Dopo il Covid una UE più politica?
di Ettore Jorio
La pandemia ha reso l'UE più solidale, più remissiva nella formazione dei bilanci, più tollerante nei confronti del divieto degli aiuti di Stato, più collaborativa. Requisiti che occorrono, e tanto, nel corso del lungo percorso vaccinale che dovrà essere necessariamente assistito da politiche di bilancio flessibili. Tutti presupposti che potrebbero configurarsi come una sorta di avvio di un itinerario finalizzato a realizzare una Europa politica
23 DIC - E' al via la campagna vaccinale per il Covid-19. Hanno raggiunto il traguardo autorizzativo diverse tipologie di vaccini, opzionati dal commissario
Domenico Arcuri per oltre 202,5 milioni di dosi, distinti con i nomi dei colossi farmaceutici che ne stanno garantendo la fabbricazione e una distribuzione planetaria.
A distinguerli, per produttori e meccanismo d'azione, saranno le disponibilità che via via impatteranno con le turnazioni delle categorie sociali che saranno chiamate a porgere il braccio agli appositi aculei. Tutti saranno comunque fortunatamente risolutivi.
Ben venga un grande esempio di solidarietà
Al di là del miracolo avveratosi contro il coronavirus, preteso dal mondo intero, grazie agli sforzi economici affrontati dai singoli Paesi, al superlavoro compiuto dalla ricerca e alla sana competizione instauratasi tra le industrie farmaceutiche leader del mercato specifico siamo arrivati alla agognata meta. Molto prima del previsto. Insomma, il vaccino c'è!
Alla puntuale somministrazione dello stesso, cui dobbiamo sottoporci tutti, occorre tuttavia dare un bell'esempio di solidarietà, che lo renda disponibile all'intero pianeta, realizzando così quella eguaglianza sostanziale da riconoscere da quella parte che possiede a quella che è da sempre vicino al nulla.
L'evento ha dimostrato che allorquando lo si vuole si ce la fa. Che quando si è uniti si vince, prescindendo dall'esistenza dei Trump e simili.
Andiamo verso l'Europa politica
Tutta questa vicenda - cominciata con l'impatto del Covid 19 in Europa e arrivata all'organizzazione della campagna vaccinale oramai al via, che assicurerà una capillare diffusione del vaccino dei 27 Paesi dell'UE - offre agli europei (ma non solo) un'interessante lezione politico-culturale. Una concreta traduzione della volontà di creare il «più insieme» possibile. Non solo. Di generare una sorta di avvio di un itinerario finalizzato a realizzare una Europa politica.
Dunque, la pandemia ha reso un'UE più solidale, più remissiva nella formazione dei bilanci, più tollerante nei confronti del divieto degli aiuti di Stato, più collaborativa. Requisiti che occorrono, e tanto, nel corso del lungo percorso vaccinale che dovrà essere necessariamente assistito da politiche di bilancio flessibili.
Verso un ministero della sanità dell'UE
L'evento, nella sua complessità, ha rappresentato l'esordio di un tema che sta gradatamente prendendo corpo: l'esigenza della costituzione di una organizzazione di coordinamento sanitario stabile dell'UE. Un organismo unionale che vada a sovrapporsi a quei ministeri della salute, che dir si voglia, dei singoli Stati membri che hanno dimostrato nell'evenienza la loro debolezza ad intervenire unitariamente nella profilassi internazionale.
L'assenza manifesta di piani dell'emergenza e, di contro, l'efficientismo dimostrato contro il coronavirus solo grazie all'impegno degli Irccs e di presidi specialistici, del tipo il Sacco & Co., hanno fornito prova dell'obsolescenza dell'autonomia dei singoli ministeri nazionali, tanto da rendere indispensabile un concentramento decisionale europeo. D'altronde, l'UE ha dato prova di una buona pratica, in una alla sua esistenza concreta e fattiva nel determinare una decisione sempre più comune.
Un bell'esempio di politica difensiva europea
La diffusa promozione della campagna vaccinale e il coordinamento esercitato dall'UE nelle campagne di prenotazione e acquisto dei diversi vaccini altro non sono stati che la dimostrazione di una instaurata politica difensiva comune dei 27 Paesi. L'autentica espressione di una azione di difesa unionale, un po' come se fosse stato lo schieramento di un proprio «esercito» a difesa di un temibile aggressore capace di mettere in pericolo di vita la popolazione convenzionale.
Un ulteriore bell'esempio di prova generale di quel volere comune di andare ben oltre l'attuale UE!
Ettore Jorio
Università della Calabria
23 dicembre 2020
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