori politici per poterne correttamente indirizzare le scelte in ambito sanitario, ambientale, economico e sociale”.
“Per questo - afferma coralmente la Giunta Esecutiva della Siti - il caso Ilva incoraggerà ancor più la nostra società scientifica a occuparsi dei temi multidisciplinari di ambiente e salute a cominciare dal prossimo 45° Congresso nazionale che si terrà a Cagliari dal 3 al 6 ottobre, nel corso del quale si insedierà tra l’altro come presidente nazionale il Dott. Michele Conversano, direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl di Taranto, e a fornire eventuali supporti scientifici e operativi”.
E proprio su Taranto, ricorda la Siti, gli igienisti del Dipartimento di Prevenzione e del Servizio di Epidemiologia hanno pubblicato diversi studi su riviste nazionali ed internazionali (in collaborazione con Istituto Superiore di Sanità, Organizzazione Mondiale della Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Agenzia Regionale Protezione Ambientale, Osservatorio Epidemiologico Regionale e Università di Bari) sugli effetti sanitari “potendo così da un lato evidenziare l’avvenuta contaminazione da diossina degli animali, dei mitili e dei derivati e, dall'altro, garantire la salute dei consumatori ordinando, per esempio, l'abbattimento di circa 3.000 capi di bestiame e la distruzione di diverse tonnellate di mitili contaminati. Tutto ciò nella quasi indifferenza, fino al recente intervento della magistratura”.
Sul caso Ilva la Siti afferma infine che “la maggior debolezza dello studio epidemiologico utilizzato per la perizia è quello della mancata valutazione nel tempo degli effetti sulla salute. E’ noto infatti che negli ultimi anni sono stati fatti investimenti di prevenzione e tutela che hanno prodotto alcuni risultati sulle emissioni misurate”. Secondo la Siti “il ministero della Salute, la Regione e l’Asl devono continuare ad informare chiaramente i Tarantini sui rischi di oggi e di domani e sugli eventuali sistemi per la prevenzione della salute dei lavoratori, di coloro che vivono nei pressi degli impianti e di tutta la popolazione di Taranto e dintorni”.
29 agosto 2012
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