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Antitrust. Ecco le nuove proposte per liberalizzazione Ordini professionali e farmacie


Cancellazione definitiva delle tariffe professionali e via i controlli sulla pubblicità degli iscritti. E poi libera vendita di tutta la fascia C con ricetta e ampliamento pianta organica delle farmacie. Le proposte del Garante consegnate a Parlamento e Governo in vista del ddl sulla concorrenza.

06 GEN - L’incipit è chiaro: dopo il rigore e la stabilizzazione il Paese ha bisogno di crescere. E per far sì che ciò accada la leva giusta è la concorrenza e quindi la liberalizzazione di interi settore del mercato pubblico e privato.
 
Non ha dubbi su questo punto l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, nel documento consegnato a Parlamento e Governo, si dice “unanimemente radicata nella convinzione che, dopo le indispensabili e urgenti misure di stabilizzazione finanziaria, sia necessario rilanciare la crescita e la competitività del Paese anche attraverso un più efficace dispiegarsi di politiche che diano respiro e nuovo slancio all’economia reale”. Da qui una serie di proposte con “l’obiettivo di fornire alle Istituzioni rappresentative il proprio contributo tecnico individuando le misure che sarebbe opportuno inserire nel disegno di legge annuale per la concorrenza e il mercato”.

Di seguito il testo integrale dei paragrafi con le analisi e le proposte di riforma sugli Ordini professionali e i farmaci.

Libere professioni (l’analisi)
Da molti anni, la riforma delle libere professioni è al centro del dibattito, in ragione del ruolo cruciale che tali attività rivestono per la competitività delle imprese e del sistema economico tutto. L’Autorità ha piena consapevolezza degli interessi fondamentali del singolo e della collettività spesso collegati ai servizi professionali, nonché del contributo di molte attività professionali alla diffusione dell’innovazione scientifica e tecnologica nell’interesse della competitività del Paese. Per tali ragioni, l’Autorità non disconosce le peculiarità che connotano tali attività né intende perseguire alcuna impropria assimilazione delle libere professioni alle attività commerciali. L’Autorità ritiene tuttavia che i principi concorrenziali possano essere applicati, anche in tale settore, in modo compatibile con le esigenze di protezione sociale e di tutela dei rilevanti interessi pubblici ad esso sottesi e che una maggiore ispirazione del quadro regolamentare ai suddetti principi possa arrecare benefici stimoli al settore e, di riflesso, all’intera collettività.
In tale ottica, significativi passi in avanti sono stati certamente compiuti dal legislatore in accoglimento di misure da tempo proposte dall’Autorità. Si fa riferimento, in particolare, alle novità introdotte dall’art. 3 D.L. n. 138/2011, convertito in legge dalla L. n. 148/2011, dall’art. 10 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità) e dall’art. 33 del D.L. n. 201/2011, convertito in legge dalla L. n. 214/2011. Non può, pertanto, che esprimersi apprezzamento con riguardo: i) alla prevista riforma degli ordini professionali in senso pro- competitivo; ii) alla soppressione del riferimento alle tariffe; iii) alla riduzione della durata del tirocinio; iv) alla fissazione esplicita del termine massimo entro cui decadranno le norme degli ordinamenti professionali in contrasto con le nuove disposizioni; v) alla esplicita ammissione della possibilità di ricorrere alla forma societaria secondo i modelli regolati dal titolo V e VI del libro V del codice civile.
Restano tuttavia ancora delle criticità che urge superare perché del tutto anacronistiche, prive di giustificazione e all’origine di rilevanti inefficienze nel settore che impattano negativamente sulla competitività dell’intero sistema. La prossima emanazione di un d.P.R. per la riforma degli ordinamenti professionali (ex art. 3, comma, 5, del D.L. n. 138/2011, convertito in legge dalla L. n. 148/2011) costituisce la più corretta sede per rimuovere le incrostazioni regolatorie che tuttora residuano nel settore, e nel quale l’Autorità ritiene che possano trovare spazio le misure di seguito indicate, relative ai tariffari, alla separazione delle attività di gestione degli albi da quelle di verifica disciplinare, all’incremento della pianta organica dei notai e comunque al suo completamento, alle riserve di attività ed ai regimi di incompatibilità.

