La Regione Campania e il personale. È ora di trovare soluzione per precari, “esiliati” e giovanissimi camici bianchi
05 AGO -
Gentile direttore,
da medico e politico campano e per l’esperienza che ho avuto per anni nella sanità della Regione Campania, sento il dovere di rispondere al grido di allarme lanciato sul sito di quotidiano sanità dalla collega
Serena Caprio che si sente, a ragione, esiliata dalla nostra Campania. Una lettera che racconta il disagio e la frustrazione di chi pur sapendo che la legge è dalla sua parte, che ha la precedenza sui precari per quel che riguarda le stabilizzazioni, è costretta ancora oggi a restare lontana dalla sua terra e non vede ancora avviarsi in maniera chiara l’inizio delle procedure per la mobilità dei dipendenti fuori Regione.
In realtà, anche la questione dei precari è una spina nel fianco di questo Paese che va estratta quanto prima: non è accettabile che vi siano uomini e donne che da più di 15 anni vivono nel precariato. E ancor più non è giustificabile nei confronti dei tanti giovani e meno giovani che hanno scelto la professione medica, compiendo sacrifici enormi per affrontare un percorso di studi lungo 10 anni tra laurea e specializzazione, motivati dall’ambizione di un lavoro, sotto molti aspetti gratificante.
Ambizione soffocata per quanti vivono in Regioni come la Campania, sottoposte alla dura ed iniqua legge del blocco del turn over che ha creato nel lungo termine più danni che benefici: non ha prodotto i risparmi attesi ed altresì ha contribuito a produrre sacche di precariato e fughe di cervelli. Ha incrementato il ricorso al lavoro straordinario e autoconvezionato e moltiplicato notevoli difficoltà nelle aspettative di lavoro, riducendo la qualità dell’assistenza sanitaria e bloccando l’accesso dei giovani.
Una legge reiterata, nonostante la Campania abbia sistemato i conti, mostrando virtuosismo e acquistando credibilità, tanto da avere imboccato la via di uscita dai piani di Rientro.
Ora è giunto il momento di affrontare la questione del personale del Servizio sanitario nazionale nel suo complesso, ossia che sia risolutiva per precari, per “esiliati” e per i giovanissimi camici bianchi, puntando così ad una valorizzazione del capitale umano perché è da qui che parte la riqualificazione della sanità. E ciò implica inevitabilmente e necessariamente una programmazione del personale che fissi le unità lavorative di cui abbisogna il servizio sanitario regionale campano e prestabilendo quote percentuali di precari arruolabili nel triennio partendo dai più storici, oltre ai trasferimenti per mobilità intraregionale, già previsti dalla legge, e una quota disponibile per i giovani che si affacciano al mondo sanitario per evitare che si formi un nuovo ciclo di precariato ed esodo.
Oggi invece il dibattito, almeno in Campania, è incentrato principalmente sulla stabilizzazione dei precari, cosa tutt’altro che a portata di mano. Nessuno si illuda! Nonostante le dichiarazioni pubbliche dello stesso Governatore, la stabilizzazione di tutti i precari non avverrà domani, alcuni riusciranno a dire addio al precariato, ma purtroppo la maggioranza non ha i requisiti previsti dalla normativa vigente per essere stabilizzati. Ecco perché il prossimo step deve essere una normativa di stabilizzazione che trasformi i contratti atipici in contratti a tempo determinato, conditio sine qua non per la stabilità lavorativa. Oltre a doversi impegnare anche per la stabilizzazione di tecnici e amministrativi.
E’ una bella sfida che coinvolge Regione, Governo e Parlamento, chiamati tutti insieme ad individuare i percorsi normativi più rapidi e più idonei per porre fine a una condizione frustrante per tanti medici. In fondo a beneficiarne sarà soprattutto la sanità campana che potrà contare su uomini e donne motivate e soddisfatte e con una gran voglia di darsi da fare. Alla collega Caprio, va il mio impegno affinché rientri quanto prima in Campania!
Raffaele Calabrò
Deputato AP
XII Commissione Affari Sociali
05 agosto 2015
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