Senato. De Filippo su disabili nelle Marche, stabilizzazione medici cure palliative e rischio tumori in Comuni con impianti nucleari
Le Marche hanno previsto due tipologie di trattamento per disabili erogabili presso i Centri socio-educatívi-riabilitativi. Nella legge di stabilità si è trovata una soluzione per quei medici che prestavano servizio nelle reti di cure palliative senza avere una specializzazione. La loro stabilizzazione sarà oggetto di un'ulteriore definizione. Non si può concludere che la mortalità osservata nei Comuni sede di impianti nucleari sia stata causata dalla radioattività.
17 SET - Il sottosegretario alla Salute,
Vito De Filippo, è intervenuto nel pomeriggio di ieri in commissione Igiene e Sanità al Senato per rispondere a tre interrogazioni. La prima, presentata da
Nerina Dirindin (Pd), riguardava i
livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria per le persone disabili nelle Marche. Il sottosegretario ha spiegato come la Regione abbia previsto due tipologie di trattamenti, caratterizzati da una intensità assistenziale differenziata, ma erogabili in una stessa tipologia di struttura, i Centri socio-educatívi-riabilitativi, con posti dedicati e definiti. Il Ministero della salute, inoltre, ha avviato negli ultimi anni una serie di attività volte a sostenere e monitorare l'implementazione e la qualità dell'assistenza sociosanitaria.
Questa la risposta integrale di De Filippo: “In esito alla valutazione delle due delibere della Regione Marche citate nell'atto ispettivo in esame, con le quali la Regione ha inteso ridefinire le quote di compartecipazione in area sociosanitaria (d.g.r. n. 1195/2013) e stabilire le tariffe regionali per l'assistenza residenziale e semiresidenziale tramite accordo con gli Enti Gestori (d.g.r. n. 1331/2014), sembra emergere che la stessa Regione abbia normato in conformità con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001. In particolare, con riferimento ai trattamenti semiresidenziali per pazienti disabili, di cui al punto 9, lettera b), dell'allegato 1C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri suddetto, la Regione ha previsto due tipologie di trattamenti, caratterizzati da una intensità assistenziale differenziata, ma erogabili in una stessa tipologia di struttura, i Centri socio-educatívi-riabilitativi, con posti dedicati e definiti: massimo 10 posti per trattamenti SRDis 1.1, che prevedono prestazioni a contenuto terapeutico e socio riabilitativo per disabili gravi; per tali trattamenti la Regione prevede che la tariffa sia sostenuta per il 70 per cento dal Servizio sanitario regionale e per il 30 per cento dall'utente; massimo 15 posti per trattamenti SRDis 1.2, che prevedono prestazioni a prevalente contenuto sociale; la Regione rimanda alla d.g.r. n. 1011/2013 nella quale si stabilisce che la Anagrafe Sanitaria Unica Regionale (ASUR) prevede un rimborso forfettario giornaliero a paziente, mentre la tariffa giornaliera è stabilita dal Comune.
Le due tipologie di trattamenti hanno natura assistenziale diversa: infatti, i primi (SRDis), avendo una natura terapeutica e socio assistenziale, rientrano tra le prestazioni per le quali è prevista la ripartizione della tariffa giornaliera tra Servizio sanitario nazionale e Comune/assistito; viceversa, i secondi (SRDis 1.2), avendo una natura prevalentemente sociale, si collocano nella sfera assistenziale e tutelare, di esclusiva competenza degli enti locali; in questa prospettiva, la previsione di una quota a carico dell'Asur, sebbene forfettaria e di importo ridotto, potrebbe configurarsi come livello di assistenza "ulteriore", garantito dalla Regione Marche attraverso fondi propri regionali. Con riferimento alla richiesta di conoscere quali strumenti il Governo ritiene di mettere in atto al fine di verificare e monitorare il rispetto delle disposizioni in materia sociosanitaria, comunica che il Ministero della salute, in accordo con le Regioni, ha avviato negli ultimi anni una serie di attività volte a sostenere e monitorare l'implementazione e la qualità dell'assistenza sociosanitaria. Uno dei principali strumenti di verifica e monitoraggio dell'assistenza sanitaria attualmente adottati riguarda la verifica di una serie dì adempimenti ai quali le Regioni devono attenersi per accedere alla quota "premiale" (pari al 3 per cento) del finanziamento, che viene svincolata solo alla certificazione della erogazione appropriata ed efficace dei LEA, in una cornice dì equilibrio economico.
