È stato un esame lungo: al Senato oltre due anni, alla Camera l'esame è iniziato presso la Commissione affari sociali il 27 luglio 2016 e si è concluso lo scorso giovedì 5 ottobre. La complessità è data anzitutto dal contenuto. Il provvedimento in esame, infatti, affronta vari temi di grande rilevanza: dalla sperimentazione clinica dei medicinali al riordino delle professioni sanitarie, vecchie e nuove, oltre a disposizioni concernenti l'esercizio abusivo da professione sanitaria, il Ministero della salute, la sua dirigenza, e altre materia.
L'esame presso la Commissione affari sociali della Camera è stato caratterizzato in una prima fase da un ampio ciclo di audizioni, nell'ambito delle quali sono stati auditi i rappresentanti di diversi ordini e federazioni, di associazioni rappresentative di professioni non riconosciute, oltre a vari esperti delle due principali materie trattate dal disegno di legge, ovvero la sperimentazione clinica e il riordino delle professioni sanitarie. Ampio spazio è stato poi dedicato all'esame delle circa 300 proposte emendative presentate. Le leggi - credo - si fanno anzitutto ascoltando, studiando e poi decidendo.
In termini generali, faccio presente che la scelta prevalsa in Commissione è stata quella di mantenere l'impianto del disegno di legge come approvato dal Senato, pure apportando modifiche rilevanti in varie parti del testo. Il tempo e gli approfondimenti fatti ci permettevano di perfezionare e mettere meglio a punto questioni anche affrontate dal Senato.
Faccio presente nel dettaglio che, nel corso dell'esame in sede referente, è stato soppresso l'articolo 2 del testo originario del disegno di legge, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, perché nel frattempo è stato realizzato, attraverso l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio 12 gennaio 2017; i nuovi LEA, quindici anni dopo, su cui abbiamo anche lavorato intensamente nella nostra Commissione. Quindi, il fatto di non esserci più nel disegno di legge, non si tratta di un accantonamento ma di un fatto estremamente positivo, perché già avviato.
Con riferimento al tema della sperimentazione clinica, lo sforzo compiuto è stato quello di introdurre nell'ambito della delega al Governo principi e criteri direttivi più omogenei e stringenti, in considerazione soprattutto della disciplina intervenuta in materia con il Regolamento europeo n. 536/2014. In particolare, sottolineo l'introduzione di uno specifico riferimento alle malattie rare e all'età pediatrica, per quanto riguarda l'oggetto della sperimentazione, oltre che alla medicina di genere relativamente all'approccio metodologico.
Alla medicina di genere è dedicato anche l'articolo 3, inserito nel corso dell'esame in sede referente. Ritengo importante, poi, il fatto di aver inserito nell'articolo 1 specifiche misure volte ad assicurare che la sperimentazione avvenga con la massima trasparenza e in assenza di conflitti di interesse lungo tutto il percorso della ricerca e non solo all'inizio.
Un'altra novità importante è quella di avere aggiunto una disposizione che ha per oggetto il riordino dei comitati etici- era atteso ormai da anni -, prevedendo l'istituzione presso l'Agenzia italiana del farmaco del Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali, cui sono attribuite funzioni di indirizzo, di consulenza e di supporto dell'attività dei singoli comitati, nonché di monitoraggio del rispetto dei termini della sperimentazione. Esso non si sostituisce ai comitati etici territoriali, ma contribuisce a dare certezze ai ricercatori e a tutti i soggetti coinvolti nella ricerca, agli investitori, quanto a tempi, modalità, qualità e spesa, rimuovendo incertezze di sistema e disomogeneità.
L'obiettivo della riforma è quello di garantire la qualità, e individuare con certezza i comitati etici territoriali, riducendone il numero, portandolo ad un massimo di 40, oltre a un massimo di tre di valenza nazionale, di cui uno dedicato - almeno uno - alla sperimentazione in ambito pediatrico.
Sono state introdotte norme innovative che contribuiranno a garantire i gruppi di ricerca pubblici italiani, fidelizzandone l'attività attraverso un meccanismo di ritorno, compensazione e remunerazione da parte dell'industria quando da tali ricerche provenga in futuro un provento come volano di accumulazione del Fondo per la ricerca pubblica a favore dei centri di ricerca pubblici. Altrettanto vale per la brevettabilità della ricerca no profit, dal 2004 non più brevettabile, quindi non sviluppabile, e di fatto relegata a un ruolo troppo spesso solo teorico.
