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Il problema dei costi. Filipponi (SISQT): “Per risolverlo bisogna riorganizzare l’assistenza”


11 MAG - È della fine dello scorso anno la manovra che ha tagliato per oltre 3 milioni di euro, circa il 70%, i fondi destinati alle regioni  per la rete dei trapianti. Il sistema dei trapianti è un apparato piuttosto complesso, e  fatto di diversi step, che deve saper conciliare qualità e sicurezza con dei costi non eccessivi, in modo che sia tutelato sia il paziente che il sistema sanitario. Ma è possibile che questo accada? Alla domanda ha risposto Franco Filipponi , Presidente SISQT, Ordinario di Chirurgia Generale dell'Università di Pisa, Direttore della UOC di Chirurgia Epatica e dei Trapianti di Fegato della AOU Pisana.
 
“Il trapianto è un terapia salva vita che permette la sopravvivenza di tante persone”,ha spiegato Filipponi. “Questo è un valore in sé per sé ed è chiaro che lo Stato non possa ridurre il beneficio trapiantologico ad un semplice calcolo. Tuttavia non possiamo sottovalutare le difficoltà economiche che tutti i paesi stanno affrontando e che ci obbligano, a fronte di  una carenza di risorse, a ridisegnare le attività di donazione e trapianto affrontando ora più che mai il problema della sostenibilità”. Per fare questo ragionamento, il trapianto di fegato, ad esempio, è una cartina tornasole perfetta per la valutazione dei costi in ambito trapiantologico: inserendo tempestivamente in lista d’attesa i pazienti, si possono abbassare i costi medi –calcolati sui 5 anni post trapianto – da 228.434 euro a 169.541 euro. Il rapporto gravità-costo è chiaramente applicabile a qualsiasi tipo di trapianto, ma per il trapianto di fegato la questione è molto più rilevante in quanto le patologie che compromettono la funzione dell’organo, in particolare l’epatite C, sembrano destinate ad aumentare con un picco previsto intorno al 2020.
Dunque ottimizzare il sistema può portare benefici, in un apparato che ha visto lievitare i suoi costi negli ultimi anni. “I progressi tecnici conseguiti e l’introduzione di nuove terapie farmacologiche hanno prodotto un tangibile miglioramento dei risultati delle attività di trapianto, ma hanno fatto anche lievitare gli oneri economici per la nostra società”, ha continuato il presidente SISQT. “Da tempo, quindi, l’individuazione dei costi, la definizione di modelli per il loro calcolo, la valutazione delle ricadute socio-economiche sono diventati temi di grande importanza per la razionalizzazione del sistema trapiantologico. Per questo motivo è necessario ponderare con attenzione le scelte da intraprendere per stabilire se il modo con cui stiamo lavorando oggi non comprometterà la capacità delle generazioni future di continuare a fare trapianti”.
 
Malgrado i tagli, i fondi rimasti continuano ad essere destinati alla sicurezza degli interventi.“Occuparsi della sicurezza è fondamentale perché significa definire le regole per garantire l’affidabilità del sistema, possibilmente anche in un’ottica di contenimento dei costi diretti e indiretti”, ha spiegato Filipponi. “Per ottenere questo tuttavia è necessario mettere in atto dei nuovi processi per riorganizzare l’assistenza al paziente, in modo che essa sia precoce, tempestiva e permanente ed abbia quindi un impatto ridotto sul consumo delle risorse disponibili. In poche parole si tratta di portare al trapianto pazienti possibilmente in buon compenso, prima cioè che siano sottoposti al degrado fisico e al trauma psicologico che ne deriva dai casi troppo tardivi”. Concludendo poi: “Il secondo passo, non meno complesso, che si dovrà compiere è la ristrutturazione della stessa rete di assistenza sanitaria, con un più efficace coordinamento tra servizi primari (es. medici di medicina generale) e strutture di alta specialità, tra il territorio e l’ospedale, per assicurare al paziente il  percorso più veloce di proposizione al trapianto, quindi il ‘tempo giusto’ per la messa in lista di attesa”.
 

11 maggio 2012
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