La verifica di tali adempimenti, raccolti in un questionario che annualmente viene inviato alle Regioni, è a cura del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, un organismo interistituzionale composto da rappresentanti delle Regioni e del livello istituzionale centrale, con il supporto tecnico dell'Agenas, sulla base dell'Intesa Stato-Regioni e Province Autonome del 23 marzo 2005.
Nel questionario la selezione degli indicatori riflette sia i criteri di ripartizione delle risorse del Servizio sanitario nazionale (51 per cento all'assistenza distrettuale, 44 per cento all'assistenza ospedaliera, 5 per cento alla prevenzione), sia le vigenti indicazioni di programmazione sanitaria nazionale. La valutazione degli adempimenti si basa su un sistema di pesature attribuite ai diversi indicatori, ed assegna un punteggio rispetto al livello raggiunto dalla Regione in riferimento agli standard. Nel questionario sugli adempimenti LEA, è inclusa la cosiddetta "griglia LEA" con la quale sono valutati, tra l'altro, il numero di posti in strutture residenziali che erogano assistenza ai disabili ogni 1.000 residenti, e il numero di posti in strutture semiresidenziali che erogano assistenza ai disabili ogni 1.000 residenti.
Con riferimento all'anno 2013, la Regione Marche presenta una dotazione di posti letto residenziali pari a 0,59p.l. ogni 1.000 residenti, superiore al valore soglia fissato in 0,55 p.l, mentre presenta una dotazione dei posti in strutture semiresidenziali pari a 0,11 ogni 1.000 residenti, inferiore al valore soglia fissato in 0,39. Tuttavia, la stessa Regione sembra non inviare i dati relativi ai Centri socio-educativi-riabilitativi di cui all'interrogazione in oggetto, perché non rientranti nella tipologia di strutture censite. Inoltre, è prevista una specifica sezione dedicata all'assistenza sociosanitaria nella quale vengono raccolte e valutate le informazioni circa i provvedimenti adottati dalle Regioni in materia di assistenza sociosanitaria (definizione di un percorso unitario di presa in carico, adozione di uno strumento unitario di valutazione multidimensionale del bisogno assistenziale, adozione di provvedimenti di individuazione della quota di compartecipazione a carico del Comune/assistito per le componenti di natura sociale).
A partire dal questionario 2013 è stata introdotta una sezione informativa inerente i flussi/sistemi informativi territoriali SIAD e FAR che, rispettivamente, raccolgono i dati circa le prestazioni di assistenza domiciliare e assistenza residenziale e semiresidenziale erogate a persone non autosufficienti anche anziane. A partire dal questionario 2014, i dati rilevati tramite questi flussi saranno utilizzati ai fini della valutazione dell'assistenza erogata. Il nuovo Patto della Salute 2014-2016 prevede, all'articolo 5 "Assistenza territoriale", punto 22, la realizzazione del flusso informativo per il monitoraggio delle prestazioni di riabilitazione effettuate in strutture territoriali, ivi comprese le strutture ex articolo 26 legge n. 833 del 1978, nell'ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS).
L'altro filone dì attività diretta che consente di verificare e monitorare il rispetto delle disposizioni in materia di assistenza sociosanitaria, si sviluppa nell'ambito del supporto tecnico fornito dal Ministero della salute alle Regioni che hanno sottoscritto un Piano di rientro dal disavanzo strutturale, nei quali devono essere previste azioni di riorganizzazione delle attività sanitarie e socio-sanitarie, soprattutto per quanto riguarda: il potenziamento della rete territoriale, del ruolo dei distretti e delle unità dì cure primarie, delle cure domiciliari (adozione dì linee guida omogenee sul territorio); la ridefinizione e riorganizzazione della rete delle strutture extraospedaliere residenziali e semiresidenziali (nei termini di quota di p.l., accreditamento, linee guida sui percorsi di cura, ruolo delle ASL e delle Unità Valutative Multidisciplinari - UVM)".
