Marino (Pd): “Ancora troppe disparità nelle Regioni”
21 FEB - Nel primo secolo del terzo millennio è evidente che le patologie dell'apparato muscolo-scheletrico sono tra le più importanti della nostra società, perché colpiscono una porzione molto grande della popolazione sopra i 65 anni. Queste, rappresentando uno degli esempi più lampanti delle patologie croniche, gravano in maniera pesante sull'economia dell'assistenza sanitaria.
Un problema che secondo gli esperti va affrontato tempestivamente. “Anche perché la nostra società sta diventando sempre più vecchia – ha spiegato
Ignazio Marino, senatore Pd e presidente della Commissione Parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio Sanitario Nazionale – nel 2030 sarà molto aumentata la popolazione anziana rispetto a quella giovane. Bisogna dunque agire per tempo su quel tipo di patologie, come quelle di cui parliamo oggi, che presentano alti livelli di cronicità”.
Cosa dobbiamo fare allora? Migliorare ulteriormente il servizio, ma soprattutto far sì che questo sia di alto livello su tutto il territorio nazionale. Se una patologia muscolo-scheletrica o un trauma non vengono curati tempestivamente si alzano le probabilità che il paziente che li presenta non recuperi totalmente, e questo secondo il senatore è inaccettabile sia per il singolo cittadino che per la società, per via dei costi aggiuntivi che questo comporta sul Ssn.
Dunque bisogna migliorare ulteriormente, in vari campi. “Abbiamo quattro obiettivi, quattro parole chiave”, ha spiegato Marino. “Innanizitutto bisogna curare equità e appropriatezza del nostro intervento sanitario, ovvero ad ogni paziente deve essere offerta assistenza, ma ad ognuno deve essere offerta la prestazione specifica riguardo la sua condizione”, ha spiegato. “In più bisogna prestare attenzione alla qualità dei servizi, terza parola chiave, ma anche evitare sprechi, ovvero garantire l'efficienza nell'uso delle risorse”, ha spiegato Marino.
“Ci sono regioni come la Valle d'Aosta o la regione autonoma di Bolzano in cui un paziente entra in sala operatoria tra le 6 e le 8 ore dopo una rottura del femore, in altre zone, come in Basilicata, questi interventi non vengono di media fatti prima di tre giorni dal trauma. Nel Lazio circa l'80% di questi pazienti non viene operato prima di 6 giorni”. Dei numeri che devono far riflettere. “Analizzare questi dati ci può spiegare come migliorare le prestazioni, come spendere i nostri soldi, dove migliorare il servizio. In modo che si possa arrivare veramente a raggiungere tutti i quattro obiettivi”.
Laura Berardi
21 febbraio 2012
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