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Ecco perché mi è piaciuta “La quarta riforma” di Cavicchi

di Ornella Mancin
08 NOV - Gentile Direttore,
ho letto con molto interesse il nuovo libro del prof. Cavicchi “La quarta riforma” che rappresenta, a mio avviso, uno straordinario break-through,  un punto di svolta  che propone finalmente una strategia oltre la rassegnazione, con un pensiero disincantato, libero, coraggioso.
 
Il libro di Cavicchi, che esprime tesi su cui si può essere o non essere d’accordo, è oggettivamente un dirompente punto di svolta, che fa fare passi avanti ad una discussione finita su un binario morto.
 
Cercherò in questa prima parte di spiegare perché a mio avviso “la quarta riforma” è un break-through:
   
- E’  un libro che pone allo stesso livello i temi della medicina e della sanità: non si può avere una sanità adeguata senza una medicina adeguata , non si riforma la sanità senza riformare la medicina. 
- Individua nella sostenibilità il nodo cruciale  della riforma sanitaria , ma libera tale questione dall’oppressione dell’economicismo. La sostenibilità  non è solo una questione finanziaria e senza una nuova sostenibilità la sanità pubblica muore.
- Fa una analisi dettagliata e lucida delle esperienze di riforma messe in campo finora , analizzando gli errori compiuti  perché appare  chiaro che non si possono  capire i problemi del sistema senza capire come sia andata effettivamente, cioè senza un uso della memoria storica.
- Attraverso l’introduzione della metafora dell’autobus farlocco (che si vede in copertina) pone il problema delle responsabilità di una sanità che non ha saputo evitare o combattere il de-finanziamento: perché non abbiamo riformato certe cose? Perché il mondo cambia  e in sanità certe cose non cambiano mai?
- Riesce a ricomporre in una proposta unitaria “la quarta riforma” appunto, un cambiamento che ingloba una moltitudine  di questioni normalmente difficili da coordinare facendola diventare una riforma  culturale, di modelli,  di prassi, di contenuti, di modi di fare, di logiche e modi di pensare dimostrando una profonda conoscenza del mondo della sanità, presupposto essenziale per pensare a riformarla.
- È una riforma che punta sul lavoro professionale  e lo fa diventare risorsa e capitale su cui puntare per farne il protagonista di una nuova sostenibilità.
 
Per tutte queste cose il libro ha uno straordinario valore strategico, culturale  e politico che ovviamente necessita di approfondimento soprattutto nella parte che concerne le proposte concrete, ma quanto espresso dal prof. Cavicchi in questa “quarta riforma” rappresenta sicuramente una svolta di pensiero, un modo, a mio avviso, nuovo e totalizzante di approcciare il mondo della sanità per riformarlo e permettere la sopravvivenza della sanità pubblica.
 
C’è una parte del libro che il professore dedica al cambiamento della medicina, del modo di essere e fare il medico che mi è piaciuta particolarmente perché personalmente la  ritengo essenziale per ogni possibile riforma oggi. E su questo  vorrei dedicare la seconda parte della mia riflessione.
 
“La Medicina  per come oggi è ancora definita nel suo paradigma di base  risulta in contrasto stridente  con i tempi in cui viviamo, cioè contro tempo. A questa medicina contro tempo, anacronistica, il professor Cavicchi dedica alcuni capitoli del suo  libro nei quali con il suo caratteristico acume, analizza e approfondisce molti degli aspetti che rendono oggi il nostro essere medico faticoso e difficile  perché “retaggio”  di un tempo orami passato e  “inadeguato” ad una società post-industriale.
 
“Oggi la complessità che si cela dietro ogni malattia  e che il medico deve fronteggiare e governare  è in realtà  una super complessità perché  implica problemi di ogni tipo: morali, scientifici, economici, giuridici, organizzativi, nei confronti dei quali  l’apparato concettuale  della medicina , cioè il suo positivismo “semplice”  volto a ridurre la complessità , appare alla prova dell’esperienza decisamente inadeguato”
 
Le trasformazioni “culturali, antropologiche e normative” a cui è andata incontro la nostra società, hanno trasformato il malato  facendolo divenire “esigente” ; i progressi della tecnica hanno  dato alla medicina nuove e avveniristiche possibilità di cura , ma  senza cambiare “il modello culturale “ della medicina. Siamo di fronte a una “invarianza culturale della medicina”.
 
La medicina è ferma al suo vecchio paradigma per il quale si riduce la complessità del malato alla malattia.                      Le riforme tentate finora  si sono  preoccupate di riformare la sanità  ma senza riformare la medicina. Serve ripensare a un nuovo modello culturale di medicina e di medico che sia all’altezza della complessità del tempo che viviamo e che sappia affrontare la “necessità del malato” oggi troppo spesso subordinata a criteri di appropriatezza e di spesa, a cui ci stiamo adeguando a discapito della nostra autonomia di giudizio.                    
 
Un medico che non è autonomo nel giudicare la necessità di un malato  rischia di diventare un impiegato che dispensa trattamenti. L’analisi è lucida e tagliente .  La nostra libertà professionale è da tempo sotto i riflettori e i condizionamenti dei decisori politici , per i quali ogni atto medico ( diagnostico, terapeutico, assistenziale) è valutato per il suo impatto sulla spesa sanitaria. Ma fino a quando potremmo essere appropriati senza finire per essere inadeguati alle necessità e alla complessità dei malati?                                                                                               
 
“La medicina  rischia la schizofrenia tra appropriatezza e adeguatezza quindi tra costi e efficacia”. Come uscirne? La domanda giusta da farsi, dice il prof.Cavicchi, è: “Quale medicina, quale medico”, per una sanità all’altezza delle sfide della nostra epoca?  “Quello che fanno i medici  dipende da come sono i medici  e da come diventano medici e dalla medicina che praticano”.
 
L’augurio è che questa “quarta riforma” possa effettivamente dare inizio a un cambiamento che permetta ai giovani colleghi di incarnare un nuovo modello culturale  di  medico capace di mantenere le proprie radici nella  medicina ippocratica ( una medicina che si basa sull’autonomia intellettuale,  etica e scientifica) ,ma  al contempo  sia capace di  governare la complessità di una  società in continuo cambiamento.
 
A noi che fra qualche decennio lasceremo il lavoro,  l’impegno di aprire la strada al cambiamento perché senza un ripensamento della medicina è a rischio tutta la sanità.
 
Un grazie al professor Cavicchi per aver messo al centro del sua “Quarta Riforma”  il medico e la medicina.
 
Ornella Mancin
Medico di famiglia
Cavarzere (Ve)

08 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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