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Ru 486. Regione Umbria cancella il day hospital. Sarà obbligatorio il ricovero ordinario. Ed è polemica


Con la nuova delibera per la gestione della Fase 3 dell’emergenza covid 19, la Regione cancella con un colpo di spugna la parte della DGR 1417 del 4 dicembre 2018 sulla somministrazione della RU486 in day hospital. “Le indicazioni ministeriali del 24 giugno 2010 ‘Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza’ e i pareri del Consiglio Superiore di Sanità del 18 marzo 2004, del 20 dicembre 2005 e del 18 marzo 2010 ribadiscono la necessità di ‘regime di ricovero ordinario’”, si legge nell’atto. La Lega esulta, l’Opposizione insorge. LA DELIBERA

15 GIU - Tra le conseguenze dell’epidemia di covid 19 ci sarà, in Umbria, anche il ritorno all’aborto farmacologico solo in regime di ricovero ordinario. Con la nuova Deliberazione del 10 giugno 2020, n. 467, contenente le “Linee di indirizzo per le attività sanitarie nella fase 3”, la Regione ha infatti deciso di mettere le mani alla vecchia DGR 1417 del 4 dicembre 2018 sulla R486, “relativamente all’opportunità di somministrare la RU486 in regime di ricovero in day hospital”. Questo perché, si legge nell’atto approvato dalla Giunta di Donatella Tesei, “le indicazioni ministeriali del 24 giugno 2010 “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza” e i pareri del Consiglio Superiore di Sanità del 18 marzo 2004, del 20 dicembre 2005 e del 18 marzo 2010 ribadiscono la necessità di ‘regime di ricovero ordinario’”.

Dunque, le donne che in Umbria decidono di interrompere la gravidanza in modo farmacologico saranno costrette al ricovero ordinario. Una decisione che ha suscitato forti reazioni. Da una parte la Lega, che gioisce, dall’altra l’Opposizione che insorge.

La Lega, in Consiglio Regionale, esprime “pieno sostegno alla scelta della Giunta regionale guidata da Donatella Tesei e sottoscritta dall'assessore Luca Coletto”. “Stupisce che la sinistra ancora sia convinta che lasciare sole le donne in un momento tanto difficile, sia un modo per aiutarle”, affermano in una nota i consiglieri leghisti Paola Fioroni, Francesca Peppucci, Stefano Pastorelli, Daniele Carissimi, Enrico Melasecche, Daniele Nicchi, Valerio Mancini, Eugenio Rondini. “Al contrario – proseguono -, le direttive del Ministero indicano con chiarezza la necessità dell'assunzione della pillola abortiva in regime di ricovero, proprio per poter intervenire con immediatezza qualora le purtroppo non infrequenti complicazioni mettano in pericolo la salute della donna”.

I consiglieri della Lega si dicono convinti che“in un momento tanto difficile in cui la morte, a causa della pandemia, sembra avere trionfato, sia indispensabile dare segnali di vita e di sicurezza. Studieremo insieme anche delle risposte di natura economica – assicurano - per garantire aiuti immediati alle donne con una gravidanza difficile e poterle aiutare a scegliere per la vita”. “Prendersi cura di una donna con una gravidanza difficile – concludono i consiglieri della Lega - non vuol dire affatto limitare i suoi diritti, ma significa sostenerla e aiutarla in uno dei momenti più traumatici della sua esistenza”.

Di tutt'altro parere i consiglieri regionali dell’opposizione Tommaso Bori, Simona Meloni, Fabio Paparelli, Donatella Porzi e Michele Bettarelli (Pd), Thomas De Luca (Movimento 5 Stelle) e Vincenzo Bianconi (Misto), che accusano Tisei di “riportare indietro le lancette della storia ai tempi in cui venivano negati i diritti delle donne, al solo scopo di assecondare il volere dell’ultraconservatore Senatore Pillon, suo collega di partito”.

Per Bori, Meloni, Paparelli, Porzi, Bettarelli, De Luca e Bianconi, la delibera di Giunta “complica in maniera strumentale l'accesso all'interruzione di gravidanza farmacologica”. “Si tratta di un atto grave - sottolineano i consiglieri di opposizione nella nota congiunta - che renderà ancor più difficile la vita delle donne, la loro libertà, la loro autodeterminazione, attraverso la privazione del diritto a scegliere il metodo meno invasivo di interrompere una gravidanza”.

“Così facendo - aggiungono - la Giunta regionale ha scelto l’obbligo di ospedalizzazione forzosa di almeno tre giorni, rendendo volutamente ad ostacoli il percorso per ottenere l’opzione farmacologica, aumentando le spese del sistema sanitario regionale e, in epoca Covid, allungando paradossalmente le degenze. Ciò significa che – spiegano -, da ora in poi, i reparti autorizzati a mettere in atto la procedura di IVG farmacologica, quelli di Pantalla e poi, dopo il Covid, quello di Umbertide, oltre che di Orvieto e Narni, chiuderanno a breve, allungando ulteriormente i tempi per le IVG chirurgiche, che già adesso fanno registrare oltre tre settimane di attesa”.

“Considerando che la stessa Società Italiana Ginecologi ed Ostetrici (SIGO) ha affermato, non più tardi dell’aprile scorso, che ‘si dichiara favorevole a una maggiore diffusione dell’aborto farmacologico, a tutela della salute e dei diritti delle donne, che rischiano di essere negati a causa dell’emergenza sanitaria in corso, l’atto compiuto da questa Giunta a trazione Leghista – rimarcano -, non è altro che un chiaro segnale di brutale inversione di tendenza rispetto alla cultura dei diritti delle donne”.

“Riteniamo pertanto doveroso – assicurano i consiglieri del Pd, M5S e Gruppo misto - stare al fianco di chi si vorrà impegnare, fin da adesso, affinché si possano riaffermare questi diritti di civiltà attraverso un potenziamento dei consultori, ripristinando la gratuità dei percorsi di contraccezioni e favorendo una maggiore formazione del personale adeguatamente destinato a questi ambiti così delicati per la vita delle donne".
“In questo senso - concludono - ci sentiamo di fare un appello al ministro della Salute, Speranza, affinché ascolti le istanze portate avanti, in particolare, dalle Società scientifiche, e modifichi al più presto linee guida nazionali sull’IGV, approvate nel 2010 dal Governo Berlusconi, che rendono l’Italia il fanalino di coda dell’Europa”.

15 giugno 2020
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