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Salute mentale. Cgil Veneto: “Regione è penultima per spesa sanitaria dedicata”

Mancano investimenti, strutture, medici ed infermieri. Nella salute mentale in Veneto si investe meno che in altre Regioni d’Italia. A dirlo sono i sindacati della Cgil: “Le linee guida nazionali raccomandano che le regioni investino nel settore della salute mentale il 5% del fondo socio sanitario. In Veneto, nel 2016, è stato investito il 2,9%, nel 2018 il 2,5% e nel 2019 il 2,2% e via via di questo passo”

di Endrius Salvalaggio
15 FEB - L’emergenza sanitaria ha rivoluzionato un po’ tutti i parametri della salute e della vita di ognuno di noi. C’è però una parte di popolazione che fra lockdown e limitazioni di vario genere, ha sofferto più di altri e quasi in forma anonima. Questo vale soprattutto per le persone con disturbi mentali, ma non solo. Un impatto, quello del Covid sulla salute mentale, a cui ora sarà necessario dare risposte e sostegno.

“Chi in questi due anni di emergenza ha sofferto di disturbi mentali sono stati pazienti di due generi. Quelli che già soffrivano e quindi persone fragili che, con l’arrivo del Covid, hanno visto peggiorare la loro situazione clinica e coloro che lo sono diventati per cause legate all’emergenza sanitaria. Il Covid 19 ha fatto emergere un grosso deficit, ovverosia la scarsa assistenza ai problemi di salute mentale territoriale. Assistenza che si deve occupare della prevenzione e della riabilitazione”, spiega Tiberio Monari psichiatra psicoterapeuta della segretaria regionale della FP CGIL Medici e Dirigenti Sanitari. “Per curare i disturbi legati al disagio mentale - prosegue Monari -, bisogna intervenire sul paziente sin dai primi segnali di disagio con dei progetti a misura d’uomo e, una volta che un paziente ha superato la fase acuta, deve avere a portata di mano professionisti e strutture in grado di fare riabilitazione coinvolgendo famiglie e scongiurando ricadute”.

Per dare risposte adeguate alle esigenze di cura ed assistenza ai problemi di salute mentale, ulteriormente cresciute in questi ultimi anni di crisi economiche, sanitarie e sociali, sono necessari degli investimenti, che stabiliti a livello nazionale e stabili. Da quanto sollevato da CGIL, tuttavia, in Veneto i numeri dicono altro.  

“La Regione Veneto è penultima sul finanziamento della spesa sanitaria destinata alla salute mentale – a snocciolare i numeri sono Sonia Todesco segretaria Fp Cgil Veneto e Paolo Righetti segretario Cgil – e purtroppo, negli ultimi anni la nostra regione, che tanto sbandiera la voglia di autonomia, è sempre stata in costante diminuzione. Le linee guida nazionali raccomandano che le regioni investino nel settore della salute mentale per il 5% del fondo socio sanitario. In Veneto, nel 2016 è stato investito il 2,9%, nel 2018 il 2,5% e nel 2019 il 2,2% e via via di questo passo. Nel 2015 la spesa media italiana era di 73,8 Euro ad abitante, in Veneto del 61,6 Euro: nel 2018 la spesa in Italia è cresciuta di 4,3 euro arrivando a 78,1 euro, mentre nel Veneto è calata di 7,5 euro arrivando a 54,1 euro; e questo nonostante l’impennata dei casi di ansia e depressione tra i più giovani, come effetto collaterale della pandemia”.

Queste osservazioni sono state fatte anche dal Coordinamento Veneto Sanità Pubblica, Associazioni dei famigliari, come dalla vicepresidente della commissione Sanità a Palazzo Ferro Fini, la consigliera PD Anna Maria Bigon con i colleghi Francesca Zottis e Jonatan Montanariello, che a maggio del 2021 hanno presentato una mozione in cui è stato chiesto di rilanciare il modello della psichiatria di comunità, predisporre un nuovo progetto obiettivo coinvolgendo associazioni e realtà territoriali; favorire la creazione di servizi dedicati all’età evolutiva e l’adolescenza all’interno dei Dipartimenti di salute mentale. “A distanza di otto mesi non è ancora approdata in discussione, un segnale di quanto il tema sia tenuto in scarsa considerazione. Lo stesso vale per le nostre richieste, regolarmente bocciate, come realizzare reparti ospedalieri per ragazzi e giovani psichiatrici evitando di condividere gli stessi spazi con adulti, che hanno altri problemi, o di destinare alla salute mentale i risparmi di spesa sanitaria ottenuti in sede di erogazione dei Lea”, dichiarano gli esponenti del PD Bigon, Zottis e Montanariello.

Per descrivere un quadro completo, la CGIL del Veneto fornisce i dati anche sul numero di specialisti in percentuale agli abitanti. “Nel 2019 - illustra il sindacato - ogni 100.000 abitanti in Italia erano presenti 4,35 psicologi, nel Veneto 2,25; mentre i tecnici per la riabilitazione in Italia sono 0,88, in Veneto 0,46; gli Assistenti sociali sono 2,59 in Italia, mentre nel Veneto 1,83; gli Infermieri professionali 27,9 in Italia e 27,49 nel Veneto ed infine i Medici 11,57 in Italia, 7,50 in Veneto”.

“Riteniamo indispensabile - concludono Tiberio Monari, Sonia Todesco e Paolo Righetti - una struttura organizzativa che garantisca la prevenzione, l’accoglienza e la gestione del disagio mentale; che sappia assicurare la continuità dei percorsi di cura avendo come cardini l’assistenza nel territorio di vita del paziente e l’integrazione dei servizi sanitari e sociosanitari, coordinando tra loro le diverse strutture preposte e coinvolgendo la comunità del paziente, le associazioni, il terzo settore. Su queste problematiche sollecitiamo un confronto tempestivo e approfondito con l'Assessore alla Sanità e Sociale della Regione Veneto, a partire da un monitoraggio aggiornato della situazione reale nelle diverse strutture e nei diversi servizi.

Endrius Salvalaggio

15 febbraio 2022
© Riproduzione riservata

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