Morte in utero. Ogni giorno 7.200 mamme perdono così il loro bambino. Ma nove casi su dieci potrebbero essere evitati
Sulle cause e le conseguenze di questi casi, Lancet ha lanciato una serie di articoli dal titolo Prevenire le morti in utero evitabili, presentata a Firenze dall’Associazione CiaoLapo Onlus, in contemporanea mondiale con Londra e altri 10 paesi
20 GEN - Ogni giorno più di 7.200 donne perdono i loro bambini a causa della morte in utero. Il 19 Gennaio 2016
The Lancet ha lanciato la nuova Serie di articoli dal titolo
Prevenire le morti in utero evitabili, evidenziando come più del 90% dei casi che avvengono nel mondo potrebbero essere evitati, anche nei paesi ad alto sviluppo economico, compresa l’Italia. La Serie
Ending Preventable Stillbirths è costituita da 5 articoli scientifici, 4 commenti e 2 report scritti grazie alla collaborazione di 216 autori e commentatori da più di 40 paesi, in rappresentanza di oltre 100 organizzazioni. La serie illustra i tassi mondiali di natimortalità, i fattori di rischio, le conseguenze economiche e psicosociali della morte in utero e le azioni che dovrebbero essere poste in essere per invertire la rotta, prevenire le morti in utero evitabili, così come le morti materne e neonatali.
In occasione dell’uscita della Serie, in contemporanea mondiale con il lancio a Londra e in altri 10 paesi, l'Associazione
CiaoLapo Onlus hanno organizzato il lancio italiano a Firenze presso l’ospedale di Careggi, insieme al prof.
Valdo Ricca, psichiatra e al dott.
Federico Mecacci, ginecologo.
Dalla Serie emergono in particolare 7 messaggi chiave che, nelle intenzioni degli autori, possiedono importanti implicazioni per le politiche sanitarie di tutti i paesi, compreso il nostro.
1. Ogni anno nel mondo avvengono circa 2,6 milioni di morti in utero, il 98% nei paesi a basso e medio sviluppo. In Italia il tasso di morte in utero è stabile intorno al 3 su mille, una gravidanza su 350 circa, 6 casi al giorno. La maggior parte delle morti fetali avviene nell'ultimo trimestre di gravidanza. Metà di queste rimane senza causa, anche perché i protocolli diagnostici non sono uniformi in tutte le regioni. La morte in utero, se non correttamente inquadrata, ha un elevato rischio di ricorrenza.
The Lancet chiede ai paesi di fare uno sforzo per azzerare il tasso di natimortalità prevenibile entro il 2030. L'Italia ha un tasso intermedio tra i paesi sviluppati (3,3 su mille, contro l'1,3 dell'Islanda) e uno dei peggiori trend di riduzione (solo 1,1% tra il 2000 e il 2015, contro ad esempio il 6,8% dell'Olanda).
2. La morte in utero ha un impatto enorme sulle famiglie e sulla società. La morte intrauterina è una tragedia per le famiglie e può avere un serio impatto a lungo termine dal punto di vista psicologico, sociale e finanziario. Il 30% delle donne colpite da morte in utero si ammala di depressione post partum, e molti sintomi di ansia e depressione rimangono stabili anche durante la gravidanza successiva e persino dopo la nascita di un bambino sano, molto spesso a causa di un inadeguato supporto all'elaborazione del lutto.
The Lancet chiede ai sistemi sanitari di contenere gli effetti della morte in utero tramite la cura del lutto e il supporto sociale, compreso il supporto alle donne nel vedere e tenere in braccio i loro bambini e la creazione di ricordi, pratiche che si sono dimostrate utili per accrescere il benessere dei genitori. Tutti coloro che lavorano nella sanità e si occupano di nascita a tutti i livelli dovrebbero essere formati su come fornire un supporto rispettoso al lutto dopo la morte in utero, come dopo la morte materna e neonatale, e dovrebbero essi stessi ricevere supporto dopo l'evento (in particolare migliorando le tecniche di comunicazione e mantenendo sempre un approccio empatico nei confronti della coppia).
3. La maggior parte delle morti in utero sono evitabili attraverso la buona qualità delle cure erogate durante la gravidanza, il travaglio e il parto. Migliorare la cura delle donne in gravidanza inoltre servirà anche prevenire la morte di madri e neonati e migliorare lo sviluppo psicofisico dei bambini; questo è noto come il "quadruplo guadagno" che si ottiene dagli investimenti finanziari che i governi e i donatori fanno per la salute.
