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Donne migranti vittime di abusi. Ipasvi Firenze: “Per accoglierle serve specifica formazione”

L’apposita Commissione istituita presso il Collegio chiede un protocollo specifico per questi casi “anche alla luce della Direttiva UE 2013/33 che obbliga a una valutazione individuale delle specifiche esigenze di accoglienza delle persone vulnerabili, da operare in ogni fase della procedura fino alla sua conclusione”.

31 MAG - “Lasciare il proprio Paese alla ricerca di una vita dignitosa è sempre doloroso. Si parte con la consapevolezza che arrivare vivi è una scommessa, un’angoscia alla quale succede che si aggiungano violenze e abusi, consumati nel tragitto nei confronti delle donne. I casi di questo tipo si moltiplicano e il personale che si trova ad accogliere le vittime di torture e violenze non sempre è preparato a farlo: un dramma nel dramma, dove il lavoro degli infermieri è messo a dura prova ma rimane fondamentale per dare il giusto soccorso alla salute di queste donne, provate fisicamente e psicologicamente”.
 
È su questo tema che punta i riflettori la Commissione migranti del Collegio Ipasvi di Firenze: composta da Abukar Aweis Mohamed, Antonella Agostini e Rim Ezzedine, richiede un protocollo specifico per questi casi “anche alla luce della Direttiva UE 2013/33 che obbliga a una valutazione individuale delle specifiche esigenze di accoglienza delle persone vulnerabili, da operare in ogni fase della procedura fino alla sua conclusione”.

I richiedenti asilo in condizione di vulnerabilità, come le donne che hanno subito abusi, devono essere trattati in via prioritaria - spiegano dalla Commissione -. Una delle difficoltà maggiori del fenomeno è proprio la mancanza di preparazione alla gestione delle vittime di violenza di genere durante il percorso di accoglienza. Le donne e le ragazze richiedenti asilo che hanno subito violenza, per motivi culturali e in presenza di persone di sesso maschile raramente raccontano la loro sofferenza; preferiscono tenerla nascosta per vergogna e paura. C’è bisogno poi di personale sanitario esperto in materia: molte donne arrivano in stato di gravidanza, frutto di stupro subito nel viaggio, e chiedono di interromperla. Manca la formazione del personale, necessaria per affrontare e tutelare la salute di questo tipo di vittime di torture; gli operatori (sanitari e non) hanno bisogno di essere formati per promuovere la qualità e l'armonizzazione degli interventi allo scopo di rispondere ai bisogni dei richiedenti asilo prevenendo lo stress lavoro correlato”.

“Per questo auspichiamo che le istituzioni diano avvio a progetti formativi obbligatori rivolti agli operatori, sanitari e non – proseguono dalla Commissione -, soprattutto per favorire la conoscenza delle culture con cui vengono a contatto, la consapevolezza del profilo di vulnerabilità e dei loro diritti. Accanto a questo, è necessario predisporre una procedura standard dello screening sanitario introducendo linee guida delle buone pratiche per l’accoglienza, uguali per tutte le Regioni, e individuare precocemente il fenomeno di violenza di genere in collaborazione con le ASL competenti per territorio. I controlli devono essere fatti nel rispetto dello spazio consentito e secondo il numero previsto, evitando appunto il promiscuo tra uomini e donne che hanno subito violenza”.

Per la Commissione è “fondamentale”, infine, “nell'ambito dell'approccio multidisciplinare, la presenza di un Infermiere Case Management esperto in materia di vulnerabilità, fragilità, diritti e culture diverse che possa seguire la persona in tutto il suo percorso clinico-assistenziale e sociale”.

31 maggio 2017
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