Coronavrus. Allarme case di riposo in Veneto: oltre 540 positivi tra pazienti e operatori
A contrasto dell'infezione Covid-19 mancano regole comuni per tutte le case di ricovero per anziani. A chiedere un intervento che standardizzi i comportamenti da intraprendere è Sonia Todesco della Segretaria Generale Fp Cgil di Verona e il Segretario Fimmg di Verona Guglielmo Frapporti.
di Endrius Salvalaggio
27 MAR - Sono oltre 5000 i posti letto nelle strutture residenziali per non autosufficienti presenti nella provincia di Verona. Una popolazione anziana a rischio per la complessiva fragilità in cui si trova. Ancora più in questa fase di emergenza legata al coronavirus. E infatti sono 336 gli ospiti delle case di riposo già risultati positivi al coronavirus con 30 deceduti (dati al 26 marzo) e ben 211 gli operatori sanitari contagiati.
“Dopo i casi di contagi accertati di Lazise, Villabartolomea e Legnago – afferma
Sonia Todesco Segretaria Generale FP CGIL di Verona - si sta correndo ai ripari con la redazione di procedure standard per il contenimento del contagio oltre ad altre misure che individuino degli spazi isolati in cui collocare gli ospiti con sospetto Covid-19 in attesa del referto del tampone. Dopo il divieto di entrata, imposto dalla Regione Veneto, fatta eccezione del personale sanitario, è stato accertato che il virus oggi come oggi, sta entrando proprio attraverso il personale dipendente”.
“Il grosso problema che favorisce le infezioni in questi ambienti - spiega il Segretario FIMMG di Verona Dott.
Guglielmo Frapporti - è che mancano da parte delle Aziende Ospedaliere, delle linee guida sui comportamenti da adottare per chi va a trovare un loro caro, da parte del personale dipendente che molte volte sono dipendenti di cooperative e quindi appartenenti ad altre realtà, sull’isolamento dei pazienti contagiati, sull’uso degli stessi dispositivi di sicurezza da parte di tutto il personale. Queste sono carenze che favoriscono qualsiasi infezione, a maggiore ragione il Covid-19 che risulta essere un’infezione altamente contagiosa. Su queste strutture le infezioni corrono velocemente da se’ proprio perché siamo in presenza di persone che hanno piaghe da decubito, cateteri, alimentazione attraverso sondini ecc. Nelle case di riposo la formazione e le attenzioni volte a limitare al massimo la trasmissione delle infezioni deve essere ancora più incisiva. La soluzione, dal mio punto di vista, sarebbe quella di instaurare delle task-force con noi medici di MMG-personale dipendente delle strutture e con le Aziende Ospedaliere, stabilendo degli standard chiari comuni ad ogni casa di riposo ed evitando così di lasciare le stesse ad inventarsi sulle azioni da intraprendere per combattere le infezioni”.
La segretaria generale FP CGIL di Verona, Sonia Todesco, chiede che vengono intraprese dei correttivi a contrasto della trasmissione del virus Covid-19 sotto forma di decalogo: “la prima misura da prendere è che tutti i dipendenti devono indossare per tutto il turno la mascherina chirurgica. La seconda misura è formare velocemente il personale sulle misure di prevenzione e protezione. Fino ad oggi questa non è stata ritenuta una priorità, ma va messa subito in campo con l’aiuto dei MMG e Coordinatori infermieristici impiegati nelle strutture. Serve formazione ed addestramento sul corretto utilizzo dei dispositivi di protezione, ma serve anche chiarezza sull’organizzazione dell’emergenza. La terza è l’utilizzo di personale esclusivamente dedicato alle aree isolate destinate ai casi sospetti o positivi di Covid-19. La quarta è quella che si proceda subito con gli avvisi per arruolare gli ex dipendenti andati in quiescenza nei due anni precedenti. Sono tanti e, se messi nelle condizioni di sicurezza ottimali, potrebbero dare un notevole supporto anche per alleggerire il carico di lavoro dei colleghi”.
Per Tedesco “vanno anche attivate, ai sensi del Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020 le collaborazioni con il privato accreditato. La chiusura dell’attività chirurgica programmata e dell’attività ambulatoriale ha creato infatti una schiera di infermieri e OSS della sanità privata collocati in cassa integrazione. La quinta misura consiste nel mettere a disposizione dei dipendenti che non se la sentono di rientrare in famiglia, degli alloggi di proprietà degli enti o degli spazi gratuiti idonei. Infine si dovrebbe riconoscere un incentivo economico agli operatori coinvolti nell’assistenza degli ospiti con sospetta positività o positivi, che non fa certo la differenza ma può sicuramente aiutare”.
Endrius Salvalaggio
27 marzo 2020
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