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Polizia penitenziaria. Malati di mente e tossicodipendenti non dovrebbero stare in carcere


E’ la principale richiesta formulata ieri dai rappresentanti del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria incontrando il sottosegretario Giovanardi. Per loro e per i detenuti affetti da disturbi mentali andrebbe previsto un circuito penitenziario differenziato. Un problema che tocca più di un 1 detenuto su 3. Il tutto quando l'80% dei carcerati denuncia comunque un cattivo stato di salute.

02 DIC - Una delegazione del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) ha incontrato ieri a Palazzo Chigi il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Carlo Giovanardi, al quale - informa una nota del sindacato - sono state rappresentate le pesanti criticità che le donne e gli uomini della penitenziaria sono costretti quotidianamente ad affrontare a seguito del grave sovraffollamento delle carceri italiane. E’ stato in particolare posto in evidenza l’elevato numero di detenuti con problemi di tossicodipendenza e di salute.
 
“Secondo i dati recentemente diffusi  - si legge sempre nella nota - è emerso che l'80% dei circa 70 mila detenuti oggi in carcere ha problemi di salute, più o meno gravi. Il 38% versa in condizioni mediocri, il 37% in condizioni scadenti, il 4% ha problemi di salute gravi e solo il 20% è sano. Un detenuto su tre è tossicodipendente. Del 30% dei detenuti che si è sottoposto al test Hiv, il 4% e' risultato positivo. E ancora, il 16% soffre di depressione o altri disturbi psichici, il 15% ha problemi di masticazione, il 13% soffre di malattie osteoarticolari, l'11% di malattie epatiche, il 9% di disturbi gastrointestinali. Circa il 7% è infine portatore di malattie infettive. Il dato importante da considerare  - conclude la nota del Sappe -  è che i detenuti affetti da tossicodipendenza o malattie mentali, come ogni altro malato limitato nella propria libertà, sconta una doppia pena: quella imposta dalle sbarre del carcere e quella di dover affrontare la dipendenza dalle droghe o il disagio psichico in una condizione di disagio, spesso senza cure adeguate e senza il sostegno della famiglia o di una persona amica. Forse è il caso di ripensare il carcere proprio prevedendo un circuito penitenziario differenziato per queste tipologie di detenuti”.

02 dicembre 2010
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