Mentre fallisce il summit “Bossi/Fini” spunta una “terza via” per il federalismo
Il punto. La paralisi della politica continua. Ma i Palazzi sembrano non accorgersene. Ieri il Senato vara una “terza via” per il federalismo. Oggi le Regioni chiedono più soldi a Tremonti e smontano i costi standard del Governo. Ma il problema è che manca l’interlocutore primario: cioè il Governo.
11 NOV - L’attesa per il summit Bossi-Fini è finita. Tutti i cronisti politici, da destra a sinistra, sembrano per una volta unanimi nel sancire il fallimento dell’incontro. Adesso l’asticella dell’attesa si sposta a sabato prossimo, quando Silvio Berlusconi tornerà dal G20 di Seul. Ma se c’è una data, quella di sabato, non c’è alcuna certezza su cosa potrà accadere quel giorno. In realtà la crisi del Governo, e forse anche della legislatura, sembra prossima ma nessuno azzarda ipotesi certe.
In questo scenario dobbiamo collocare quanto accaduto ieri e oggi, prima alla Commissione Sanità del Senato, che ha approvato una risoluzione bipartisan sul federalismo e la governance della sanità. E poi, oggi, sul fronte regionale, con l’altolà delle Regioni al decreto su autonomia impositiva e costi standard del Governo, unito alla richiesta di più fondi per le casse locali.
Due iniziative apparentemente distanti ma in realtà emblematiche di quella sindrome bipolare, tra normalità e paralisi, della politica e delle istituzioni di cui abbiamo
parlato ieri su queste colonne.
Da una parte la risoluzione dei senatori appare provenire da un altro mondo. Dove Maggioranza e Opposizione dialogano e trovano accordi su materie che, in altre sedi, a partire da quella del confronto Governo-Regioni, non sembrano trovare spazi di confronto e dialogo vero.
Se ci dovessimo basare su quanto proposto con la loro risoluzione dai due estensori, il senatore Pd Cosentino e il collega del Pdl Calabrò, l’affaire federalismo potrebbe trovare una navigazione serena tra i marosi della legislatura e dello scontro che divide il Paese tra Nord e Sud, facendoci presagire una “terza via” per il federalismo, fino ad ora adombrata solo in qualche convegno di volenterosi.
Poi, leggendo bene tra le righe del documento, verrebbe anche da chiedersi come mai quell’unanimità di visioni, su come traghettare in pace e armonia il Bel Paese verso tante piccole repubbliche autonome, non abbia trovato mai riscontro nelle sedi decisionali. E cioè nel Governo e nelle Regioni che, oltre ad apparire incapaci al dialogo, presentano anche visioni sulla materia molto diverse da quelle che i senatori hanno invece messo nero su bianco. A partire dai costi standard e dal fabbisogno finanziario per la sanità.
Ma, al di là di queste opinabili valutazioni, mi sembra che il dato eclatante di tutta la vicenda sia l’ulteriore conferma di quanto abbiamo già scritto sul doppio film del momento politico che sta attraversando il Paese. Da un lato la paralisi oggettiva del Governo e della legislatura che, dopo il fallimento dell’incontro tra il leader leghista e l’ispiratore di Futuro e Libertà, si palesa ancor di più. E dall’altro, quello di pezzi delle istituzioni che comunque continuano a sfornare idee e proposte come se nulla fosse.
E’ vero. Finché la crisi non si manifesta istituzionalmente con la sfiducia al Governo o le dimissioni spontanee del premier, la vita dei Palazzi deve andare avanti. Ma è certo che, per chi nel Palazzo non vive, il tutto diventa sempre più grottesco.
Speriamo che, in un modo o nell’altro, se ne rendano conto anche i protagonisti di questa kermesse.
Cesare Fassari
11 novembre 2010
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