Per la prima volta è stata realizzata una catena internazionale di donazioni e trapianti di rene da vivente che ha coinvolto tre diverse città. Il 20 giugno scorso il Centro nazionale trapianti per l’Italia e l’Organizacion nacional de trasplantes per la Spagna hanno coordinato nell’arco di 18 ore l’esecuzione di tre prelievi e tre trapianti negli ospedali di Padova, Barcellona e Bilbao, incrociando tre coppie di donatori e riceventi tra di loro incompatibili dal punto di vista immunologico.
Si tratta del quarto scambio “cross over” di reni tra Italia e Spagna (il primo fu effettuato nell’agosto 2018) ma in tutti i casi precedenti erano state coinvolte solo due coppie alla volta, una per ciascun Paese.
La catena di interventi è partita dall’Italia. Alle 8.30 del 20 giugno all’Azienda ospedaliero-universitaria di Padova la professoressa Lucrezia Furian ha iniziato il primo prelievo di rene su una donatrice volontaria di 56 anni, moglie di un paziente 61enne di difficilissima trapiantabilità, iperimmunizzato e bisognoso di un nuovo rene per la terza volta.
Al termine dell’intervento l’organo è stato trasportato immediatamente all’Aeroporto di Milano-Linate con il coordinamento del Centro regionale trapianti del Veneto diretto dal dottor Giuseppe Feltrin e grazie al supporto della Polizia Stradale e del servizio 118 dell’Azienda padovana. Il rene è decollato alle 13 con un volo sanitario dedicato ed è arrivato all’aeroporto di Barcellona alle 14.30.
Nello scalo catalano è stato effettuato il primo scambio: l’organo della donatrice italiana è stato preso in consegna dagli operatori sanitari dell’Hospital Clinic per realizzare il primo trapianto, mentre a bordo del velivolo è stato portato un secondo rene, prelevato intorno alle 12 da una donatrice spagnola. L’aereo è ripartito alla volta di Bilbao, dove alle 16.30 è avvenuto lo scambio successivo: il rene della donatrice di Barcellona è stato portato all’Hospital Universitario de Cruces per il secondo trapianto e un terzo rene, prelevato nel nosocomio basco, è stato imbarcato con destinazione Milano.
Il trasporto aereo si è concluso alle 18.30 a Linate, da dove l’ultimo organo è stato immediatamente trasportato a Padova dalla Polizia Stradale: alle 20.30 è iniziato sul paziente italiano il terzo trapianto, eseguito dal professor Paolo Rigotti, direttore del locale Centro trapianti di rene e pancreas. L’intervento si è concluso dopo le 2 di notte, al termine di una maratona lunga complessivamente 2.713 chilometri. A due settimane dagli interventi, i riceventi e i donatori sono in ottime condizioni e i trapianti possono considerarsi riusciti.
La tripla donazione incrociata è stata realizzata grazie alla South Alliance for Transplant (SAT), un accordo internazionale che vede coinvolti Italia, Spagna, Francia e Portogallo per individuare programmi comuni di cooperazione con l’obiettivo di dare maggiori possibilità di ricevere un organo soprattutto ai pazienti di difficile trapiantabilità.
“Una catena internazionale di questo tipo richiede un enorme impegno di valutazione clinica prima e di pianificazione organizzativa poi, per sincronizzare perfettamente il lavoro di tutte le equipe e di centinaia di operatori e portare a termine con successo gli interventi nel più breve tempo possibile a vantaggio di un tipo di pazienti che altrimenti avrebbero pochissime chance di trovare un organo compatibile - spiega Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti. – si tratta quindi di un evento eccezionale, ma che si inserisce nello sforzo più ampio che stiamo mettendo in campo per la promozione della donazione di rene da vivente, che nella stragrande maggioranza dei casi può avvenire direttamente tra coppie correlate. In Italia ne facciamo ancora troppo pochi (nel 2022 sono stati 335, poco più del 16% del totale dei trapianti renali) e in lista d’attesa abbiamo ancora oltre 6mila persone”.
Per Cardillo è fondamentale rassicurare pazienti e familiari: “La donazione da vivente è una procedura ampiamente sperimentata, comporta rischi bassissimi per il donatore mentre i trapianti di questo tipo raggiungono risultati mediamente molto positivi. Incentivare questo tipo di attività è uno dei modi migliori che abbiamo per poter dare un’opportunità a migliaia di persone costrette a una lunga attesa in dialisi”.