Assistenza transfrontaliera. Dubbi sul decreto. Salta il voto in commissione Affari sociali
di Giovanni Rodriquez
Diverse le obiezioni sul Dlgs di recepimento della direttiva europea sollevate da Anna Miotto (Pd) e fatte proprie anche dai deputati del M5S. Nel testo, tra gli erogatori, non è presente il privato convenzionato. Poco chiaro anche l’art. 12 che salvaguarda l’obiezione di coscienza per i farmacisti, una normativa non presente in Italia
05 FEB - Rimandato a domani il voto in Commissione Affari Sociali sul
Dlgs di recepimento della direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera. Diverse le obiezioni sollevate oggi da
Anna Miotto (Pd) e fatte proprie anche dai deputati del M5S. Innanzitutto, ha fatto notare la deputata del Partito democratico. nella direttiva si parla di “assicurati”, un termine che potrebbe creare qualche problema data la diversa organizzazione del nostro Sistema sanitario nazionale. Per quanto poi riguarda gli erogatori, ha sottolineato Miotto, nel testo si parla di “persone fisiche e giuridiche pubbliche e private. Non vengono contemplate quelle private accreditate, una realtà che ha una presenza importante nel nostro Paese. Se non si fa attenzione si potrebbero avere ricadute di non poco conto sul nostro sistema di assistenza. Serve una norma di tutela per il Ssn”.
Un’altra obiezione è stata sollevata sull’art. 18, quello voluto dalle Regioni. Per Miotto la norma cedevole è “troppo generica, si parla di aspetti organizzativi che competono alle Regioni ma nel decreto questi aspetti organizzativi non sono presenti”. Per
Andrea Cecconi (M5S) l’art. 18 consegnerebbe un eccessivo potere decisionale alle singole Regioni e Asl. “Un cittadino dovrebbe chiedere il permesso alla propria Asl per potersi curare fuori e quest’ultima potrebbe riconoscergli il diritto solo se non è possibile garantirgli le stesse cure all’interno del territorio regionale o nazionale. Un’ ultima eccezione - ha spiegato Cecconi – potrebbe derivare da eventuali eccessivi tempi di attesa”.
Infine, risulta dubbia la scrittura dell’art. 12. In particolare il riferimento è al comma 3, quello riguardante l’obiezione di coscienza per i farmacisti. “La direttiva tende a salvaguardare la normativa degli Stati membri sulla materia - ha spiegato Miotto - ma in Italia una normativa sul tema non c’è”. Sulla stessa lunghezza d’onda Cecconi che reputa “poco chiara la salvaguardia di un’obiezione di coscienza per i farmacisti non prevista dalla legge italiana”.
Giovanni Rodriquez
05 febbraio 2014
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