Il bullismo ferisce. A Milano si discute come trasformare l’aggressività in energia positiva
Su questo obiettivo si sono confrontati oggi, a Milano, medici, educatori, pedagogisti, forze dell’ordine e istituzioni. Allo studio le metodologie per trasformare il potenziale bullo in un leader positivo, contrastando un fenomeno in continua crescita e che oggi sfrutta la comunicazione “globale” (posta elettronica, blog, sms…) per mortificare e minacciare l'altro, esponendo la sua debolezza al numero più largo possibile di pubblico.
02 DIC - È possibile portare un bullo a diventare un leader positivo? È sicuramente essenziale provarci. Perché il bullismo non è solo un allarme mediatico, ma un fenomeno concreto con una diffusione preoccupante che ha caratteristiche sociologiche, familiari e sanitarie. I dati del Censis del 2007 parlano di un fenomeno presente nel 49,9% delle classi italiane. Un fenomeno che sulla vittima non ha solo conseguenze immediate, derivanti dalle aggressioni fisiche subìte, ma comprendono anche alterazioni dell’equilibrio psicofisico che possono diventare croniche e irreversibili, anche al venir meno della condotta persecutoria che le ha determinate e che sono potenzialmente di estrema gravità e di significativo impatto non solo a livello individuale, ma anche sociale e sul sistema sanitario per l’aggravio di costi che ne derivano.
Sulla base di queste considerazioni la Provincia di Milano, in collaborazione con l’Ospedale Fatebenefratelli, la Commissione Nazionale per la Prevenzione del Disagio e del Bulllismo e altre istituzioni nazionali e territoriali, hanno promosso oggi l’incontro “Da bullo a leader positivo”, un incontro multi professionale a cui hanno partecipato, tra gli altri, Guido Podestà, presidente Provincia di Milnao; Luigi Corradini, direttore generale del Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano; Camillo De Milato, generale di Brigata Comandante Militare Esercito Lombardia; Luca Bernardo, direttore del Dipartimento Materno-Infantile A. O. Fatebenefratelli e Oftalmico Milano e presidente Commissione Nazionale per la Prevenzione del Disagio e del Bulllismo.
“Noi tutti dobbiamo dare una risposta concreta, approfondita e professionale a questo problema, e affrontare un fenomeno che va fermato – ha affermato Luca Bernardo –, per questo ritengo fondamentale un progetto di integrazione funzionale tra la scuola, che ha il compito di formare, i medici, che hanno la responsabilità di curare, le forze dell’ordine e la magistratura, che devono osservare, legiferare e imporre rispetto e le famiglie, che hanno il compito di educare e confrontarsi”.
Per “bullismo”, spiegano gli esperti, non si intendono occasionali azioni negative fatte per scherzo, ma una sequenza di azioni caratterizzate da intenzionalità (desiderio di ferire) di oppressione nella vittima. L’aggressione può essere perpetrata con modalità differenti, fisiche o verbali di tipo diretto, o con modalità di tipo psicologico e indiretto, quali la stigmatizzazione e l’esclusione dal gruppo dei pari. Le ricerche dimostrano che l’aver subito episodi di bullismo rappresenta un evento di vita stressante che può influenzare significativamente lo sviluppo nell’infanzia e nell’adolescenza e condizionare negativamente la salute mentale anche in età adulta. Le vittime del bullismo possono presentare conseguenze sul piano sociale (insicurezza, scarsa autostima, scarsa motivazione all’autonomia, dipendenza dall’adulto, ritiro sociale), una significativa compromissione del funzionamento scolastico (disturbi di apprendimento e cali di rendimento, determinati da difficoltà di concentrazione, ridotta motivazione e disinvestimento nei processi di apprendimento) e anche disturbi psichiatrici (disturbi d’ansia, disturbi dell’umore con aumentato rischio di suicidio). Risulta, quindi, di fondamentale importanza attuare programmi di prevenzione e di intervento sulle vittime e le loro famiglie, specifici e mirati, finalizzati alla promozione dell’autostima e delle competenze relazionali e sociali.
Alla giornata di lavoro si è inoltre sottolineato come anche il bullismo al femminile è ormai una realtà nota, in costante crescita, tanto che, secondo le statistiche, un bullo su 6 è donna. Quello femminile è un bullismo sottile, subdolo, intellettualizzato, psicologico. Un’aggressività, hanno detto gli esperti, il più delle volte non fisica, ma sottile e dolorosa. Che mette in atto nei confronti dell' "esclusa" un vero e proprio comportamento persecutorio fatto di pettegolezzi e falsità infondate, creando intorno a lei la solitudine.
In questa forma di bullismo, sta prendendo sempre più piede il "Cyber bullying" ("bullismo elettronico" o "bullismo in internet"), che indica l'utilizzo di informazioni elettroniche e dispositivi di comunicazione come ad esempio la posta elettronica, la messaggistica istantanea, i blog, i messaggi di testo quali SMS, i telefoni cellulari, MMS ecc. o l'uso di siti web con contenuti diffamatori, per effettuare azioni di bullismo, o molestare in qualche modo una persona o un gruppo, attraverso attacchi personali o con altre modalità; può anche costituire un crimine informatico.
I dati EURISPES 2009 segnalano che la percentuale degli adolescenti che dichiarano di aver “ricevuto messaggi, foto o video offensivi o minacciosi”, qualche volta/spesso, aumenta dal 3% del 2008, al 5,6% del 2009.
Il Cyberbullismo, hanno spiegato gli esperti all’incontro, consente al bullo di “diventare un eroe multimediale”. La spettacolarizzazione e la circolazione massima sono assicurate. La vittima, non rimane vittima una sola volta, ma diventa la vittima catturata dall’infinito spazio virtuale; e l’immagine (fotografia, film, ecc.) che riprende la violenza subita (verbale, fisica) viene immortalata e resa intangibile nello spazio virtuale.
Se il bullo diventa ‘globale’ anche la vittima diventa ‘globale’. Questo – hanno sottolineato gli esperti -ciò comporta che il suo disagio e malessere aumentino in modo esponenziale: il silenzio, l’esclusione, il senso di impotenza, la mortificazione, la vergogna, il timore del giudizio degli altri, che connota ogni vittima di bullismo, diventano spesso insostenibili quando si è alla mercé di un atto di cyberbulling.
“Solo attraverso la condivisione di esperienze forti e la possibilità di mettersi in gioco, i ragazzi possono crescere in modo responsabile perché messi nelle condizioni di non farsi dominare dall’impeto emotivo, tipico dell’adolescenza – ha dichiarato il presidente Podestà -. È per favorire questo tipo di educazione che la Provincia di Milano ha avviato molte iniziative di formazione nelle scuole volte a rafforzare l’autostima dei singoli ragazzi e a creare dinamiche di gruppo positive capaci di trasformare il potenziale bullo in persona sensibile”.
02 dicembre 2010
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