L'altro tema centrale del disegno di legge è rappresentato dal riordino delle professioni sanitarie:l'articolo 4. Faccio presente innanzitutto che la disciplina attualmente in vigore risale all'immediato dopoguerra, quindi mi pare fuori di dubbio l'esigenza di procedere ad un ammodernamento. Alcune istanze di riconoscimento e riorganizzazione risalgono addirittura agli anni Venti del secolo scorso. La scelta, anche in questo caso, è stata quella di mantenere l'impianto già previsto nel testo originario del provvedimento, con le modifiche e integrazioni apportate durante l'esame al Senato, per quanto riguarda la definizione degli ordini e delle federazioni delle professioni sanitarie e la disciplina dei loro organi, apportando però anche alcune novità sostanziali.
È ampio il dibattito europeo sul ruolo degli ordini, con orientamenti non convergenti, corrispondenti anche a storie diverse. Direi che lo sforzo fatto è stato quello di andare verso un maggiore consenso verso la loro azione, rafforzandone la funzione pubblicistica senza intaccare l'impianto del Senato, ma attraverso indicazioni in sintonia, anche e molto, con il nostro tempo, che indicano la strada per una maggiore partecipazione degli iscritti e democraticità interna, al fine di rafforzare lo stesso ruolo positivo delle rappresentanze.
Prendendo in considerazione la diversa consistenza anche territoriale delle diverse articolazioni degli ordini, al fine di evitare aggravi amministrativi e finanziari, sono stati introdotti: la possibilità di ricorrere a forme di avvalimento o di associazione tra ordini per l'esercizio di funzioni di particolare rilevanza; la composizione del collegio di revisori dei conti; le modalità previste per lo svolgimento delle elezioni degli organi e il quorum per la validità delle elezioni medesime, come pure l'inserimento di un limite al numero dei mandati.
Ma una disposizione centrale che vorrei sottolineare è quella di cui all'articolo 6, che modifica la procedura attualmente prevista, per l'individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie, dall'articolo 5 della legge n. 43 del 2006. Il fine è di assicurare che tale individuazione possa avvenire, a seguito dell'entrata in vigore della legge, sulla base di criteri oggettivi, in tempi ragionevolmente certi, con istanza anche dal basso; un modo per ridurre la forza di gruppi di pressione o della politica su una materia prevalentemente tecnica.
La Commissione, quindi, ha preferito definire una procedura che possa garantire tutti coloro che intendono ottenere il riconoscimento, anziché individuare discrezionalmente una o più nuove professioni sanitarie in un lungo elenco di aspirazioni, richieste e preoccupazioni, anche legittime, anche di professioni già riconosciute, circa gli ambiti di azione contigui.
Si prevede, innanzitutto, che l'iniziativa per ottenere il riconoscimento spetti anche alle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimentooltre che, ai sensi della disciplina attualmente in vigore, in sede di recepimento di direttive comunitarie, ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti dal Piano sanitario nazionale o dai piani sanitari regionali.
Un'altra importante novità è quella per cui il Ministero della salute dovrà pronunciarsi entro sei mesi dall'invio dell'istanza motivata.L'istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni che dovranno individuare, tra l'altro, l'ambito di attività di ciascuna professione e i criteri di valutazione dell'esperienza professionale, anche qui con un limite temporale fissato.
L'ordinamento didattico della formazione universitaria delle nuove professioni sanitarie è demandato a un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità. Si prevede che la definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni debba avvenire evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute. È il cuore delle nuove professioni.
È una legge aperta, quella che andiamo a discutere in Aula e che spero di approvare rapidamente,una legge aperta e non chiusa, visto che l'innovazione tecnologica, scientifica, sociale e organizzativa è tale da non poter prevedere quante e quali nuove professioni sanitarie stiano per affacciarsi o siano già operanti, senza averne ancora il riconoscimento. In questo modo non sarà necessaria periodicamente una nuova legge o una sanatoria a ritmi periodici.
