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Riforma PA. Il piano Renzi sulle orme di Brunetta

di Luca Benci

I provvedimenti annunciati sembrano andare più nella direzione di misure tese al mantenimento del consenso che non alla “rivoluzione” della PA. Lo deduciamo dalla disomogeneità dei punti annunciati, dalla mancanza di una visione complessiva, dal mero rafforzamento di norme esistenti e inattuate

03 GIU - Il presidente del Consiglio e il ministro della Funzione Pubblica hanno pubblicato un comunicato stampa in data 30 aprile 2014 in cui si annuncia la volontà di una riforma che costituisca un “investimento straordinario sulla pubblica amministrazione”. A cinque anni di distanza dal “piano industriale” della pubblica amministrazione firmato dall’allora ministro Renato Brunetta – successivamente affossato dallo stesso governo con un serie di provvedimenti a volte giustificati dalla crisi economica e a volte no – un governo ci riprova.

Non si comprende bene se la riforma annunciata sia una riforma della “pubblica amministrazione” o se sia una riforma del “pubblico impiego”. Dai trenta punti elencati si propenderebbe per una più ampia riforma della pubblica amministrazione.

Il comunicato governativo prima sembra prendere le distanze dalla vulgata brunettiana sulla “lotta ai fannulloni”, salvo poi ricordare che “nel pubblico impiego ci siano anche i fannulloni è noto”.

Nel merito la riforma della pubblica amministrazione annunciata dal Governo Renzi si muoverà su tre linee guida:
1. Provvedimenti sul personale con provvedimenti sul ricambio generazionale;
2. Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione;
3. Rafforzamento della trasparenza, del diritto di accesso e della digitalizzazione.

Le linee guida richiedono provvedimenti concreti e il governo ne annuncia diversi. Citiamo quelli legati alla gestione del personale: abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio, modifica dell’istituto della mobilità, introduzione dell’esonero dal servizio, agevolazione del part time, possibilità di affidare mansioni assimilabili, ruolo unico della dirigenza.

Sul primo punto il ministro dell’Economia si è però premurato, in questi giorni, di fare sapere che è favorevole all’aumento dell’età pensionabile che ovviamente non si concilia con i provvedimenti di ricambio generazionale. Gli effetti della riforma Fornero si fanno immediatamente sentire salvo poi tentare di porre rimedio. Inoltre sarebbero previste misure della mobilità, la riforma della dirigenza, la misurazione dei risultati e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Alcuni di questi punti sono stati già affrontati e congelati dalla riforma Brunetta. Non è chiaro se si innesteranno su quel testo normativo, se ne costituiranno una integrazione o se scongeleranno quei provvedimenti.

Vi sono poi – li citiamo per dovere di completezza – una serie di provvedimenti legati all’accorpamento di enti, alla modifica del codice degli appalti pubblici, ai musei ecc.
Il 13 giugno il ministro Madia ha annunciato i primi provvedimenti. Non sembra quindi che ci sia una riforma complessiva come quella proposta da Brunetta per altro ampiamente inattuata. Il Governo presenterà una serie di provvedimenti in pieno stile normativo “manovre economiche” che hanno caratterizzato la produzione normativa degli ultimi anni con provvedimenti dove saranno presenti norme che modificheranno provvedimenti esistenti con i soliti problemi di armonizzazione con l’impianto normativo pre-esistente?

La pubblica amministrazione è una macchina complessa e non coincide – come talvolta spinge a credere la normativa di riferimento generale – con l’apparato statale che ne rappresenta una minima parte. Ricordiamo infatti che la metà di coloro che lavorano nella pubbliche amministrazioni sono impiegate nel settore dei servizi con particolare riferimento a scuola e sanità. I dipendenti “statali” sono una piccola minoranza rispetto a scuola e sanità. Quando però si parla di pubblico impiego sembra riferirsi sempre ai dipendenti ministeriali.

Le misure annunciate sono state spesso già modificate da provvedimenti normativi, altre contraddicono provvedimenti presi recentemente da altri governi – il riferimento è alla annunciata “agevolazione del part-time”, istituto che negli ultimi venti anni vede periodicamente provvedimenti a favore e provvedimenti contro, l’ultimo contenuto nel c.d, “collegato lavoro” che ne ha fortemente penalizzato l’operatività.

Quali ripercussioni ci potranno essere nell’organizzazione delle strutture del servizio sanitario nazionale non è ancora chiaro visto che i primi provvedimenti – la riforma era annunciata per aprile – arriveranno in questo mese.

In questa sede e allo stato delle conoscenze non possiamo che formulare un solo auspicio. L’azione di Brunetta era più incentrata nel tentativo – peraltro riuscito - di creare un consenso (personale del ministro) nei confronti della pubblica opinione che non a mettere in campo una reale attività riformatrice. Non sappiamo quali siano le reali intenzioni del governo Renzi: i provvedimenti annunciati però sembrano anche in questo caso andare più nella direzione di misure tese al mantenimento dello straordinario consenso avuto alle ultime elezioni europee che non all’annunciata “rivoluzione” della pubblica amministrazione. Lo deduciamo dalla disomogeneità dei punti annunciati, dalla mancanza di una visione complessiva, dal mero rafforzamento di norme esistenti e inattuate.

Siamo, ovviamente, pronti a essere smentiti sin dai primi provvedimenti di questo mese.

Luca Benci
Giurista Professioni sanitarie e Biodiritto


03 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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