Sicurezza sul lavoro. In Veneto aumentano infortuni, malattie professionali e incidenti mortali
I dati Inail fotografano un 2022 con +7,62% di incidenti mortali; +14,67% di malattie professionali e +20.82% di denunce di infortunio in generale. Sindacati e università di Verona scendono in campo. Refosco (Cisl Veneto): “Servono maggiore consapevolezza e comportamenti responsabili”. Per Fanelli (Cgil Veneto), “il primo problema da affrontare è quello della precarietà del lavoro”. Stefano Porru (Uni. Verona): “Abbiamo molti strumenti a disposizione, bisogna però attuarli con un cambio di passo”.
di Endrius Salvalaggio
22 FEB - La salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro resta un tema caldo e ancora irrisolto, almeno in Veneto. I dati pubblicati da Inail Veneto fotografano infatti un 2022 con un aumento degli infortuni sul lavoro e di denunce di malattie professionali. Il Veneto risulta essere la seconda Regione per denunce di incidenti mortali, con 113 decessi corrispondenti ad un +7,62% rispetto all'anno precedente. Crescono anche le segnalazioni di malattia professionale che balzano a 3.917 con una maggiorazione del 14,67 % rispetto all’anno precedente. Per quanto riguardano le denunce di infortunio, anche in questo caso c’è un incremento di un 20,82%. con 83.885 casi totali.
Sono numeri, commenta Cisl Veneto, che evidenziano come la fine dell’emergenza sanitaria e la ripresa delle attività economiche e produttive abbiano riportato l’andamento infortunistico al periodo pre pandemia. Ben 83.885 gli infortuni denunciati nel 2022 (a fronte dei 69.427 dell’anno precedente), tra cui 113 con esito mortale (105 nel 2021). Nello specifico, per gli infortuni con esito mortale, troviamo al primo posto di nuovo il settore manifatturiero con 17 denunce (+30,8% rispetto al 2021), seguito da costruzioni con 15 denunce (+ 87,5%) e trasporto e magazzinaggio con 8 (-11,1%).
Anche le denunce di malattie professionali non accennano ad arrestarsi, passando dalle 3.416 del 2021 alle 3.917 presentate lo scorso anno. Di queste, oltre 3.200 casi sono stati denunciati in Veneto nel 2022 (+18,9% rispetto al 2021 nel macrosettore industria e servizi, in cui troviamo ad esempio costruzioni e attività manifatturiere, ma anche sanità e assistenza sociale; in agricoltura invece sono quasi 690 (-2,4% rispetto al 2021, ma a fronte anche di un calo dell’occupazione). A livello territoriale è Padova la provincia dalla quale sono giunte il maggior numero di denunce di malattie professionali nel 2022 (1.163, +21,9%), seguita da Venezia (587, -2,2%) e Verona (586, +7,1%).
“I dati parlano chiaro e la tendenza di crescita non si spiega esclusivamente con la ripresa delle attività del post pandemia – sostiene
Gianfranco Refosco, segretario generale di Cisl Veneto –. Nella nostra regione, come nel resto del Paese, gli infortuni non diminuiscono da anni, indicandoci un trend davvero preoccupante. Lo stesso vale per le malattie professionali cresciute pure nel 2022 spesso sottovalutate: servono maggiore consapevolezza e comportamenti responsabili sviluppati nel tempo”.
La Cgil Veneto chiede un maggior coinvolgimento delle figure territoriali a partire dalla contrattazione aziendale e territoriale, che deve mettere al primo posto la salute e la sicurezza dei lavoratori, con un maggior protagonismo dei nostri Rls e Rlst, insieme ad Rsu/Rsa. Tra l’altro sono da conciliare i tempi di vita e di lavoro (anche per ridurre il più possibile gli incidenti in itinere) e sono da pretendere gli investimenti necessari in nuove tecnologie che possono consentirci passi in avanti fondamentali per prevenire gli infortuni.
“Non solo l'allarme non si attenua - dichiara
Silvana Fanelli, della segreteria confederale Cgil Veneto - ma la situazione peggiora di anno in anno, come vediamo anche dagli elaborati Inail di questi giorni. E i numeri degli infortuni a danno di donne e giovani confermano, ancora una volta, che il primo problema da affrontare è quello della precarietà del lavoro, che colpisce soprattutto queste due categorie. Se non togliamo lavoratrici e lavoratori dalla condizione di ricattabilità, qualunque normativa sulla sicurezza, anche la più severa, non produrrà gli effetti sperati. Purtroppo, il Governo (sia con la liberalizzazione degli appalti e dei subappalti, sia con la reintroduzione dei voucher) sta andando nella direzione opposta”.
Stefano Porru, direttore della sezione di Medicina del Lavoro dell’Università di Verona e direttore dell’Uoc Medicina del Lavoro, chiede un vero e proprio cambio di passo per un nuovo approccio alla gestione e prevenzione degli infortuni. “Al di là dei numeri che sono sempre a consuntivo – spiega– ci piacerebbe che ci fosse un cambio di passo da un punto di vista di analisi delle cause dell’infortunio. Così facendo si otterrebbero delle informazioni preziose che ci servirebbero per correggere quella procedura piuttosto che quella abitudine sbagliata. Altro punto fondamentale è calcolare la probabilità che quell’infortunio accada attraverso la cosiddetta valutazione del rischio”.
Per il direttore dell’Uoc medicina del lavoro dell’Università di Verona si deve partire dalle tre prevenzioni ovvero, dalla prevenzione primaria che anticipa il rischio che accada l’infortunio, la secondaria che riguarda la diagnosi più precocemente possibile per evitare le peggiori conseguenze e la terziaria che interessa ciò che sta dopo l’infortunio come il re - inserimento al lavoro dopo delle disabilità permanenti, ecc.
“Tutte queste strategie di prevenzione, se messe assieme – sottolinea Porru –, danno una grande risposta all’inversione di rotta che stiamo invocando. Rischio zero infortunio sui posti di lavoro non esistono, però possiamo ridurre questi numeri che sono drammatici”.
Le figure determinanti all’interno di un’azienda sono il Rspp, il Rls e Rlst, insieme a Rsu/Rsa, ma ciò che maggiormente ha la supervisione delle tre forme di prevenzione è il medico del lavoro. “Il cambio di passo che intendiamo noi – conclude Porru – sta proprio nel dialogare di più fra settori a cominciare dalle persone interne, medico del lavoro, istituzioni, aziende e figure preposte di controllo. La raccomandazione però che voglio fare è sempre la stessa. Senza dare numeri assoluti, poiché ogni azienda ha i sui rischi, per ridurre gli infortuni si devono analizzare innanzi tutto le cause del perché accadono e lavorare su questo. I nostri progetti di lavoro calati in contesti specifici, dove attuati hanno ridotto dal 30-40% gli infortuni. Concludo, dicendo, che abbiamo molti strumenti a disposizione bisogna però attuarli cambiando il passo da un punto di vista di analisi preventiva e coordinamento fra i portatori di interessi”.
Endrius Salvalaggio
22 febbraio 2023
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