Evidenzio, quindi, che nell'ambito della nuova procedura appena illustrata, sono state riportate le figure dell'osteopata e del chiropratico, articolo 7, di cui il Senato aveva previsto l'istituzione. Esse vengono, quindi, individuate dalla legge; ai fini della loro istituzione si segue la procedura generale, con tutti i passaggi che ho appena indicato: accordo Stato-regioni da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, per stabilire l'ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell'osteopata e del chiropratico, successivo decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro della salute, entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, acquisito il parere del consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, per definire l'ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia e in chiropratica, nonché gli eventuali percorsi formativi integrativi, nonché la valutazione dei titoli equipollenti.
Nell'ambito del riordino, ci sono ulteriori spazi per una ridefinizione di attività che hanno una indubbia rilevanza come supporto delle professioni sanitarie nell'area tecnico riabilitativa.
Vorrei andare a concludere questa relazione, ricordando che, tra le modifiche introdotte nel corso dell'esame in Commissione al testo trasmesso dal Senato, c'è la nuova disposizione di cui all'articolo 5 che istituisce l'area delle professioni sociosanitarie, l'articolo 11 che apporta alcune modifiche alla legge n. 24 del 2017, sulla responsabilità professionale del personale sanitario e l'esercizio abusivo della professione, l'articolo 12 che reca modifiche alla disposizione già presente nel testo trasmesso dal Senato volta proprio a disciplinare questo esercizio abusivo e l'articolo 16 che contiene, nel testo ricevuto dal Senato, norme relative all'attività dei farmacisti, su cui è intervenuta, nel frattempo, la legge sulla concorrenza.
Come presidente della Commissione affari sociali e come relatore di questo disegno di legge ho invitato le associazioni dei farmacisti, le parafarmacie e le farmacie a un confronto, perché, qualora lo ritenessero possibile, potesse essere utilizzato questo strumento di legge per cercare di diradare alcune confusioni reali, operative che hanno danneggiato sia operatori nelle farmacie che nelle parafarmacie a seguito di questa unicità italiana, introdotta dalla legge che ha aperto l'esperienza delle parafarmacie, undici anni fa.
Ci sono sofferenze da entrambe le parti; gli incontri sono stati positivi, sono state individuate delle linee possibili per un accordo nel futuroche garantisca tutti i punti di sofferenza del sistema, per poi, magari, andare a una chiarificazione, a una separazione dei due percorsi.
Ma non mi sembrano maturi i tempi, tutto questo non è rifluito in emendamenti pervenuti in maniera organica alla Commissione, pertanto, questa è una materia che è già stata regolata, allo stato attuale, dal decreto concorrenza e che, quindi, credo non potrà vedere, almeno nella mia sensibilità, miglioramenti in un senso o nell'altro che potrebbero squilibrare ulteriormente il sistema. Ma questa presidenza sottolinea la positività di un percorso di incontro che potrebbe dare frutti in un prossimo futuro e mi auguro che accada proprio questo.
Mi correva l'obbligo di dirlo e mi correva anche l'obbligo di dire quanto lavoro è stato fatto in questi quattro anni, per dare conto del lavoro fatto, anche, dalla Commissione affari sociali, per ringraziare gli uffici e i funzionari della Commissione che hanno accompagnato questo lavoro complesso e lo hanno reso possibile. Vorrei ringraziare anche i colleghi del Senato e del Ministero della Salute con cui è stata avviata una interlocuzione periodica, proprio per arrivare a un testo rispettoso del loro lavoro e, al tempo stesso, condivisibile nelle parti innovate.
Vorrei porre, concludendo, all'attenzione di quest'Aula e del Parlamento tutto, la grande occasione che abbiamo nell'approvare questo testo e vederne l'approvazione definitiva, da parte del Senato, in questa legislatura. Mi auguro che il clima e il metodo del lavoro in Commissione permetterà anche in quest'Aula un'approvazione sicura del provvedimento che, per chi ha avuto la bontà di seguirmi in questa relazione, innova e migliora materie rilevanti in vari campi della nostra sanità pubblica ed è atteso, da qualche decennio, per alcune parti, da innumerevoli esercenti le professioni sanitarie o aspiranti tali.
In un tempo di grandi cambiamenti, lo ripeto, è una legge aperta e non chiusa, proprio per poter recepire senza più sanatorie, anche in futuro, l'innovazione che avanza a ritmo non prevedibile.
Mario Marazziti
Presidente Commissione Affari Sociali della Camera e relatore del provvedimento
09 ottobre 2017
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