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La salute mentale in Veneto. Problemi e prospettive

Non c'è salute senza salute mentale. Il motto è dell'Oms, l'Organizzazione Mondiale della Sanità e gli psichiatri veneti lo hanno fatto proprio. Ma gli psichiatri veneti sono preoccupati. Soprattutto dopo il consolidamento di maxi Ulss sempre più centralizzate e lo snellimento di organico che, negli ultimi 5 anni, ha visto un taglio di 16 primari e 300 operatori

di Endrius Salvalaggio
12 MAG - Pochi giorni fa, il Ministero della Salute ha reso pubblico i dati relativi alle persone con problemi psichiatrici assistite nel 2016, che sono state 807.035, con tassi standardizzati che vanno dal 17,6 per 10.000 abitanti adulti in Sardegna, fino a 206,5 nella regione Emilia Romagna. In Veneto in base ai dati il numero delle strutture psichiatriche territoriali per 100 mila abitanti è quasi il triplo che nel resto d’Italia, ovvero 268 strutture complessive su 1.303 in totale.
 
Un numero elevato superiore a quello della Lombardia che ne conta 154, o dell’ Emilia Romagna che ne conta soli 73. Gli utenti trattati in Veneto sono, rispettivamente, su 10.000 abitanti, 159 maschi e 195 femmine. La prevalenza di utenti per genere invece sono 31.398 maschi e 41.337 per le femmine.
 
Se invece si analizzano i pazienti veneti per gruppo diagnostico si evidenziano importanti differenze legate al genere: mentre i maschi soffrono maggiormente di disturbi schizofrenici, disturbi di personalità, disturbi da abuso di sostanze e ritardo mentale, rispetto a quello femminile, quest’ultime soffrono prevalentemente di disturbi affettivi, nevrotici e depressivi. In particolare per la depressione il tasso degli utenti di sesso femminile è quasi doppio rispetto a quello maschile. I trattamenti sanitari obbligatori in Veneto nel triennio 2014-2016 sono stati in media 386. Fino ai primi anni ottanta certe tipologie di disturbi mentali erano curate nei manicomi.
 
Queste strutture erano costruite in periferia secondo la logica che il “diverso” va nascosto alla collettività. Perciò i manicomi avevano, al loro ingresso, un grande giardino e man mano che ci si allontanava c’erano dei padiglioni suddivisi per gravità. Con la Legge 180 del 13 maggio 1978, che porta il nome dello psichiatra Franco Basaglia (veneziano), i manicomi vennero chiusi poiché si ritenevano tali strutture non finalizzate alla cura, ma semmai alimentatrici di malattia. E cosa ne pensano i nostri psichiatri veneti?
 
Non c'è salute senza salute mentale. Il motto è dell'Oms, l'Organizzazione Mondiale della Sanità e gli psichiatri veneti lo hanno fatto proprio. Il disappunto nasce proprio dagli psichiatri veneti che stanno assistendo al consolidamento di maxi Ulss sempre più centralizzate e dallo snellimento di organico che, negli ultimi 5 anni, ha visto un taglio di 16 primari e 300 operatori. Precedentemente con i manicomi e successivamente con i Dipartimenti di Salute Mentale, le strutture erano costruite su scala locale con un responsabile per ogni centro e, quindi vicino alle famiglie e allo stesso territorio, dove si curava il paziente (sempre per gli addetti ai lavori) facendosi carico sia della persona che della stessa malattia mentale; ora con le direzioni centralizzate si sta creando un servizio che soffoca il territorio, perché il principio del curare il paziente viene soppiantato da quello del custodirlo, con la conseguenza che i Centri provinciali di Salute Mentale si trasformeranno come i vecchi dispensari di igiene mentale dove si distribuivano solo medicine.
 
Oltre a questo malessere generalizzato degli psichiatri veneti, c’è anche l’inversione di marcia delle spese a carico delle famiglie. Fino a gennaio di quest’anno il 60% della spesa era sostenuta dalla Regione e il 40% dalle famiglie, ora il rapporto si è invertito (così evidenzia la V Commissione Sanità Veneta).
 
In una recente intervista Lodovico Cappellari, presidente PsiVe, avverte che "Più si accentra e più si fa manicomio…. E in Veneto stanno di fatto rifacendo i manicomi. Perché sono tali non quelli che ne hanno le mura, bensì la visione. Vale a dire: non occorre curare, ma controllare. Così la psichiatria diventa la disciplina che controlla la marginalità. Gli effetti? Massacrato il rapporto col territorio. L'esempio è dato dalla Provincia di Padova: un direttore di Dipartimento deve confrontarsi con 104 sindaci e con 1 milione di pazienti". Un disagio profondo ed attuale, di cui gli psichiatri veneti parleranno al congresso che si terrà a Mestre il 25 maggio. 
 
Endrius Salvalaggio

12 maggio 2018
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