Interrogazioni/3. Decreto su Comitati etici rispetta quadro normativo vigente su fine vita
"Esso si limita a richiamare i compiti in tema di fine vita che detti comitati già svolgono alla luce della richiamata sentenza, al fine di contribuire, nelle more di un intervento normativo sistematico, ad una applicazione per quanto possibile uniforme degli importanti principi della stessa enucleati". Così il sottosegretario Costa rispondendo all'interrogazione di Bellucci (FdI).
04 MAR - "Lo schema di decreto ministeriale non innova, né aggiunge alcunché ispetto al quadro normativo ad oggi vigente così come delineato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019, che già attribuisce alle strutture del Servizio Sanitario Nazionale e ai Comitati etici una funzione immediatamente attivabile a fronte di eventuali richieste di suicidio medicalmente assistito. Esso si limita a richiamare i compiti in tema di fine vita che detti comitati già svolgono alla luce della richiamata sentenza, al fine di contribuire, nelle more di un intervento normativo sistematico, ad una applicazione per quanto possibile uniforme degli importanti principi della stessa enucleati".
Così il sottosegretario alla Salute,
Andrea Costa, rispondendo in Commissione Affari Sociali all'
interrogazione sul tema presentata da
Maria Teresa Bellucci (FdI).
Di seguito la risposta integrale del sottosegretario Costa:
"L'articolo 2 della legge 11 gennaio 2018, n. 3 prevede l'adozione di una serie di decreti attuativi per rendere operativa la nuova disciplina dei Comitati etici territoriali. In particolare, la citata norma al comma 7, dispone, tra l'altro, che con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sono individuati i comitati etici territoriali fino a un numero massimo di quaranta, tenendo conto dei criteri ivi indicati.
In attuazione della sopracitata disposizione, è stato predisposto uno schema di decreto ministeriale, attualmente ancora in fase di discussione presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano che, oltre a individuare i comitati etici territoriali, riprende i dettami espressi dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 242 del 2019, in relazione ai casi riguardanti richieste di suicidio medicalmente assistito.
Nella predetta sentenza si legge che «la verifica delle condizioni che rendono legittimo l'aiuto al suicidio deve restare affidata – in attesa della declinazione che potrà darne il legislatore – a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale»; da un ulteriore passaggio risulta che «la delicatezza del valore in gioco richiede, inoltre, l'intervento di un organo collegiale terzo, munito di adeguate competenze, il quale possa garantire la tutela delle situazioni di particolare vulnerabilità. Nelle more dell'intervento del legislatore tale compilo è affidato ai comitati etici territorialmente competenti».
Pertanto, lo schema di decreto attribuisce ai comitati etici, oltre alle competenze in materia di valutazione delle sperimentazioni cliniche, ai sensi dell'articolo 2, comma 10 della legge n. 3 del 2018, anche la specifica funzione consultiva ad essi demandata proprio dalla citata sentenza secondo cui «Tali comitati – quali organismi di consultazione e di riferimento per i problemi di natura etica che possano presentarsi nella pratica sanitaria – sono infatti investiti di finzioni consultive intese a garantire la tutela dei diritti e dei valori della persona…..». Nella sentenza si legge inoltre che «In assenza di ogni determinazione da parte del Parlamento, questa Corte non può ulteriormente esimersi dal pronunciare sul merito delle questioni, in guisa da rimuovere il vulnus costituzionale già riscontrato con l'ordinanza n. 207 del 2018».
Risulta pertanto evidente come la Corte Costituzionale abbia inteso intervenire, in maniera decisa, su una questione estremamente delicata quale è quella del fine vita, chiarendo in maniera inequivocabile che: siamo in presenza di un vuoto normativo; è auspicabile un intervento del legislatore atto a colmarlo; in assenza di una chiara presa di posizione del legislatore il SSN non può disinteressarsi delle richieste di suicidio medicalmente assistito; le strutture del SSN devono (e non possono) valutare le richieste di cui sopra e, sussistendone i presupposti, darvi seguito; i comitati etici territoriali devono (e non possono) pronunciarsi, per gli aspetti di competenza, sulle richieste di suicidio medicalmente assistito.
La lettura della sentenza rende dunque palese come la Corte Costituzionale abbia di fatto declinato un modus operandi, a normativa vigente, che consente di non eludere eventuali richieste di suicidio medicalmente assistito. In questo contesto, lo schema di decreto ministeriale non innova, né aggiunge alcunché rispetto al quadro normativo ad oggi vigente così come delineato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019, che già attribuisce alle strutture del Servizio Sanitario Nazionale e ai Comitati etici una funzione immediatamente attivabile a fronte di eventuali richieste di suicidio medicalmente assistito.
Esso si limita a richiamare i compiti in tema di fine vita che detti comitati già svolgono alla luce della richiamata sentenza, al fine di contribuire, nelle more di un intervento normativo sistematico, ad una applicazione per quanto possibile uniforme degli importanti principi della stessa enucleati.
Da ultimo, si osserva che il Ministero della salute è da sempre impegnato a garantire l'effettività del diritto alla terapia del dolore per i pazienti «terminali»: ricordo a tal proposito non solo la legge n. 38 del 2010 sulle cure palliative, ma anche e, più di recente, una importante disposizione approvata nel cosiddetto decreto sostegni bis (decreto-legge n. 73 del maggio 2021) che, in estrema sintesi, prevede che il Ministero della salute, previa istruttoria di AGENAS, effettua una ricognizione delle attività svolte dalle singole regioni e province autonome ed elabora un programma triennale per garantire la piena attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, al fine di assicurare, entro il 31 dicembre 2025, l'uniforme erogazione dei LEA in materia di cure palliative, fissando per ciascuna regione e provincia autonoma i relativi obiettivi. L'attuazione del predetto programma triennale costituisce per le Regioni adempimento ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del SSN. È previsto, inoltre, che entro il 30 giugno 2022, previa istruttoria dell'AGENAS, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF e previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, siano definite le tariffe nazionali massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni di cure palliative in ambito domiciliare e residenziale e in hospice, in coerenza con la programmazione economico-finanziaria del SSN".
Maria Teresa Bellucci (FdI), replicando, si dichiara non soddisfatta della risposta. In particolare, non condivide l'impostazione del Governo, che sembra prospettare il decreto ministeriale come uno strumento necessitato, d'immediata attuazione della sentenza della Corte costituzionale, laddove, all'opposto, il giudice costituzionale invoca l'intervento del Parlamento, chiamato a colmare il vuoto normativo e ad apprestare il migliore bilanciamento possibile degli interessi in gioco. Dichiarando di rappresentare molte realtà del settore, ritiene insostituibile il ruolo delle Camere, cui spetta operare una sintesi politica ampia, ponderata e condivisa, che non può essere messa da parte dall'ansia – a suo avviso, diffusa e da stigmatizzare – di tagliare per primi il «nastro» e di assicurare il prima possibile e a ogni costo l'accesso al suicidio assistito. Richiama piuttosto la necessità di lavorare con sollecitudine a una più compiuta applicazione della legge sulla terapia del dolore e le cure palliative.
04 marzo 2022
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