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Responsabilità professionale. Il ruolo dei Comuni nell'attuazione della normativa su sicurezza cure

di Domenico Della Porta

La legge richiama  l’importanza della prevenzione degli “eventi avversi” attraverso innanzitutto il rispetto dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi nell’erogazione delle prestazioni. Alla luce del trasferimento delle attribuzioni dello Stato in materia sanitaria ai Comuni prevista dalla legge 833/1978, il Sindaco è chiamato a decretare l’eventuale autorizzazione sanitaria da riconoscere alle strutture sanitarie pubbliche e private.

31 MAR - Si consolida la funzione dei Comuni in termini autorizzativi per l’applicazione della nuova normativa sulla “Sicurezza delle cure” che entrerà in vigore il 1 aprile pv attraverso la legge 24 dell’8 marzo 2017. All’articolo 1 della legge viene infatti richiamata l’importanza della prevenzione dei cosiddetti “eventi avversi” attraverso innanzitutto il rispetto dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi nell’erogazione delle prestazioni sanitarie.
 
Alla luce del trasferimento delle attribuzioni dello Stato in materia sanitaria ai Comuni, previste dagli articoli 10, 13, 15, 65 e 66 della legge 833/1978, il Sindaco è chiamato a decretare l’eventuale autorizzazione sanitaria da riconoscere alle strutture sanitarie pubbliche e private in luogo di quelle che venivano rilasciate fino alla promulgazione della predetta normativa dalle Prefetture e successivamente dai Medici Provinciali ed Ufficiali Sanitari come indicato dagli articoli 24 e 40 del Regio Decreto 1265 del 1934.

Il Sindaco, nella veste di Autorità Sanitaria Locale come previsto dall’art.32 della 833/1978, dall’art.117 del D.Lgs 112/1999 e dall’art.50 del D.Lgs. 267/2000 autorizza la realizzazione e l’esercizio delle strutture sanitarie su parere tecnico rilasciato dai Dipartimenti di Prevenzione delle Asl (istituiti dall’art.7 all’art. 7 octies del D.Lgs 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni) che tengono presente il DPR 14.1.1997 e successive modificazioni ed integrazioni.

Le procedure da seguire, peraltro pubblicizzate sui siti di quasi tutti i Comuni, evidenziano che per avviare, trasformare, trasferire, ampliare, o per utilizzare in modo diverso strutture sanitarie (ospedali, ambulatori, laboratori), socio-sanitarie e socio-assistenziali, residenziali e semiresidenziali (per minori, portatori di handicap, anziani, ammalati di Aids) sia pubbliche che private, studi professionali soggetti ad autorizzazione (es. odontoiatrici), strutture per tossicodipendenti e stabilimenti termali è necessario presentare domanda di autorizzazione al Comune e, per conoscenza, al Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente.

Il Comune, prima di rilasciare l’autorizzazione, deve acquisire il parere tecnico del Dipartimento di Prevenzione (per le strutture sanitarie e gli studi professionali) o della Commissione aziendale di esperti, operante sempre nel Dipartimento di Prevenzione, (per le strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali), che verificano il possesso dei requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi previsti.

Domenico Della Porta
Referente Medicina e Sicurezza sul Lavoro Federsanità ANCI

31 marzo 2017
© Riproduzione riservata

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