La senatrice
Dirindin, in sede di risposta, si è dichiarata soddisfatta, rilevando come da essa emerga “la necessità di potenziare il sistema di monitoraggio sul rispetto dei Lea, anche coinvolgendo nelle sedi a ciò preposte - come il Comitato di verifica - esponenti della cittadinanza”.
E’ stato poi il turno dell’interrogazione presentata da
Luigi d’Ambrosio Lettieri (Cor) sulla
stabilizzazione dei medici in servizio presso le reti nazionali per le cure palliative e la terapia del dolore. De Filippo ha ricordato come nella legge di stabilità si sia provveduto a trovare una soluzione per l’esclusione di quei medici che prestavano servizio nelle reti regionali di cure palliative senza essere in possesso di una specializzazione e che, in assenza di un intervento normativo, non avrebbero potuto continuare la collaborazione con il Ssn. “Una volta svolte le necessarie valutazioni di carattere tecnico-normativo – ha assicurato - la tematica affrontata con l'interrogazione sarà oggetto di valutazione politica per una eventuale e ulteriore definizione”.
Questa la risposta integrale di De Filippo: “Premesso che la legge n. 38 del 2010 recante "Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore", ha delineato il percorso per la realizzazione di un sistema organizzativo articolato che, coinvolgendo un gran numero di strutture e di professionisti, assicura su tutto il territorio nazionale risposte socio-assistenziali anche di elevata complessità. Faccio quindi presente che, parallelamente alla definizione delle reti di terapia del dolore e di cure palliative, con l'Accordo Stato-Regioni del 10 luglio 2014, si è provveduto ad individuare l'elenco delle professionalità operanti nella rete delle cure palliative, tenendo conto di quanto già previsto dal legislatore. In occasione del perfezionamento del citato Accordo, si è posta la problematica relativa all'esclusione di quei medici, richiamati dalla citata legge n. 38 del 2010, i quali prestano servizio nelle reti regionali di cure palliative senza essere in possesso di una specializzazione e che, in assenza di uno specifico intervento normativo, non avrebbero potuto continuare a collaborare con il Servizio Sanitario Nazionale. Detta problematica ha trovato soluzione con l'articolo 1, comma 425, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che dispone: "Al fine di garantire la compiuta attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, i medici in servizio presso le reti dedicate alle cure palliative pubbliche o private accreditate, anche se non in possesso di una specializzazione, ma che alla data di entrata in vigore della presente legge possiedono almeno una esperienza triennale nel campo delle cure palliative, certificata dalla regione di competenza, tenuto conto dei criteri individuati con decreto del Ministro della salute di natura non regolamentare, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono idonei adoperare nelle reti dedicate alle cure palliative pubbliche o private accreditate".
Pertanto, in attuazione di quanto previsto dalla richiamata disposizione, il Ministero della salute ha predisposto lo schema di decreto di natura non regolamentare, che, dopo l'assenso politico della Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 22 febbraio 2015, è stato adottato in data 6 giugno 2015.
Nel decreto sono indicati i criteri per la certificazione dell'esperienza triennale nel campo delle cure palliative dei medici privi di specializzazione in servizio presso le reti medesime. Tali medici, pertanto, ottenuta la prescritta certificazione, saranno idonei ad operare nelle reti di cure palliative. Faccio altresì presente che i contratti di collaborazione di natura occasionale, o coordinata e continuativa, e/o libero professionali, non rientrano nell'ambito di applicabilità del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015, per la stabilizzazione del personale precario del Servizio Sanitario Nazionale. Infatti detto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, dovendo necessariamente tener conto di quanto disposto dalla norma di carattere primario da attuare, disciplina apposite procedure concorsuali, riservate esclusivamente al personale titolare di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, in possesso di determinati requisiti di anzianità previsti dal legislatore. In particolare, l'articolo 6, comma 4, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede che: "il personale medico con almeno cinque anni di prestazione continuativa antecedenti alla scadenza del bando, fatti salvi i periodi di interruzione previsti dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, presso i servizi di emergenza e urgenza degli enti di cui all'articolo 1, è ammesso a partecipare ai concorsi di cui al presente decreto, ancorché non in possesso del diploma di specializzazione in medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza.
