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Aima: “Riqualificare le Rsa per dare assistenza a misura di persona. Ecco il nostro modello di attività”

Maria ha 45 anni e vive a Brusciano, scopre di avere il morbo di Alzheimer, come suo padre e il nonno, perdendosi alla guida della sua auto. Il calvario delle visite, poi la diagnosi e l’umiliazione della visita legale per l’accompagnamento negato dal distretto. Perde la parole e vede male. Con la riabilitazione assicurata dall’Aima riacquista la funzione verbale

11 LUG - Maria ha 45 anni, è una giovane e bella mamma di due ragazzi di 19 e 25 anni. Sposata con Stefano vive a Brusciano in provincia di Napoli. Circa un anno fa, mentre è alla guida della sua auto per recarsi al lavoro (era impiegata alla Fiat) si ferma all’improvviso perché non ricorda più da dove viene e dove sta andando. Spaventata chiama il marito che corre in suo aiuto. Da quel giorno è iniziato il suo calvario tra accertamenti, valutazioni cliniche e ricerca di cure adeguate. Che però non ci sono: la terribile diagnosi, confermata presso la Neurologia del Ruggi di Salerno, è un tunnel senza via di uscita. Morbo di Alzheimer, il ladro di memoria che Maria conosce bene per avere avuto il nonno e il papà ammalati. Al Ruggi, per questo, si sta sottoponendo a un’indagine specifica con approfondimento genetico. Sia per decifrare la familiarità del morbo, sia per capire l’origine di un esordio così precoce della malattia.
 
Nel frattempo Maria ha perso il lavoro e vive ogni giorno con la paura di dover attraversare tutte le fasi che ha già vissuto accanto al genitore, ma soprattutto nella paura di non riconoscere più i suoi figli e il compagno della sua vita. La malattia l’ha colpita per ora soprattutto nel linguaggio (è infatti esordita con una afasia ora in parte regredita) e nella vista (vede male e in maniera distorta. Per questo sta redigendo il suo testamento biologico.
 
L’inaugurazione della Casa Alzheimer a Bacoli. Maria ha partecipato all’inaugurazione della nuova Casa Alzheimer a Bacoli. Gestita dall’Aima, l’associazione dei malati è una struttura donata dal Pio Monte della Misericordia all’Aima Campania, a cui Maria si è rivolta e in cui è stata accolta. Un’associazione che in oltre 20 anni di attività ha messo a punto un modello di terapia basato sull’accoglienza e su un intervento occupazionale e riabilitativo integrato. Un approccio che, in alternativa o insieme ai farmaci, si è rivelato capace di potenziare al massimo e conservare il più a lungo possibile le capacità cognitive residue dell’individuo, per affrontare le numerose, progressive e complesse fasi degenerative correlate alla malattia d’Alzheimer o ad altri tipi di demenza. “Le strutture oggi esistenti per questi malati – avverte in proposito Caterina Musella, presidente di Aima Campania – sono poche, ma soprattutto inadeguate. Non auguro a nessun paziente di finire ricoverato in strutture asettiche, vuote, fredde, prive di umanità, calore, formazione, competenze. In cui la vita si azzera e si riduce a un comodino e un armadietto”.
 
“Sono consapevole della mia malattia e spero di viverla nel migliore dei modi – ha detto Maria prendendo la parola per pochi secondi e poi rinunciando – perché non riesco a trovare le parole”. A Maria la commissione distrettuale per l’invalidità ha rifiutato l’accompagnamento perché considerata troppo giovane per avere il morbo di Alzheimer. “Mi sono sentita mortificata e umiliata nella visita medico legale, ho notato incompetenza e superficialità. Andrò avanti sul piano legale. Considero un diritto avere un sostegno per vivere meglio quello che mi capiterà. Nonostante tutta la documentazione delle strutture pubbliche alle quali mi sono rivolta ho incontrato un muro e nessuna accoglienza tranne che in Aima”.

