G7 Salute. Medicina personalizzata, big data e nuova governance farmaceutica. Come cambierà il pianeta salute
di M.P.
La sfida è stata lanciata oggi a Milano nel corso un evento collaterale al G7 Salute organizzato da Farmindustria e dedicato proprio all’innovazione in salute. Per il direttore Ema, Guido Rasi: "Sarà da rivedere il ruolo del medico di base e dell’organizzazione degli ospedali. Ma anche l’identità degli stakeholder: ad accademia, industria, pazienti e interlocutore politico si aggiungeranno Google, Amazon, Ibm, aziende con cui dovremo confrontarci”.
06 NOV - L’era dei big data è arrivata da tempo e il mondo della salute “deve evolvere”, come ha sottolineato
Guido Rasi, direttore dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), oggi a Milano per un evento collaterale al G7 Salute organizzato da Farmindustria e dedicato proprio all’innovazione in salute.
Mentre si va sempre più verso la medicina personalizzata, la sfida diventa, oggi più che mai, quella di garantire accesso e sostenibilità. “Una delle mission di Aifa è tutelare la salute attraverso l’erogazione del farmaco garantendo l’equilibrio economico – ha ricordato
Mario Melazzini, direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco – L’anno scorso la spesa sanitaria in Italia è stata di circa 29 miliardi di euro, di cui circa il 78% totalmente rimborsato dal Ssn. In pochissimi anni il prezzo delle molecole è passato da poche decine di euro a migliaia o addirittura milioni di euro. Come ente regolatorio dobbiamo affrontare il nodo delle modalità di negoziazione, che devono essere al passo con i tempi. La domanda che dobbiamo porci è se siamo pronti a darci nuove regole, attività e modelli. Come Aifa rispondo di sì”.
A proposito di prezzo e accessibilità dei farmaci, Melazzini ha elogiato la scelta del Ministero italiano di creare due fondi, uno per le molecole innovative e l’altro per gli oncologici. “La vera sfida diventa ora promuovere la ricerca e sviluppo avendo come obiettivo la ricaduta positiva sul paziente. Per farlo, credo sia importante confrontarsi, creare rete e interagire tra agenzie regolatorie”.
Verso una nuova governance farmaceutica
In un futuro che è quasi presente i sistemi sanitari si dovranno adattare alle nuove tecnologie disponibili e saranno necessarie competenze nuove: “Sarà da rivedere il ruolo del medico di base e dell’organizzazione degli ospedali – ha affermato Rasi – Ma anche l’identità degli stakeholder: ad accademia, industria, pazienti e interlocutore politico si aggiungeranno infatti nomi come Google, Amazon, Ibm, aziende con cui dovremo imparare a confrontarci”.
Secondo le stime, nei prossimi tre anni in Italia la quota di imprese del farmaco che svolgerà ricerca e sviluppo in partnership con quelle Ict raggiungerà l’84%, rispetto al 35% di cinque anni fa.
“Taglia e cuci” di sequenze genetiche, smart pills che rilasciano il principio attivo solo quando necessario, vettori con funzione di “postini” indirizzati verso bersagli specifici.
Oggi nel mondo ci sono quasi 15.000 prodotti in sviluppo, di cui oltre 7.000 in fase clinica, il 42% per terapie personalizzate, quota che raggiunge il 73% per l’area oncologica. Uno tsunami positivo, che avrà un impatto determinante sulla salute, ma non solo. Lo avrà infatti anche su molti altri asset a partire dall’organizzazione sanitaria e assistenziale fino all’attrattività per gli investimenti delle imprese del farmaco. Un futuro già iniziato che sta rivoluzionando il mondo della salute.
Italia all’avanguardia, ma la strada è ancora lunga
L’Italia in tema di politiche per la salute è un Paese all’avanguardia. Tant’è che lo stesso presidente dell’European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (Efpia), Stefan Oschmann lo ha considerato tra quelli più innovativi nell’Ue. E lo dimostra il fatto che l’Italia è ai primi posti in Europa per investimenti delle aziende farmaceutiche multinazionali (americane, tedesche, francesi, svizzere e inglesi).
L’Italia è anche leader mondiale, secondo un recente studio McKinsey, per numero di accordi basati sulla valutazione del grado di efficacia del farmaco, i cosiddetti Value-based Agreements, che rappresentano la frontiera per i diversi sistemi regolatori. La quota del nostro Paese sul totale mondiale è, infatti, pari al 35%, prima di Usa (24%) e Australia (12%).
L’industria del farmaco non è stata a guardare. “Con 30 miliardi di euro di produzione, oltre il 70% destinati all’export, 64.000 addetti altamente qualificati, 6.200 occupati nella ricerca e sviluppo, più della metà donne, 2,7 miliardi di investimenti – ha snocciolato dati Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria – si pone tra le più competitive a livello europeo – seconda per produzione solo alla Germania – e rappresenta una leva strategica per l’economia tricolore. Farmindustria crede nella necessità di un dialogo. Migliorando l’industria siamo in grado di migliorare il Paese e rispondere meglio alle esigenze dei pazienti”.
Sono sempre di più le aziende in Italia impegnate negli studi per misurare l’efficacia del medicinale nelle condizioni di vita reale: la quota è infatti passata dal 12% di cinque anni fa al 59% di oggi. E si calcola che raggiungerà il 99% nei prossimi tre anni.
Ora serve uno scatto finale per anticipare il cambiamento e non farsi travolgere: tutti concordi nell’affermare che è necessaria una governance adeguata e moderna che premi l’innovazione, superi il concetto dei tetti e consideri la spesa farmaceutica come un investimento in un sistema che valorizzi anche i costi evitati.
E i numeri sembrano essere favorevoli: le terapie farmacologiche appropriate riducono i ricoveri (un giorno in ospedale costa 1.000 euro, pari a 4 anni di spesa farmaceutica procapite); da 1 euro per la vaccinazione si hanno benefici fino a 44 euro; in oncologia i farmaci rappresentano il 4% dei costi socio-assistenziali e possono ridurre il restante 96%. In Italia la spesa sanitaria procapite dal 2010 è diminuita dell’11%; ogni anno il Sistema sanitario in Italia spende più di 1 miliardo per trattare i malati di epatite C. Costi evitati grazie ai farmaci che li guariscono. Infine, con un’attenta aderenza alla terapia la spesa sanitaria potrebbe diminuire tra 6 e 10 miliardi su alcune patologie croniche, secondo uno studio Federanziani.
Michela Perrone
06 novembre 2017
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