Pretendere il vaccino per tutti vuol dire essere comunisti? (Ovvero... se Hollywood è più brava di noi a gestire una pandemia)
di Cesare Fassari
Abbiamo sottoscritto dei contratti preliminari di acquisto con le aziende praticamente sulla fiducia, senza clausole di garanzia degne di questo nome ma soprattutto non abbiamo fin dall’inizio optato su quella che doveva essere la via maestra: un accordo globale con Big Pharma (sotto l’egida delle Nazioni Unite) per creare una cordata di più aziende vincolate dall’impegno a trovare il vaccino per fermare una pandemia mondiale. Ma cose di questo genere finora le abbiamo viste solo al cinema
04 MAR - Pretendere dalle aziende farmaceutiche di fare e accettare tutto quello che serve per avere il maggior numero di vaccini nel minor tempo possibile vuol dire avere una visione statalista o (per qualcuno) peggio ancora comunista?
E se si scopre, come ovvio, che uno dei modi è quello di far produrre a più aziende possibili il vaccino indipendentemente dalla proprietà brevettuale è anche questo un sintomo di statalismo o bolscevismo?
E ancora, battere i pugni sul tavolo con i vari AD farmaceutici o con i vari mâitre à penser che sostengono che il problema non sono i brevetti o le licenze ma sempre qualcos’altro (che non dipende mai da loro, beninteso), vuol dire anche stavolta essere un nostalgico dell’economia sovietizzata?
Penso proprio di no. Anzi, penso che finora i vari Stati mondiali, confederati o meno, si siano comportati più come chi chiede un favore che come chi pretende soluzioni e risposte, tra l’altro strapagate.
Vi pare possibile che oggi, ai primi di marzo, dopo quasi tre mesi dall’approvazione da parte della UE del primo vaccino (il Pfizer-BioNTech approvato il 21 dicembre scorso) ci dobbiamo sentire dire che per poter attrezzare altri stabilimenti a produrli servono dai 4 ai 6 mesi? Il tutto con una supponenza come se chi chiede, giustamente, di poter aumentare la filiera, fosse un povero sprovveduto che non sa come va il mondo?
E se invece di pensarci ora ci avessimo pensato prima? E se a mettere l’allarme sulle difficoltà di produzione fossero state, come avrebbero dovuto essere, le stesse aziende che sapevano bene quale sarebbe stata la loro capacità produttiva? Non avremmo potuto fin da subito condividere teconologie, know how e quant’altro serve per duplicare, triplicare, quadruplicare (e così via) la filiera produttiva per garantire il fabbisogno di vaccini in tempi rapidi?
E invece no. Abbiamo sottoscritto dei contratti preliminari di acquisto praticamente sulla fiducia, senza clausole di garanzia degne di questo nome ma soprattutto non abbiamo fin dall’inizio optato su quella che doveva essere la via maestra: un accordo globale con Big Pharma (sotto l’egida delle Nazioni Unite) per creare una cordata di più aziende vincolate dall’impegno a trovare il vaccino per fermare una pandemia mondiale.
Condividendo trials di ricerca e poi produzione e distribuzione a livello planetario.
Purtroppo accordi e cordate di questo tipo li abbiamo visti negli anni solo al cinema, con Hollywood molto più brava di noi a gestire una pandemia mondiale.
Cesare Fassari
04 marzo 2021
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Studi e Analisi
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001
Sede legale e operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari
Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013
Riproduzione riservata.
Policy privacy