Tariffari
I tariffari professionali non sono più obbligatori a seguito della liberalizzazione introdotta dal D.L. n. 223/2006. Rimane un vincolo alla loro adozione a seguito della previsione di cui all’art. 3, comma 5, lett. d), del D.L. n. 138/2011, in base alla quale, in caso di mancata determinazione consensuale del compenso tra professionista e beneficiario, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse dei terzi, si applica la tariffa di riferimento
Secondo il consolidato orientamento dell’Autorità, le tariffe minime o fisse costituiscono un vincolo ingiustificato all’esercizio dell’attività professionale; le tariffe predeterminate, da una parte, non sono idonee a garantire la qualità delle prestazioni e, dall’altra, non consentono al professionista di gestire un’importante variabile del proprio comportamento economico rappresentata dal prezzo della prestazione.
Pur non essendo più obbligatori in linea generale, i tariffari rimangono tali nelle ipotesi previste dalla norma di mancato consenso tra le parti sul corrispettivo della prestazione. A questo proposito, non si tratta di situazioni sporadiche o marginali: basti pensare all’entità degli acquisti di servizi professionali effettuati dalle pubbliche amministrazioni, per le quali sarebbe possibile ottenere risparmi a tutto vantaggio del bilancio pubblico se i professionisti potessero offrire i loro servizi a prezzi inferiori rispetto alle tariffe di riferimento.
Si propone dunque la soppressione della parte dell’art. 3, comma 5, lett. d), del D.L. n. 138/11, che prevede le residue ipotesi di applicazione obbligatoria dei tariffari.
 
Separazione delle funzioni amministrativa e disciplinare
Lo svolgimento dell’attività di verifica disciplinare si estrinseca in un vero e proprio controllo nei confronti degli iscritti agli albi, controllo a seguito del quale possono scaturire dei provvedimenti a carico dei professionisti in grado di avere effetti sulla loro attività.
La delicatezza dell’attività di vigilanza pertanto rende necessario che l’organo a ciò deputato sia tale da garantire proprio in ragione della sua composizione un’effettiva terzietà ed imparzialità.
L’Autorità è dell’avviso che il principio di imparzialità non possa essere salvaguardato da un organo che sia espressione di interessi particolari riconducibili ai concorrenti del professionista sottoposto a valutazione disciplinare.
Infatti, l’affidamento della funzione di controllo a un organismo composto da professionisti che possono contemporaneamente operare sul mercato in concorrenza con coloro che devono giudicare, assume specifica rilevanza sotto il profilo concorrenziale, in ragione del fatto che questi ultimi possono essere sottoposti a un ingiustificato svantaggio concorrenziale nel caso il potere disciplinare sia esercitato in maniera distorta.
La previsione di un siffatto duplice ruolo (concorrenti e giudici) in capo ai professionisti, appare limitare l'efficacia stessa dell’attività di controllo, che risulterebbe condizionata da un potenziale conflitto di interessi e di conseguenza potrebbe non essere svolta nel rispetto del principio di imparzialità.
Al fine di evitare queste distorsioni, appare opportuno modificare l’art. 3, comma 5, lett. f, del D.L. n. 138/11, prevedendo espressamente che i nuovi organi territoriali ivi previsti per l’esame delle questioni disciplinari, che
nella norma ci si limita a dire debbono essere separati dagli organi deputati all’amministrazione, comprendano anche membri non iscritti agli albi e, limitatamente ai consigli territoriali, iscritti ad albi diversi da quello di competenza;

Formazione
La previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente è indubbiamente da apprezzare. Tuttavia, si evidenzia l’opportunità che l’attribuzione agli Ordini della predisposizione dei percorsi di aggiornamento, formazione e specializzazione dei professionisti non si traduca nella possibilità per essi di riservare a se stessi la gestione degli eventi formativi ovvero nell’attribuzione di vantaggi concorrenziali rispetto ad altri organizzatori di eventi formativi, che devono ottenere il riconoscimento dei corsi da parte del Consiglio dell’Ordine.
Appare preferibile che i Consigli si limitino a fissare i requisiti minimi dei corsi di formazione, uniformi sul territorio nazionale, da auto-dichiarare da parte degli organizzatori dei corsi con possibilità di controlli a campione, ma senza necessità di un previo riconoscimento o autorizzazione dei corsi e dei relativi crediti formativi.
 
