Cosa c’è dietro il numero “magico” 111? Ecco la vera novità della politica di Renzi per la sanità
di Ivan Cavicchi
L’epoca del finanziamento assoluto è finita.L'epoca di Errani per intenderci, cioè del grande elemosiniere, che ogni anno di fronte alla legge finanziaria dichiarava, nella più smaccata invarianza: “la manovra non è in grado di assicurare la tenuta del sistema sanitario”. Oggi è il tempo del definanziamento “s-compensato”, che senza cambiamento diventa taglio lineare
16 NOV - Mi colpisce che un numero, come 111 mld ,(lo stanziamento previsto per il fsn), sia stato oggetto di una esegesi senza precedenti. E’ un taglio o un incremento? Può un numero essere una cosa e il suo contrario? Renzi (consiglio di leggere attentamente il suo discorso ai parlamentari PD
Qs 10 novembre 2015) non ha dubbi è un incremento: “
nel 2013 i soldi per la sanità erano 106 miliardi, nel 2014 sono stati 109 miliardi, nel 2015 110, nel 2016 saranno 111”.
Come dargli torto?Una serie aritmetica, è la somma degli elementi di una successione, quindi una addizione, nella quale la differenza tra ciascun termine e il suo precedente è una costante. Peccato che la costante di Renzi decresce (da 3 mld a 1 mld in tre anni ) e che l’incremento, oggettivamente innegabile, sia sempre più simbolico. 111 mld per Renzi altro non è se non un
numero relativo che si caratterizza per il segno “
meno”.
Le regioni, i sindacati, al contrario dicono che 111 mld sono un taglio e per dimostrarlo anche loro ricorrono alla serie aritmetica ma riferendosi a quella del patto per la salute:
2014/109 mld...2015/112 mld ....2016/115 mld .In questa serie la costante prevista è incrementale per cui ogni finanziamento dovrebbe crescere annualmente di 3 mld. Per le regioni il fabbisogno finanziario è un
numero assoluto crescente.
La follia di quel patto, che denunciai in totale solitudine nel tripudio generale (
Qs 10 luglio 2014) e che ci dà la misura della modestia della nostra classe dirigente, è stato semplicemente pensare possibile a costi sanitari crescenti adeguare automaticamente il Fsn con un pil decrescente. Renzi a questa follia ha messo fine mettendo fine di fatto ai patti cioè al finanziamento negoziato. Lui decide i numeri relativi, le regioni si arrangino, il tempo dei numeri assoluti è finito.
La grande differenza politica tra “relativo ” e “assoluto ” è quindi un modo diverso di intendere una quantità:
· per Renzi il Fsn è un numero relativo perché deve essere accompagnato da una bonifica della spesa che va liberata dalle sue diseconomie;
· per le regioni invece, è un numero assoluto perché per loro è assoluta la crescita costante del fabbisogno.
Personalmente, per le ragioni dette molte volte, considero delle pretese le richieste, da qualunque parte provengano, che pur nella loro legittimità puntano semplicemente al rifinanziamento senza scambiare economie con diseconomie:
· se la sanità può costare di meno senza dare di meno non conviene alla maggior parte di noi farla costare di più;
· se addirittura la sanità può costare di meno e dare di più è un dovere di tutti concorrere al suo cambiamento.
Renzi su questo punto è inattaccabile: la sanità va finanziata ma non le sue diseconomie. La ratio del suo ragionamento si rifà a quello che in economiaKaldor/ Hicks chiamano “
principio di compensazione” (ogni operazione che serva in qualche modo a bilanciare una differenza) in ragione del quale la quantificazione del fondo sanitario è messa in opposizione alle diseconomie del sistema ad esso correlato. Seguendo il ragionamento di Kaldor/ Hicks,i, si avrebbe compensazione se le regioni definanziate aggiustassero i loro sistemi sanitari per mantenere costante il livello di offerta di tutela delle persone, cioè quando alla diminuzione del finanziamento l’offerta di tutela cambia per costare meno senza dare di meno se non di più.
I 111 mld sarebbero giustificati solo se le regioni fossero capaci di dare luogo ad una sorta di “
offerta compensata” cioè ad un cambiamento nel modo di produrre tutela. Al contrario se le regioni non compensassero l’offerta, i 111 mld risulterebbero fatalmente insufficienti.
Sempre seguendo Kaldor e Hicks, in generale si può dire che il definanziamento è una modificazione al ribasso nell’allocazione delle risorse che genera vantaggi e svantaggi Secondo il principio di compensazione esso è più efficiente o meno se è teoricamente possibile riconvertire in modo equo le diseconomie in economie, gli svantaggi in vantaggi, in modo tale che il sistema sia in grado di produrre un’utilità non inferiore a quella storica. Per le regioni questo significa andare ben oltre le razionalizzazioni e mettere mano alle diseconomie strutturali, cioè che sono tipiche di un certo sistema sanitario e quindi disporre di quello che non c’è, vale a dire un progetto di riforma.
