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Assistenza agli anziani. A Trieste cresce ruolo infermieri

02 AGO - Gentile Direttore,
quasi 1 triestino su 3, il 28,3%, ha più di 65 anni: com’è ormai ben noto, Trieste è una delle città europee con la più alta percentuale di anzianità della popolazione. I servizi sociosanitari della città, però, assicurano risposte tempestive per garantire alle persone che abbisognano di assistenza la possibilità di riceverla a domicilio: basti pensare che la presa in carico dal punto di vista infermieristico viene fatta entra 12-24 ore dalla segnalazione, e non c’è alcuna lista di attesa. Nonostante questa costante attenzione, negli anni sono proliferate in città molte strutture private polifunzionali che ospitano anziani con grosse compromissioni fisiche e soprattutto cognitive.
 
Ad oggi queste strutture, nate per ospitare persone con basso bisogno sanitario e alto bisogno tutelare, si sono in realtà trasformate, dal punto di vista dei bisogni clinico-assistenziali, in vere e proprie case di riposo: ma senza che sia prevista la presenza, programmata o continuativa, di personale infermieristico che garantisca l’erogazione di prestazioni di livello – appunto – infermieristiche: cure che non possono essere affidate ad altre professionalità, sprovviste di una sufficiente formazione clinica, e che solo in parte vengono sopperite con l’attivazione degli infermieri domiciliari distrettuali.
 
Già alla precedente Giunta Regionale, il Coordinamento Regionale Ipasvi del Fvg aveva chiesto una riforma complessiva dell’intero sistema, affinchè anche queste strutture private entrassero a far parte della rete assistenziale regionale, seguendo però linee guida, standard e indicatori quanti-qualitativi, sia dal punto di vista organizzativo sia dal punto di vista gestionale, e raccomandando la presenza di un infermiere di riferimento soprattutto per la gestione della politerapia, sino ad ora lasciata in mano a personale con formazione generica o di tipo tecnico.
 
All’insediamento della nuova Giunta, il Coordinamento Regionale Ipasvi del Fvg ha richiesto un incontro con il neo Assessore alla Salute, integrazione socio-sanitaria, politiche sociali e famiglia (vedi documento sulla pagina www.ipasvitrieste.it), ma questa volta le cose sono andate meglio: tanto che si è iniziato a lavorare per una riforma organica della materia che sta sfociando nell’accreditamento delle strutture (a partire dal 2018), realizzando dunque quanto era stato richiesto con forza dal Coordinamento Regionale Ipasvi del Fvg.

Il nuovo regolamento, oltre a prevedere la presenza degli infermieri, ha anche aumentato il rapporto orario di assistenza infermieristica, suddividendolo in tre fasce in base alla complessità assistenziale degli ospiti. Anche per questo Ipasvi, aveva chiesto un incremento dei minuti d’assistenza rispetto al primo regolamento di riclassificazione delle strutture, che era tarato a ribasso. Ipasvi, dal canto suo, ha come finalità primaria proprio la tutela del cittadino e del suo diritto, sancito dalla Costituzione, di ricevere prestazioni sanitarie da personale abilitato.
 
Questo nuovo modello dovrebbe finalmente rispondere in modo adeguato ai bisogni e ai diritti sanitari delle persone che, per scelta o per difficoltà di gestione familiare, scelgono di trasferirsi in queste strutture. Lo stesso ragionamento, in modo graduale, andrà applicato anche al sistema della residenzialità e semiresidenzialità per le persone con disabilità: tanto che alcune Aziende stanno già regolamentando con propri protocolli e procedure la gestione del farmaco e della sua somministrazione. Non si tratta di “infermierizzare” i contesti, bensì di garantire la giusta assistenza sanitaria a persone fragili che non sono in grado di autogestirsi, laddove spesso queste attività vengono completamente demandate alle famiglie anche attraverso un incremento dell’out of pocket.
 
Flavio Paoletti
Presidente del Collegio Ipasvi di Trieste


02 agosto 2017
© Riproduzione riservata

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