The Lancet chiede ai sistemi sanitari dei paesi ad elevato reddito di migliorare la salute delle donne fin da prima del concepimento, di personalizzare le cure valutando i fattori di rischio personali e familiari e monitorare l'andamento della gravidanza con particolare riferimento all'ultimo trimestre e alla pianificazione del parto.
4. Le morti in utero devono essere considerate esattamente come le morti neonatali e le morti materne. Attualmente le morti in utero non sono registrate in tutti i paesi, o se registrate lo sono a partire da età gestazionali diverse: questo rende difficile monitorare il numero totale di morti.
The Lancet chiede ai paesi di istituire appositi registri per le morti materne, le morti neonatali e le morti endouterine, con particolare attenzione alle cause di morte e alle indagini eseguite.
5. La morte in utero colpisce in modo particolare le donne che sono in condizioni sociali o socioeconomiche svantaggiate. Le donne appartenenti a minoranze etniche, le donne povere o disoccupate hanno un rischio più alto, principalmente nei paesi a basso e medio sviluppo, ma anche nei paesi ad alto reddito.
The Lancet chiede di annullare lo scalino sociale e fare in modo che le donne dei paesi meno sviluppati e quelle che nei paesi ad alto reddito vivono in condizioni più disagiate abbiano lo stesso livello di assistenza delle altre.
6. La morte in utero è spesso una tragedia nascosta. "Lutto fantasma" è un termine utilizzato dai genitori per sottolineare che il lutto perinatale è ancora un tabù, ignorato e scarsamente conosciuto dagli operatori e dai professionisti della salute, dagli altri membri della famiglia e dall'intera società.
The Lancet chiede che la morte in utero non venga più ignorata dalla società e che il lutto dei genitori venga riconosciuto, compreso e affrontato. Questo lutto è comunemente negato, considerando che il lutto dei genitori dopo la morte del loro bambino non è ancora legittimato o compreso né dai professionisti della salute, né dalle loro famiglie, né dalla società.
7. Le donne che hanno partorito bambini nati morti si sentono spesso stigmatizzate, sole e scarsamente tenute in considerazione dalla società e, in alcune realtà, potrebbero persino essere oggetto di abusi o violenze.
The Lancet chiede che le organizzazioni di genitori lavorino a contatto con gli operatori della salute con lo scopo di ridimensionare lo stigma e abbattere la sensazione di impotenza che ancora oggi fa pensare che la morte in utero non sia prevenibile.
Alcuni punti fondamentali su cui gli autori della Serie si sono trovati infine concordi, identificandoli come ‘Azioni Prioritarie’ sono quelli di promuovere leadership intenzionali nei diversi paesi, massimizzando le leadership esistenti, al fine di ridare voce alle donne (empowerment), registrare e classificare ogni gravidanza ed ogni bambino (inclusi i nati morti), ed affrontare le lacune nella formazione del personale stabilendo delle priorità per la prevenzione della morte in utero e per il supporto al lutto.
E’ con grande soddisfazione che l’associazione CiaoLapo Onlus, la prima in Italia ad occuparsi di prevenzione, perdita e lutto in epoca perinatale, ha partecipato come realtà rappresentativa del nostro paese alla realizzazione degli studi (iniziati nel 2014) e alla preparazione dei lavori, potendo vedere finalmente confermati dall’autorevolezza della pubblicazione su The Lancet, molti dei punti cardine su cui da dieci anni si basano le nostre attività di promozione socioculturale, sostegno al lutto e soprattutto formazione degli operatori sanitari.
Speriamo fortemente che la pubblicazione di questa Serie, che sta già avendo una importante eco in tutto il mondo, funga da volano per dare una spinta anche nel nostro paese ad attività sociali, politiche e culturali di prevenzione della mortalità materna, fetale e neonatale.
Claudia Ravaldi
Medico Psichiatra e Psicoterapeuta, fondatore e presidente Associazione CiaoLapo Onlus e coautore del paper 4 della Serie Ending Preventable Stillbirths del Lancet
Alfredo Vannacci
Medico Farmacologo e Tossicologo, fondatore e vicepresidente Associazione CiaoLapo Onlus e coautore del paper 4 della Serie Ending Preventable Stillbirths del Lancet
20 gennaio 2016
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