Consapevole della malattia. Vedendola così ben vestita e ben curata nessuno direbbe che Maria è malata. Ma il marito non la lascia un attimo. Ha cambiato il turno in azienda (anch’egli lavora in Fiat) e sostiene i turni di notte per stare di giorno accanto alla moglie. Maria vede male e ha un forte deterioramento visivo. Vede tutto distorto. A strisce, e appare impacciata. Pretende di essere curata e rispettata come persona malata. “Mi sento normale ma ho difficoltà ad esprimermi e farmi capire. Qui da voi – ha detto all’inaugurazione della casa Aima – so di avere tutta l’accoglienza. Mi date il tempo per richiamare le cose alla mia mente. Devo fare tutto molto lentamente. Mi devo concentrare. Ho sempre bisogno di qualcuno. Ho provato rabbia all’inizio perché non potevo più esprimere i miei pensieri, perché non riuscivo più a parlare. Dopo la riabilitazione, la prima sera, quando mio marito è tornato a casa e si è accorto che riuscivo di nuovo a parlare si è commosso. Era scettico che potessi tornare a ricordare tutto”.
 
Maria Vorrebbe poter frequentare una struttura dell’Aima che ultimamente è presente con le sue attività, anche presso l’Istituto Martuscelli al Vomero e presso la clinica Bianchi a Portici, ma non sa come arrivarci, lei non guida più e il marito lavora tutto il giorno. Prendere un autista costerebbe troppo e per ora lei trascorre i suoi giorni cosi, traendo aiuto dalle piccole cose quotidiane come quella di continuare a gestire casa e famiglia con l’aiuto di una persona, o ascoltando le lezioni di un bimbo che frequenta l’elementare perché ha detto in questo modo si aiutano a vicenda: lui ripete nozioni che deve imparare, lei tiene allenata la mente rimparando ciò che pian piano tende a dimenticare.
 
Il modello Aima. Ascolto, accoglienza, presa in carico globale del paziente e della sua famiglia attraverso attività dedicate nell’ambito del modello olistico AIMA…Amiamoci, che svolgono laboratori di stimolazione cognitiva, di MusicArte terapia, di emozioni, di lettura e scrittura narrativa, di attività motoria, di cucina, di giardinaggio e ortoterapia e tanto altro ancora per rallentare quanto più è possibile l’evoluzione della malattia ma soprattutto per dare sollievo alle Famiglie ed in particolare ai caregiver, le seconde vittime di questa patologia.
 
All’ultima inaugurazione della casa Aima si è discusso con le autorità presenti che si sono impegnate, ognuno per le proprie competenze, a risolvere alcuni dei tanti problemi delle famiglie attraverso misure economiche dedicate come ad esempio i fondi per la non autosufficienza o quelli del dopo di noi e ad affiancare l’Aima nella realizzazione delle attività del progetto “Una Casa per l’Alzheimer” con l’obiettivo di favorire il domicilio e ridurre ricoveri impropri e costosi per il Ssn ma soprattutto per ridurre in generale l’istituzionalizzazione a cui spesso le famiglie ricorrono disperate, anche se con grandi sensi di colpa.
 
A tal proposito l’Aima ha scritto una lettera alla Regione in cui segnala l’inadeguatezza delle strutture attualmente presenti non sempre adeguate per l’accoglienza di persone non autosufficienti, nonostante accreditate, soprattutto per la mancanza di una formazione specifica all’approccio di patologie come l’Alzheimer. “Una malattia che differentemente dalle altre – dice Musella - ti impedisce di parlare, comunicare il dolore, i bisogni e di denunciare eventuali abusi. Basterebbero pochi ma indispensabili requisiti strutturali e di personale, (ricordiamo che in Campania esiste una figura il “Caregiver Alzheimer” in possesso di qualifica regionale) per donare il sorriso a tantissime persone che molto spesso si vedono prima deportate dal proprio domicilio e successivamente anche da quelle che nel frattempo son divenute le loro seconde case, perché non rispondenti ai requisiti necessari. Il problema più grave è che non esistono strutture istituzionalizzanti in grado di accoglierli perché insufficienti e costose rispetto alla domanda, per cui la famiglia ripiomba nello sconforto più assoluto”.
 
La proposta dell’Aima? Riqualificare le strutture esistenti, integrando la normativa esistente sia per le strutture sanitarie che per quelle sociali, con nuovi requisiti di qualità per ridare dignità alla Persona con Alzheimer e alla sua famiglia e una migliore qualità di vita ad entrambe le vittime di questa malattia. Alfonso Longobardi, vice presidente della commissione Bilancio in Consiglio regionale, ha pubblicamente espresso il suo impegno alla risoluzione di tale problematica con la collaborazione dell’associazione.
 
 
Ettore Mautone

11 luglio 2018
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