Fnopi intervenga per tutelare gli infermieri militari iscritti agli Opi
di Antonio Gentile
08 LUG -
Gentile Direttore,
la querelle che si sta vivendo sulla questione dell’iscrizione all’Ordine professionale degli Infermieri militari che ha investito anche l’opinione pubblica nazionale, ha superato da tempo i confini del Comparto della Difesa ed è approdato nientemeno che al Dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove, presenti i rappresentanti della Difesa, delle Finanze, della Salute e degli Interni, si è tenuto giovedì 4 luglio c. a. un incontro per trovare una soluzione condivisa “nell’interesse del personale coinvolto”. In un quadro di estrema confusione, il grande assente appare la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche quale organo sussidiario dello Stato deputato alla tutela degli interessi pubblici connessi all’esercizio professionale delle migliaia di Infermieri militari iscritti agli Ordini provinciali.
Il problema è storico: non essendoci mai stata una chiara indicazione per questi professionisti della salute di ottemperare hic et nunc all’iscrizione, si è data la sensazione di avallare e implicitamente giustificare la mancata iscrizione da parte di quegli Infermieri che ancora, a torto o a ragione, non ne hanno intenzione. Una situazione tanto più assurda se si considera che le norme sono di una chiarezza disarmante; la Legge 11 gennaio 2018, n. 3 parla chiaro:
• Per l’esercizio di ciascuna professione sanitaria, compreso l’infermiere in qualsiasi forma giuridica svolta, anche in regime di dipendenza pubblica, è necessaria l’iscrizione al rispettivo albo;
• La quota di iscrizione è a carico del professionista.
Ad onor del vero, l’obbligatorietà era evidente anche in precedenza in quanto già prevista dalla legge 1 febbraio 2006, n. 43. È mancata una chiara indicazione negli anni precedenti da parte dei vertici della Sanità militare; a seguito di richieste di chiarimenti da parte della Base, con una nota sibillina del 2011 rispondevano che “… l’obbligo di iscrizione all’Ordine professionale… non sembra possa trovare applicazione anche nei confronti del personale infermieristico …”. Questo ha avuto il risultato che, ancora oggi, alcuni Infermieri militari, la minoranza rispetto alla stragrande maggioranza che è iscritta, risultano non iscritti con il serio rischio di incappare nel reato penale di abuso della professione.
La posizione di stallo che si è venuta a creare in seguito all’annosa questione vede da una parte i pochi interessati che non acconsentono a legalizzare la propria posizione, gli Organi di rappresentanza militare e i Vertici militari che premono per una soluzione normativa e la Politica che si affida a consiglieri di parte per trovare il bandolo della matassa. Il mandato dato al tavolo tecnico interministeriale istituito presso il Consiglio dei Ministri ha il compito di studiare una modifica normativa affinché la quota di iscrizione/rinnovo all’Ordine sia posta a carico dell’Amministrazione; a detto tavolo vi è un grosso vuoto rappresentativo, quello della FNOPI. La discussione in atto non può prescindere dall’ammissione alla partecipazione di tale Organo a cui afferiscono le migliaia di Infermieri militari già iscritti.
Il problema che si pone non è tanto che si sollevi il dipendente dall’onere di pagare la quota, ben venga anche per tutti gli altri Infermieri dipendenti pubblici, la preoccupazione da parte di tanti Infermieri militari è che, per giustificare l’eccezione, si inventi una toppa che si possa dimostrare peggiore del buco. Non si vorrebbe che si arrivasse a risolvere la questione come già accaduto con il tavolo tecnico interministeriale istituito per risolvere la carenza di Medici competenti nell’Amministrazione Difesa, che ha trovato una soluzione paradossale, giustificata dalla solita specificità del comparto, individuando tali figure tra il personale medico dipendente, senza titoli specialistici, con le uniche condizioni di avere una anzianità di servizio ed aver frequentato un corso FAD, creando un Albo esterno al Ministero della Salute (dove tutti gli altri Medici competenti sono iscritti) in seno all’Ispettorato Generale della Sanità Militare.
Il rischio che non bisogna correre è di perdere la grande opportunità per l’utente militare e civile che ricorre alle cure presso strutture e professionisti militari, di vedersi assistere da sanitari il cui operato e le cui competenze non possono più essere garantite dagli Ordini professionali di appartenenza in quanto i professionisti che li assistono non rientrano a pieno titolo nel novero ordinistico al pari dei colleghi civili. La voragine che si verrebbe a creare sarebbe enorme e travalicherebbe immediatamente la toppa messa. Si creerebbero contenziosi sia all’interno che all’esterno del comparto con conseguenze inimmaginabili; basti pensare ai medici, agli psicologici, ai farmacisti, ecc. militari che, essendo parimenti professioni intellettuali ed autonome dovrebbero essere messi anch’essi volenti o nolenti a carico dello Stato per quel che riguarda il pagamento della quota dell’iscrizione ai relativi Ordini.
La specificità dell’impiego dell’Infermiere militare tanto decantata per avere mano libera in qualsiasi iniziativa per affrontare la questione è un falso pretesto. Lo stesso Stato Maggiore della Difesa con la circolare 2/2019, nell’investire il Ministero della Difesa al fine di di adottare apposite iniziative risolutive; a supporto della tesi di porre a carico dello Stato l’onere della spesa ha asserito che l’Infermiere militare è “... sì tenuto al corretto svolgimento dei compiti connessi alla specifica professione ma è ancor prima un militare con doveri legati al proprio status”.
L’errore di fondo è voler mettere a confronto il senso etico e morale che deve guidare il “cittadino militare” a quello che deve possedere il “cittadino Infermiere militare” nell’assolvimento dei compiti istituzionali assegnatigli. Se non fosse sufficiente il buonsenso a far immaginare che l’Infermiere militare non può scegliere quale ruolo prediligere quando svolge la propria attività assistenziale rivolta ad altri militari o a civili, ci sono le norme che lo chiariscono Per gli Infermieri militari, come previsto dal Codice dell’Ordinamento Militare (D. Las. 66/2010), vale quanto previsto per gli infermieri civili e come per i Medici militari devono unire alle peculiari doti professionali tutte le più spiccate virtù militari. Non è possibile discernere i due ruoli, non è eticamente possibile prediligere l’aspetto militare rispetto a quello sanitario. L’Infermiere militare nell’assistere un paziente sul campo che potesse dare precedenza allo status di militare a quello di Infermiere, non sarebbe un buon Infermiere militare.
Il tema è sicuramente di grande valore e meritevole di approfondimenti ed è per questo che alla discussione è fondamentale dare voce a chi di infermieristica e di etica professionale se ne intende. Nel tavolo tecnico istituito per districare l’ingarbugliata matassa e trovare la migliore soluzione possibile deve essere inserita anche la FNOPI quale Organo sussidiario dello Stato che ha il precipuo compito di salvaguardare gli interessi dei pazienti conciliandoli con la soddisfazione ed il riconoscimento professionale degli Infermieri.
Antonio Gentile
Infermiere Militare
Foligno
08 luglio 2019
© Riproduzione riservata
Altri articoli in QS Umbria