Foschi (Sicob): “Con il Covid circa il 30% di interventi di chirurgia bariatrica in meno”
21 DIC - “Fino a poco prima dell’emergenza Coronavirus, ogni anno si eseguivano in Italia circa 25mila interventi di chirurgia bariatrica a fronte di 250mila richieste. Gli italiani in sovrappeso infatti sono 25 milioni e i portatori di obesità almeno 6 milioni, un dato in crescita costante. Ma, dall’inizio della pandemia, gli interventi sono calati in media del 28%-30%, con punte del 50% in alcuni casi. Pertanto, in attesa della piena ripresa dell’attività chirurgica, occorre strutturare e rafforzare percorsi complementari che sostengano il paziente bariatrico”.
Così
Diego Foschi, Presidente della Sicob, Società italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle Malattie Metaboliche al XXVIII Congresso Nazionale che quest’anno si svolge in versione digitale il 21 e il 22 dicembre.
Da un censimento effettuato presso 48 Centri Sicob su 74 è emerso che nel 2020 gli interventi sono stati 4727 con una riduzione di 2.286 rispetto al 2019 ( pari al 28%), con un tasso di positività al Covid bassissimo (0.38%) e un tasso di complicanze dell’1.2%. Ciò nonostante, gli interventi continuano a diminuire, sottolinea una nota della Sicob, perché in questo momento di emergenza l’organizzazione sanitaria non può garantire l’assistenza chirurgica ai pazienti bariatrici: “Se consideriamo, però, che secondo il Ministero della Salute il 44% dei casi di diabete tipo 2, il 23% dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 41% di alcuni tumori sono attribuibili all’obesità e al sovrappeso, emerge con chiarezza che, se si combatte o si previene l’obesità, automaticamente si favorisce la prevenzione di altre patologie gravi e spesso letali”.
Inoltre, la cronaca e gli studi condotti in tutto il mondo rilevano che i soggetti con obesità sono ricoverati per Covid molto più dei pazienti “normopeso”: essere obesi, prosegue la nota, comporta un significativo aumento del rischio di ammalarsi di Covid-19 in forma grave: “Questo fatto è ormai universalmente accettato, tanto che l’algoritmo di calcolo del rischio covid elaborato e pubblicato sul British Medical Journal dal gruppo di lavoro inglese coordinato dall’Università di Oxford include il BMI (Body Mass Index, indice di massa corporea) come variabile direttamente correlata: più alto il BMI, più alto il rischio Covid”.
“Alla luce di tutte queste evidenze – afferma Foschi – lottare contro l’obesità e prevenirne le conseguenze più gravi diventa non solo un dovere ma un obbligo morale. Per questo noi chirurghi siamo impegnati a combattere lo stigma fortemente radicato nei confronti dei pazienti con obesità, perché si eliminino i pregiudizi che portano a colpevolizzarli e, purtroppo, in alcuni casi a curarli solo quando già sono sopravvenute le complicanze. Questo, a nostro avviso, è un evidente corto circuito irrisolto del Ssn che, ritardando le terapie verso i pazienti bariatrici, va esso stesso incontro a costi di gestione molto più impattanti. Infatti una cosa è intervenire sul paziente che non abbia ancora sviluppato le comorbidità associate all’obesità, altro è ricoverarlo in condizioni aggravate che, agendo prima, potevano essere sicuramente evitate”.
21 dicembre 2020
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