Renzi sbaglia nel sottovalutare questo problema. Sino ad ora nessuno ha messo a disposizione delle regioni delle soluzioni riformatrici capaci davvero di compensare il definanziamento. Le regioni purtroppo non sanno andare oltre il senso comune del proprio funzionariato che, a sua volta non riesce ad andare oltre un po’ di razionalizzazione ospedaliera, un po’ di ticket e gli accorpamenti delle Asl. Ormai è sempre più evidente che il definanziamento diventa un problema di tagli lineari perché di fatto è sempre meno compensato. Le regioni per stare dentro le compatibilità non riformano perché non lo sanno fare, ma tendono, come insegna la Toscana, a contro riformare cioè a smontare il proprio sistema sanitario un pezzo per volta.
C’è un’altra cosa che Renzi ignora: il definanziamento del fsn non è pagato in egual misura da tutti gli attori del sistema ma è pagato, come dimostrano questi anni di tagli, in particolare più dai diritti che dagli interessi, e tra gli interessi da certi interessi e non da altri. Per esempio il lavoro ha pagato un prezzo salatissimo molto meno l’area degli abusi, dei privilegi, del clientelismo, della speculazione. Quindi:
· è un errore che per compensare si dia alle regioni carta bianca o la licenza di uccidere i diritti ,senza vincolarle ad uno schema riformatore che compensi riducendo le diseconomie;
· è un errore pensare che basti definanziare il sistema per cambiarlo;
· il progetto di cambiamento per compensare il definanziamento è ancora tutto da scrivere.
La vera tragedia con tutte le diseconomie che esistono in sanità, non è il definanziamento in quanto tale ma è il definanziamento “s-compensato” quello cioè che senza cambiamento diventa taglio lineare.
L’errore di Renzi in realtà è un limite del tempo. Il senso comune della sanità sulla sanità, ancora non ha maturato la necessità di un pensiero riformatore. Renzi definanzia rispetto ad un sistema organizzato che, dati Agenas alla mano, vede come squilibrato nel rapporto esiti/costi, assumendo la Calabria, cioè un non sistema sanitario, come
benchmark per fare il confronto con i sistemi sanitari delle altre regioni.
Renzi ignora che il definanziamento rischia di mettere fuori gioco quelle regioni che avendo adottato tutte le possibili soluzioni marginaliste hanno compensato come hanno potuto e che ora con ancora meno soldi e senza un altro pensiero riformatore, sono sempre più spinte verso le mutue integrative e le assicurazioni cioè verso finanziamenti integrativi. Renzi pensa, molto semplicemente forse troppo semplicemente di poter obbligare con il definanziamento le regioni a riassorbire gli squilibri (lui dice “ospedale per ospedale”).
Credo davvero che senza un processo riformatore robusto non solo il definanziamento funzionerà come un taglio lineare programmato ma che esso favorirà la deriva controriformatrice delle regioni.
Il limite del tempo è pensare la sanità restando al di qua degli orizzonti del sistema dato, senza accorgersi che in questo modo arriviamo al serpente che si morde la coda senza fine:
· si definanzia perché bisogna cambiare ma non si dice come...
· quindi si delega il cambiamento alle regioni che non sanno cosa fare...
· questo perché tutti, Renzi compreso, cioè il suo ministero della Salute, restano al di qua degli orizzonti dati e non si misurano con le necessità riformatrici della sanità.
Insomma a me pare che il quadro sia tutt’altro che roseo e che ancora il famoso “
senso comune” con dentro servizi, istituzioni e sindacati, non abbia ancora compreso alcune novità delle politiche del governo. La più importante secondo me resta quella di legare le quantità finanziarie al superamento delle diseconomie.
Insomma l’epoca del finanziamento assoluto è finita, l’epoca di Errani per intenderci, cioè del grande elemosiniere, che ogni anno difronte alla legge finanziaria dichiarava, nella più smaccata invarianza: “
la manovra non è in grado di assicurare la tenuta del sistema sanitario”(QS 5 aprile 2012). Intendendo per “
tenuta” un sistema sanitario invariante a costo crescente da rifinanziare all’infinito.
Vorrei dire:
· a Chiamparino che gli elemosinieri oggi sono in disgrazia perché i sistemi sanitari debbono ob torto collo essere a costo decrescente e rifinanziati sulle loro effettive necessità, in modo discreto;
· ai sindacati che ormai siamo nel tempo del “
do ut des” cioè
“io do affinché tu dia”;
· a tutti... benvenuti nella logica del
finanziamento relativo.
Conclusioni:
· se la sufficienza delle risorse in sanità dipende dai cambiamenti che sapremmo immettere nel sistema allora questi cambiamenti diventano la chiave di volta delle politiche sanitarie del futuro;
· se Renzi ha ragione a non voler rifinanziare le diseconomie, ha torto marcio a non correlare il definanziamento con un libretto di istruzioni che insegni alle regioni come usarlo;
· senza libretto di istruzioni il suo definanziamento è praticamente un taglio lineare all’invarianza storica del sistema pagato ingiustamente dai malati;
· fino a quando la sanità avrà al suo interno importanti diseconomie il problema vero sarà la sua invarianza non il definanziamento;
· morale della favola: la sanità con il definanziamento s-compensato rischia di brutto per salvarla bisogna riformarla. Come?
Ivan Cavicchi
16 novembre 2015
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