Pianta organica dei notai (omissis)

Pubblicità dei professionisti
L’art. 3, comma 5, lett. g) del D.L. n. 138/2011, convertito in legge dalla L. n. 148/2011, prevede, che, entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto, gli ordini professionali debbano essere riformati recependo, tra gli altri, il principio in base a cui “la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie”.
Tale norma non incide tuttavia sulla previsione di cui all’articolo 2, comma 1, lett. b) del D.L. n. 233/2006, convertito in legge dalla L. n. 248/2006, che, oltre ad abrogare le disposizioni che prevedevano il divieto di svolgere pubblicità informativa, attribuisce agli ordini professionali il potere di verifica sulla trasparenza e veridicità della pubblicità.
Sul punto, l’Autorità ha già rilevato che il controllo da parte degli ordini sulla correttezza dei messaggi pubblicitari diffusi dei professionisti non trova alcuna giustificazione razionale nell’ambito del nostro ordinamento giuridico che prevede il controllo della pubblicità da parte dell’Autorità ai sensi del D.Lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del consumo) e del D.Lgs. n. 145/2007; ed inoltre determina il rischio che esso possa essere utilizzato dagli stessi Ordini al fine di limitare l’utilizzo della fondamentale leva concorrenziale della pubblicità da parte dei professionisti.
La modifica normativa proposta, pertanto, muove dal presupposto che non debba esserci alcuna verifica, né ex ante né successiva, da parte degli Ordini sui messaggi pubblicitari veicolati dai professionisti, posto che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato è competente ad esercitare il
controllo sulla correttezza, veridicità e non ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi da qualsiasi soggetto nell’ambito dello svolgimento della sua attività economica, e quindi anche dai soggetti che svolgono attività libero professionali e intellettuali, e non risulta necessario né proporzionale, in merito, alcun tipo di verifica ordinistica.

Libere professioni (le proposte)
Abolizione dei tariffari – Riforma della composizione degli organi disciplinari degli Ordini – Limitazione del potere degli Ordini in materia di corsi di formazione – Revisione della pianta organica dei notai – Eliminazione del controllo degli ordini sulla pubblicità dei professionisti

L’Autorità ritiene che in tale settore, al fine di completare il processo di modernizzazione già avviato e consentire ad esso di svolgere un ruolo adeguato di sostegno alla crescita nel Paese, risulta necessario introdurre le seguenti misure:
a) abolizione espressa di qualsiasi forma di tariffario e, conseguentemente, abrogazione dell’art. 3, comma 5, lett. d), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, nella parte in cui prevede che in caso di mancata determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse dei terzi si applicano le tariffe
professionali stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia;
b) esclusione della funzione disciplinare in capo agli Ordini, da attuarsi mediante modifica dell’art. 3, comma 5, lett. f), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, prevedendo espressamente che negli organi indicati nella norma per l’esame delle questioni disciplinari entrino a far parte anche membri non iscritti agli albi e, limitatamente ai consigli locali, iscritti ad albi diversi da quello territoriale di competenza;
c) limitazione dei poteri dei Consigli degli ordini alla fissazione di requisiti minimi dei corsi di formazione, senza alcuna necessità di autorizzazioni o riconoscimenti preventivi, prevedendo forme di auto-dichiarazione da parte degli organizzatori con meri controlli a campione;
d) revisione della pianta organica dei notai (omissis);
e) abrogazione dell’articolo 2, comma 1, lett. b) del D.L. 4 luglio 2006, n. 233, convertito in legge dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, nella parte in cui prevede il controllo, da parte degli ordini professionali, sulla trasparenza e veridicità dei messaggi pubblicitari veicolati dai professionisti.

