Arriva il testo 'bollinato' del decreto sulle liste d'attesa varato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri. E non mancano le sorprese. Rispetto alla bozza uscita dal CdM troviamo infatti due novità di rilievo sia sul superamento del tetto di spesa per il personale all'articolo 5 che riguardo la defiscalizzazione delle prestazioni aggiuntive all'articolo 7. Due misure che, come vedremo, sono in qualche modo legate tra loro.
Nella bozza di testo uscita dopo l'approvazione da parte di Palazzo Chigi all'articolo 5 si prevedeva il superamento dell'attuale tetto di spesa sul personale sanitario per passare ad un nuovo sistema basato sul fabbisogno a partire a decorrere dal 2025. In realtà, come vedevamo ieri, per rendere operativa questa misura sarà prima necessario approvare "uno o più decreti" del Ministero della Salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente Stato Regioni per adottare una nuova metodologia per la definizione del fabbisogno di personale degli enti del Ssn. Si prospettano quindi tempi lunghi che potrebbero far slittare l'effettiva entrata in vigore di questo nuovo meccanismo anche al 2026. Al contempo però, sempre scondo quanto prevedeva la bozza di testo precedente, "a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto" sulle liste d'attesa, ossia già dal prossimo agosto, sarebbero stati abrogati i commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 11 del Decreto Calabria.
Cosa prevedeva questa parte del Decreto Calabria? Veniva qui fissato il calcolo della retribuzione accessoria media pro capite al 31 dicembre 2018 (valore complessivo di tale retribuzione nell’anno 2018 ai sensi dell’articolo 23 del Decreto Madia, D. Lgs. 75/2017) diviso per il numero di Dirigenti Ruolo Sanitario dipendenti dell’Azienda al 31 dicembre 2018. Si prevedeva l'obbligo all’invarianza del valore di tale retribuzione accessoria media pro capite degli anni dal 2019 in poi rispetto al valore del 2018. E, infine, dal 2019 in poi, prevedeva possibilità di superamento fino al 10% del limite di spesa previsto dal Decreto Madia in caso di aumento del numero di dirigenti dipendenti (al netto delle cessazioni nello stesso anno) rispetto al numero di quelli dipendenti al 31 dicembre del 2018 (indicatore di riferimento); in tal caso il fondo retribuzione accessoria (costituito dal fondo per gli incarichi, fondo per particolari condizioni di lavoro e fondo di risultato) deve essere incrementato moltiplicando la retribuzione accessoria media pro capite del 2018 per il delta differenziale d’incremento fine di rispettare l’obbligo all’invarianza del valore di retribuzione accessoria media pro capite.
E cosa sarebbe accaduto abolendo già da agosto questa parte del decreto Calabria? Sarebbe innanzitutto tornato in vigore l’articolo 23 del Decreto Madia e, in particolare, il limite di spesa per il personale e quindi l'impossibilità di poter incrementare il fondo per la retribuzione accessoria in caso di in caso di aumento del numero di dirigenti dipendenti. A quel punto, l’aumento del numero di dirigenti dipendenti, nei casi più ottimistici per quanto riguarda la retribuzione accessoria, sarebbe gravato sul valore di tale fondo fermo al 2016 e quindi calcolato per un numero di dipendenti inferiore. In parole povere non sarebbe incrementato ma invece sarebbe autofinanziato dalla retribuzione accessoria già in essere, diminuendo pertanto il valore della retribuzione accessoria medi pro capite.
In sintesi, gli effetti economici positivi della defiscalizzazione della libera professione in favore dell’azienda, previsti dall'articolo 7 del decreto, sarebbero stati totalmente autofinanziati dai dirigenti del ruolo sanitario in un tempo medio di due anni e pertanto sarebbe stato annullato, in concreto, il benificio economico per la categoria. Nel nuovo testo, con relazione tecnica e illustrativa 'bollinate', si preservano invece gli effetti del Decreto Calabria fino alla piena operatività della nuova metodologia di calcolo del fabbisogno, salvando così la retribuzione accessoria dei medici.
Altra novità, come dicevamo, la si trova poi all'articolo 7. Qui in precedenza si prevedeva che, per tutto l'anno in corso, i compensi per le prestazioni aggiuntive erogate sarebbero stati assoggettati alle ritenute previste dall’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Ossia le aziende avrebbero continuato a tassarle al 43%, "salva la determinazione delle imposte sostitutive ivi previste da parte del contribuente nella dichiarazione dei redditi". Quindi sarebbe stato compito dei medici quello di conteggiare le prestazioni aggiuntive offerte e chiederne successivamente una tassazione agevolata al 15% in fase di dichiarazione dei redditi. Con la modifica che troviamo nel testo di oggi invece la tassazione agevolata al 15% sarà applicata "dal sostituto d’imposta con riferimento ai compensi erogati a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
Non trovando più copertura su quanto si sarebbe risparmiato dalla retribuzione accessoria dei medici, queste detrazioni sono ora finanziate tramite fondi del Ministero della Salute, del Ministero dell'Economia, riducendo di 25 milioni il fondo per i danneggiati da trasfusioni e vaccinazioni e, infine, riducendo le risorse per il perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale. Conseguentemente il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è ridotto di 160,3 milioni di euro per l’anno 2025, 165,9 milioni di euro per l’anno 2026 e 165,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027.
Giovanni Rodriquez