Zampa su farmaci immunoterapici contro le allergie dopo sospensione della produzione in Italia: “Importazione subordinata a richiesta del medico curante operante in una struttura del Ssn”
Dopo aver sottolineato che Aifa non può imporre "alle aziende farmaceutiche di produrre un determinato medicinale, anche in presenza di acclarate esigenze dei pazienti", la sottosegretaria alla Salute, rispondendo ad un'interrogazione di De Filippo (IV), ha ricordato le modalità con le quali si possono comnque acquisire dall'estero i medicinali non presenti in Italia.
21 FEB - "In base alla vigente normativa, l'importazione in Italia di specialità medicinali registrate ed in commercio all'estero, ma non autorizzate all'immissione in commercio nel territorio nazionale, è subordinata ad una richiesta specifica da parte del medico curante del paziente, operante in una struttura pubblica o ad essa assimilata. L'importazione delle specialità medicinali è giustificata da oggettivi caratteri di eccezionalità e l'impiego del farmaco deve avvenire nel rispetto sia della normativa in vigore in Italia sia delle condizioni d'uso autorizzate nel Paese di provenienza. Il costo dei medicinali importati dall'estero permane a carico del paziente, a meno che l'acquisto venga richiesto da una struttura ospedaliera e tali farmaci siano utilizzati in ambito ospedaliero".
Così la sottosegretaria alla Salute
Sandra Zampa, ha risposto ieri in Commissione Affari Sociali alla Camera all'
interrogazione di
Vito De Filippo (IV) con la quale si denunciava la sospensione della produzione, per "scarsa richiesta", del farmaco per l'immunoterapia allergene-specifica prodotto in Italia. Da qui la richiesta al Ministero della Salute di "urgenti misure" da porre in essere per superare questa criticità.
Di seguito la risposta integrale della sottosegretaria Zampa:
"La questione in esame è di estrema rilevanza e gli Uffici del Ministero della salute e dell'Aifa sono molto attenti all'impatto in termini di accesso alle cure di quanto esposto, pur tuttavia, come è noto, sembra opportuno segnalare che l'Agenzia Italiana del Farmaco non dispone di specifici strumenti regolatori finalizzati a chiedere, con un provvedimento autoritativo, alle aziende farmaceutiche di produrre un determinato medicinale, anche in presenza di acclarate esigenze dei pazienti.
Pertanto, le possibilità a disposizione dei pazienti, come già noto agli Onorevoli interpellanti, sono quelle delineate dalle norme introdotte dal decreto ministeriale 11 febbraio 1997, recante «Modalità di importazione di specialità medicinali registrate all'estero», e dai successivi decreti ministeriali che hanno apportato modifiche alle norme contenute in detto decreto: decreto ministeriale 20 aprile 2005, decreto ministeriale 31 gennaio 2006 e decreto ministeriale 16 novembre 2007.
In base alla vigente normativa, l'importazione in Italia di specialità medicinali registrate ed in commercio all'estero, ma non autorizzati all'immissione in commercio nel territorio nazionale, è subordinata ad una richiesta specifica da parte del medico curante del paziente, operante in una struttura pubblica o ad essa assimilata.
La richiesta viene inoltrata agli Uffici di Sanità Marittima, Aeroportuale e di Frontiera del Ministero della salute, nonché all'ufficio doganale ove sono espletate le formalità di importazione, e riguarda un quantitativo di medicinale per terapia non superiore a 90 giorni.
L'importazione delle specialità medicinali è giustificata da oggettivi caratteri di eccezionalità e l'impiego del farmaco deve avvenire nel rispetto sia della normativa in vigore in Italia sia delle condizioni d'uso autorizzate nel Paese di provenienza; pertanto, il medicinale deve essere utilizzato in Italia solo per le indicazioni terapeutiche per le quali risulta registrato all'estero, e sotto la responsabilità del medico richiedente.
Il costo dei medicinali importati dall'estero permane a carico del paziente, a meno che l'acquisto venga richiesto da una struttura ospedaliera e tali farmaci siano utilizzati in ambito ospedaliero.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 1, commi 4 e 4-bis, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale: a) i medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non in Italia; b) i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica; c) i medicinali da impiegare per una indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata.
Detti medicinali vengono inseriti in un apposito elenco a cura della Commissione Unica del Farmaco, organo tecnico-scientifico operante presso AIFA, ed in tale elenco vengono inseriti (e sono dispensati a carico del Servizio Sanitario Nazionale) anche i medicinali che possono essere utilizzati per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purché essa sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunità medico-scientifica, secondo parametri di economicità ed appropriatezza".
Maria Chiara Gadda (IV), replicando, ha rilevato che la risposta riprende elementi già contenuti nell'atto di sindacato ispettivo da lei presentato. Ha quindi osservato che, allo stato attuale, "appare opportuno che le persone colpite dalla grave forma allergica descritta nell'interrogazione in oggetto si rivolgano nuovamente alle strutture sanitarie per provare a riprendere le terapie sospese, in attesa di individuare possibili soluzioni alternative. L'Ambasciata d'Italia in Giappone, manifestando il proprio coinvolgimento nella problematica in oggetto, ha segnalato che il farmaco disponibile in Giappone è utilizzabile solo attraverso una prescrizione e una somministrazione effettuata a livello locale. Auspico che sia individuata una soluzione idonea per alleviare le gravi conseguenze che le persone che soffrono di allergia al cipresso rosso giapponese si trovano a vivere oramai dal 2015".
21 febbraio 2020
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