Tale disposizione non deroga al requisito generale previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per cui i candidati devono essere titolari di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. In conclusione, assicuro che, una volta svolte le necessarie valutazioni di carattere tecnico-normativo, la tematica affrontata con l'interrogazione de qua sarà oggetto di valutazione politica per una eventuale e ulteriore definizione".
D’Ambrosio Lettieri, in fase di replica, si è dichiarato insoddisfatto della risposta ricevuta, pur prendendo atto degli impegni assunti dal Governo in merito a ulteriori iniziative in materia. Il senatore dei Conservatori e riformisti italiani ha inoltre sottolineato l'irrinunciabilità delle prestazioni assicurate dal personale medico in questione nel campo dell'assistenza ai pazienti oncologici.
Infine,
Gianni Girotto (M5S), ha illustrato la sua interrogazione sull’
incidenza delle patologie tumorali nei Comuni già sedi di impianti nucleari. Il sottosegretario ha spiegato che l'analisi delle mortalità superiori alla media regionale andrà approfondita, ma per diverse altre patologie, pure potenzialmente connesse ad esposizione a radiazioni ionizzanti, sono stati osservati livelli di mortalità inferiori alle medie regionali. “Il confronto tra la mortalità osservata in questi Comuni e quella media regionale permette di fare una valutazione dello stato di salute di queste popolazioni, ma non permette di concludere che un'eventuale mortalità osservata maggiore di quella media regionale sia stata causata dalla radioattività eventualmente rilasciata dagli impianti nucleari. Le patologie tumorali in esame possono essere causate da molti fattori e non solo dalle radiazioni ionizzanti, e inoltre, per poter stabilire un tale nesso causale sarebbe necessario conoscere i livelli di esposizione a radiazioni ionizzanti dei singoli abitanti”.
Questa la risposta integrale di De Filippo: “Nel rapporto indicato nell'atto ispettivo ed elaborato dall'Istituto Superiore di Sanità, sono state riportate metodologie, risultanze e considerazioni relative a tre attività svolte: 1) l'analisi della mortalità, nel periodo 1980-2008, nei 9 Comuni italiani che ospitano nel proprio territorio un impianto nucleare; 2) la stima del casi attesi di mortalità, con diverse ipotesi di esposizione a radiazioni ionizzanti da eventuali rilasci di radioattività da parte di questi impianti; 3) la rassegna degli altri studi epidemiologici condotti in Italia (effettuati solo su alcuni dei Comuni presi in esame in questo rapporto), e in altri Paesi sullo stato di salute di popolazioni residenti in prossimità di impianti nucleari.
La prima dì queste attività, ossia l'analisi della mortalità, è stata svolta confrontando la mortalità in ogni Comune con la mortalità media della Regione di appartenenza. Le cause di morte prese in esame sono state 62, ma particolare attenzione è stata data alle 24 patologie tumorali perle quali organismi internazionali preposti (tra cui l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, l'Organizzazione Mondiale della Sanità - OMS, e l'International Commission on Radiological Protection), hanno concluso che possono essere causate, oltre che da diversi altri fattori di rischio, anche dalle radiazioni ionizzanti. L'analisi di mortalità è stata effettuata sia per singoli Comuni e singole patologie, che per aggregazioni dei Comuni e aggregazioni di patologie.
Tra i numerosi risultati di queste analisi, tutti riportati nel citato rapporto, si riscontrano alcune mortalità superiori alle medie regionali, tra cui quella per tumori alla tiroide riscontrata nell'analisi aggregata di tutti i Comuni, tranne Latina.