Distribuzione dei farmaci (l’analisi)
L’art. 32 del D.L. n. 201/2011, convertito in legge dalla L. n. 214/2011, ha compiuto timidi passi in direzione di una apertura effettiva del mercato della vendita dei farmaci di fascia C, rinviando a un decreto ministeriale la definizione di aspetti essenziali della nuova disciplina. Su tale terreno occorre procedere con maggiore incisività.
La liberalizzazione della vendita dei farmaci in questione si andrebbe ad aggiungere a quella dei farmaci OTC realizzata con il D.L. n. 223/2006, convertito in legge dalla L. 248/2006, e che ha prodotto risultati particolarmente interessanti sia sotto il profilo della possibilità di scelta per il consumatore (oltre 250 corner nella grande distribuzione e circa 5000 parafarmacie) che sotto il profilo dei prezzi (sconti medi del 10 per cento anche nel canale delle farmacie, con punte del 30-40 per cento nei corner della grande distribuzione che, diversamente dalle parafarmacie, possono “sfruttare” il potere di acquisto delle grandi catene, spesso in grado di saltare la distribuzione all’ingrosso e comunque di sfruttare le economie di scala dal lato della domanda).
Se la liberalizzazione degli OTC ha reso “contendibile” circa l’8-10 per cento delle vendite delle farmacie, la liberalizzazione di tutti i farmaci di fascia C aggiungerebbe un altro 12-15 per cento all’alveo dei prodotti disponibili anche in punti vendita diversi, con un evidente effetto di potenziale, ulteriore riduzione dei prezzi, in virtù della accresciuta concorrenza nella distribuzione.
Risultati più significativi in questo senso potrebbero tuttavia derivare dall’eliminazione delle restrizioni all’apertura delle nuove farmacie (derivanti da piante organiche, restrizioni numeriche e obblighi di distanza minima) e al cumulo delle licenze (detenibili al massimo in un numero pari a 4); trattasi di misure del tutto inadeguate ai fini di una razionale e soddisfacente distribuzione territoriale degli esercizi. Tale obiettivo può essere invece più efficacemente conseguito attraverso la previsione di un numero minimo – anziché massimo – di farmacie nei diversi ambiti territoriali, evitando così un’artificiale e inefficiente limitazione degli accessi, ampliando le possibilità di scelta del consumatore e rafforzando gli incentivi al miglioramento qualitativo del servizio. Inoltre, i benefici derivanti dalla possibilità di gestire “catene” di farmacie, soprattutto in termini di economie di scala dal lato della domanda, si rifletterebbero in larga parte e fin da subito a favore dei consumatori in termini di prezzi più bassi. In questo senso, l’Autorità auspica che venga rimosso il vincolo relativo alla multi-titolarità e il limite di 4 farmacie almeno raddoppiato. Nel medio periodo, la maggior efficienza della distribuzione (e la possibilità di comprimere i margini di intermediazione, oggi ancora particolarmente elevati) finirebbe per riflettersi positivamente anche sulla spesa farmaceutica a carico del sistema sanitario nazionale.

Distribuzione dei farmaci (le proposte)
Liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C – Ampliamento della pianta organica – Estensione della multi-titolarità

Nel settore della distribuzione farmaceutica, l’Autorità ritiene necessario adottare le seguenti misure pro-concorrenziali:
a) liberalizzare la vendita dei farmaci con prescrizione medica ma a totale carico del paziente (i cosiddetti farmaci di fascia C);
b) rimuovere gli ostacoli all’apertura di nuove farmacie, aumentando la pianta organica della stesse mediante la modifica dell’art. 1 della L. 2 aprile 1968 n. 475, e ampliare la possibilità della multi-titolarità. L’art. 5, comma 10, del D.L. del 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, integra l'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, prevedendo che un unico soggetto possa essere titolare al massimo di 4 farmacie. Tale vincolo, ove non completamente rimosso, andrebbe reso meno stringente così da poter cogliere i benefici derivanti dalle economie di scala. In questa prospettiva il numero massimo potrebbe essere aumentato fino ad almeno il doppio dell’attuale limite.

06 gennaio 2012
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