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Autismo: miglioramenti significativi con il trattamento full immersion


È questo il primo bilancio dell'attività di “Una breccia nel muro”, Centro di trattamento precoce e full immersion dell'autismo del Bambino Gesù, tracciato questa mattina in Campidoglio nel corso di un convegno dal titolo “Bambini e autismo: quale trattamento?”. Il percorso di cura nel suo primo anno di applicazione ha registrato il 100% di efficacia.

29 MAR - “Mamma”. Statisticamente è la prima parola che si pronuncia, ma se a dirla è un bimbo autistico allora il suo valore è davvero inestimabile. Perché i bambini affetti da autismo - uno su 150, soprattutto maschi - hanno difficoltà di relazione, non riescono a comunicare. Il loro mondo emotivo non si intreccia con quello di chi gli sta intorno, nemmeno con quello di mamma e papà. E allora, arrivare a dire “mamma” è una conquista enorme. Significa aprire una breccia nel muro dietro il quale si cela tutta la loro ricchezza.
Traguardi così significativi sono raggiunti e documentati da “Una breccia nel muro”, il primo Centro italiano per il trattamento precoce e full immersion dell’autismo nato, a Roma, dalla collaborazione tra l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e la Fondazione Roma Solidale e i cui risultati sono stati presentati questa mattina nel corso di un convegno dal titolo “Bambini e autismo: quale trattamento?” promosso in Campidoglio, nell’ambito delle iniziative per la Giornata mondiale sull’autismo, per discutere sull’importanza della tempestività della diagnosi, delle terapie e della loro validità scientifica
Presso il Centro si segue un percorso terapeutico unico e innovativo: diagnosi precoce, formazione dei genitori alla costante applicazione del metodo per interagire nella maniera più idonea con i propri figli e per affrontare anche tra le pareti domestiche le complesse dinamiche che lo spettro autistico porta con sé, lavoro intensivo di operatori esperti con i bambini per oltre 9 ore al giorno.
Il trattamento full immersion, nel suo primo anno di applicazione su 42 bambini di età compresa tra i 18 mesi e i 6 anni, ha registrato il 100% di efficacia: in tutti i bimbi, anche in situazioni di estrema gravità, è stato infatti rilevato un tangibile miglioramento della capacità di comunicare e di socializzare, di articolare il linguaggio, di reagire agli stimoli esterni.
“L’esperienza di Una breccia nel muro ci incoraggia ancor di più a proseguire nel ricorso a trattamenti i cui risultati abbiano solide evidenze scientifiche – ha dichiarato Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù -, allertando al contempo i genitori di bimbi con autismo a diffidare di terapie non validate, spesso inefficaci, se non dannose, e inutilmente costose”.
 
La ricerca sull’autismo – disturbo che nel mondo coinvolge circa 67 milioni di persone, più di quante ne colpiscano i tumori, il diabete e l’Aids messi insieme -  si sta infatti muovendo nella direzione di una sempre maggiore individualizzazione dei trattamenti. Vale a dire: a ciascun bambino la sua terapia, per arrivare a rompere la barriera dell’incomunicabilità.

29 marzo 2011
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