L'analisi delle mortalità superiori alla media regionale va approfondita, ma per diverse altre patologie, pure potenzialmente connesse ad esposizione a radiazioni ionizzanti, sono stati invece osservati livelli di mortalità inferiori alle medie regionali. Non si può comunque parlare di "incrementi" di mortalità rispetto ai valori presenti prima della realizzazione ed esercizio degli impianti, in quanto i dati ISTAT di mortalità sono disponibili solo a partire dal 1980. In ogni caso, il confronto tra la mortalità osservata in questi Comuni e quella media regionale permette di fare una valutazione dello stato di salute di queste popolazioni, ma non permette di concludere che un'eventuale mortalità osservata maggiore di quella media regionale sia stata causata dalla radioattività eventualmente rilasciata dagli impianti nucleari.
Infatti, le patologie tumorali in esame possono essere causate da molti fattori e non solo dalle radiazioni ionizzanti, e inoltre, per poter stabilire un tale nesso causale sarebbe necessario conoscere i livelli di esposizione a radiazioni ionizzanti dei singoli abitanti, per confrontare il livello di esposizione in coloro che sono deceduti per le patologie in oggetto con quello degli altri. Proprio al fine di conseguire elementi conoscitivi ulteriori, è stata effettuata la stima dei casi attesi di mortalità con diverse ipotesi di livello di esposizione a radiazioni ionizzanti prodotte da eventuali rilasci di radioattività da parte di questi impianti. I risultati mostrano che solo in caso di rilasci consistenti di radioattività (100 volte i livelli massimi registrati in dati ufficiali) per tutto il periodo di funzionamento degli impianti, si avrebbe nei circa 30 anni di osservazione un numero di casi attesi (di mortalità per i 24 tumori per i quali le radiazioni ionizzanti hanno un ruolo eziologico), a seguito di tali rilasci, superiore a 1. Il Ministero della salute condivide la necessità che venga garantita da parte dell'ISS una comunicazione rigorosa, completa, comprensibile e trasparente, rivolta sia ai cittadini che alle Istituzioni, sulla problematica oggetto dello studio, e rappresenta che l'ISS intende programmare, in accordo con tutti i soggetti decisori coinvolti, un insieme di strumenti ed interventi coordinati dì comunicazione, relativi ai risultati del citato rapporto e alla metodologia adottata.
Tali azioni di comunicazione devono essere rivolte e aperte alla partecipazione di tutti gli "stakeholders", a partire dai cittadini dei Comuni interessati alla presenza degli impianti nucleari. Durante gli incontri inclusi in questo programma di comunicazione sarà anche possibile chiarire gli eventuali dubbi, come quelli sollevati da alcuni Enti locali, così come è stato fatto finora in tutti gli incontri già svolti su questo argomento e a cui l'Istituto Superiore di Sanità ha partecipato, quali le riunioni del Tavolo di coordinamento sulle attività di indagine epidemiologica nelle aree interessate dalla precedente generazione nucleare - istituito presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali - e le riunioni della Consulta dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani dei Comuni sede di servitù nucleari. Inoltre, fa presente che l'Istituto Superiore di Sanità è disponibile a proseguire le attività di monitoraggio sulla salute dei cittadini, anche al fine di tener conto della lunga latenza, anche didiversi decenni, dei tumori che possono essere indotti anche dalle radiazioni ionizzanti, e ad estendere lo studio anche ai Comuni limitrofi, come indicato nel rapporto stesso, coinvolgendo in tali attività anche le strutture sanitarie locali. A tale proposito, evidenzia che alcune di queste strutture sono state già coinvolte nella realizzazione del rapporto in questione.
Tali argomentazioni sono state condivise dal Ministero in occasione di un incontro tecnico in data 25 giugno 2015, concernente le iniziative di comunicazione consequenziali ai dati del rapporto. In tale riunione i rappresentanti dell'Istituto Superiore di Sanità hanno segnalato il forte interesse delle popolazioni interessate ad acquisire informazioni sulla questione, precisando che lo stesso Istituto si farà carico di sviluppare un programma condiviso di comunicazione, che contempli una serie di incontri".
Il senatore
Girotto si è dichiarato insoddisfatto, rilevando che il sottosegretario ha fornito risposta solo ad alcuni dei quesiti posti con l'atto di sindacato ispettivo, lasciando “inevasi quelli inerenti ai profili più spinosi”.
17 settembre 2015
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