Giornata Mondiale Aids. Obiettivo? Zero contagi, zero decessi, zero discriminazione
di Laura Berardi
“Goal ambiziosi” li definiscono gli esperti, ma secondo Unaids e Oms, che patrocinano l’iniziativa, anche obiettivi raggiungibili. Per i primi due, spiegano, è necessario implementare una strategia efficace per l’accesso ai farmaci. Per l’ultimo, invece, bisogna lavorare più a fondo
01 DIC - Target: Zero. Da qualche anno ormai, da quando i risultati ottenuti a livello globale hanno dimostrato fosse possibile, l’obiettivo primario è raggiungere lo “zero”: zero nuove infezioni da Hiv, zero morti per malattie legati all’Aids, zero discriminazione. E questo, in effetti è anche il tema della Giornata Mondiale 2012 per la lotta all’Aids che si celebra come ogni anno il 1 dicembre, lanciata da Unaids e dall’organizzazione indipendente World Aids Campaign e sostenuta dall’Oms. “Data la diffusione della malattia, ad oggi gli obiettivi potrebbero sembrare ambiziosi – si legge sul sito che lancia la Giornata – ma grandi cambiamenti sono già in corso”.
Secondo l’ultimo Report Unaids, nel 2011 sono state 2,5 milioni le persone contagiate, e 1,7 milioni i decessi. Numeri enormi, ma che sono sensibilmente più bassi rispetto al passato: 700 mila in meno ogni anni i nuovi contagi rispetto a dieci anni fa, 600 mila morti in meno rispetto al 2005.
I progressi fatti finora sono sicuramente merito della distribuzione di farmaci antiretrovirali, che riducono il livello di virus nel sangue, tenendo così sotto controllo sia i sintomi che la possibilità di trasmissione dell’Hiv. Per via dei risultati che questi medicinali riescono ad ottenere, anche in termini di prevenzione, l’obiettivo fissato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2011 è quello di raggiungere almeno 15 milioni di sieropositivi – quasi la metà dei 34 milioni di persone che convivono con Hiv/Aids nel mondo – con questi farmaci.
“Un obiettivo possibile solo se si riesce a mantenere lo stesso impegno che abbiamo avuto finora, anche in termini economici”, fa sapere l’Oms tramite le parole del direttore del dipartimento Hiv,
Gottfried Hirnschall. “Molte nazioni stanno cercando di far fronte alle conseguenze della crisi, e comunque – allo stesso tempo – stanno tentando di aumentare l’accesso ai farmaci antiretrovirali. Nonostante tutto il target sembra oggi più vicino di sempre”. Sebbene oggi siano ancora ‘solo’ 8 milioni di persone sieropositive nei paesi a basso e medio Pil ad avere accesso ai medicinali, dal 2003 sono aumentate di addirittura 20 volte, e solo tra il 2010 e il 2011 l’accesso agli antiretrovirali ha subito un boom del 63% a livello mondiale.
Tuttavia, la strada da fare è ancora tanta. In quasi tutte le regioni del mondo ci sono ancora gruppi di persone che non hanno accesso a prevenzione o trattamento. I bambini, ad esempio, sono tra le categorie meno tutelate: solo il 28% dei pazienti più piccoli che avrebbe bisogno di antiretrovirali riesce ad ottenerli. Il motivo? Da una parte fattori geografici che rendono la distribuzione più complicata. Dall’altra – ancora – lo stigma sociale e le difficoltà legali che sono ancora presenti in molti paesi, e che precludono un’efficace diffusione delle cure. In questo senso le ragazze adolescenti, i e le sex workers, gli uomini che hanno rapporti con altri uomini (a prescindere dal loro orientamento sessuale) e chi fa uso di droghe sono tuttora i gruppi meno tutelati e maggiormente marginalizzati. E dunque più vulnerabili.
Infine, ancora diversa è la questione che riguarda i e le migranti: queste persone infatti spesso non hanno la possibilità di usufruire dei sistemi sanitari nei paesi ospite, e dunque non hanno accesso ai servizi, compreso quello della terapia antiretrovirale.
Ad oggi, dunque, una delle priorità dell’Oms è sicuramente quella di aiutare il maggior numero di nazioni possibile ad arrivare alla copertura universale per i farmaci, per esempio migliorando i metodi di distribuzione nelle diverse aree geografiche, aumentando le possibilità diagnostiche, incoraggiando i professionisti a lavorare anche nelle zone più remote o rurali. Ma non solo. Altro grande tema è – come già detto – quello della lotta alla discriminazione e allo stigma, per sconfiggere i quali l’impegno deve essere forse ancora maggiore che per la diffusione strategica degli antiretrovirali.
Infine, l’importantissimo tema della prevenzione. Oltre alle campagne di consapevolezza e sull’uso dei preservativi, anche qui gli antiretrovirali giocano un ruolo cruciale. Una ricerca dell’anno scorso ha infatti dimostrato che questi farmaci sono in grado non solo di tenere sotto controllo i sintomi, ma anche di prevenire il contagio tra partner e da madre a figlio/a.
Per questo, nelle nuove Linee guida sul trattamento dell’Hiv, l’Oms raccomanda l’uso dei medicinali anche come metodo di prevenzione, ricordando che “quasi la metà di tutte le persone sieropositive è in una relazione stabile con pazienti sieronegativi” e per questo indicando anche ai partner non infetti di assumere antiretrovirali.
Alcune nazioni stanno invece anche valutando l’ipotesi di iniziare il trattamento per le donne sieropositive incinte ancor prima di quanto non avvenga ora, e di offrirgli in seguito la terapia gratuita a vita.
Ad oggi l’Oms sta comunque già lavorando alle nuove Linee guida, ancor più complete, che verranno pubblicate probabilmente entro metà 2013.
01 dicembre 2012
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