Sanità territoriale, urge riforma. Posizione unanime di Coscioni (Campania), Bezzini (Toscana) e Gallera (Lombardia)
di Lucia Conti
I tre rappresentanti regionali, ospiti al Forum Risk Management, fanno il punto sull’emergenza covid e sulle priorità per il futuro. Nel brevissimo tempo si lavora alla campagna vaccinale contro il coronavirus, che in questa prima fase sarà rivolta al personale sanitario. Ma dal punto di vista strutturale, Coscioni, Bezzini e Gallera concordano nel ritenere assolutamente urgente una riforma della sanità territoriali italiana, con investimenti importanti, dal punto di vista organizzativo, infrastrutturale e tecnologico. E sulle restrizioni per il Natale, lasciano la parola al Governo, ma auspicano misure ponderate.
16 DIC - Il covid ha messo in luce le criticità della sanità italiana: sottofinanziamento, carenza di personale, scarsa informatizzazione e, soprattutto, una sanità territoriale debole, disorganizzata, ancora troppo ancorata a un impianto antico che orbita quasi esclusivamente intorno al medico di famiglia. L’emergenza ha sicuramente dato una spinta importante alla riorganizzazione della sanità territoriale. Sono nate le Usca, gli infermieri di famiglia, e le farmacie sono state definitivamente riconosciute quali presidi di salute fondamentali per il sistema. Ma la strada per arrivare a una sanità territoriale moderna, efficiente, integrata, multidisciplinare e in rete è ancora molto lunga. E va percorsa. Perché se la pandemia ha mostrato una urgenza, questa sta proprio nella necessità di riformare e rafforzare la medicina del territorio e il ruolo dei Distretti.
Di questo sono convinti Enrico Coscioni, presidente di Apenas e consigliere per la sanità della Regione Campania;
Simone Bezzini, assessore alla Salute della Regione Toscana; e
Giulio Gallera, assessore alla Salute delle Regione Lombardia, ospiti della nuova edizione del Forum Risk Management, in corso ad Arezzo ma fruibile in modalità virtuale nel rispetto delle norme di sicurezza per l’emergenza covid.
La riflessione sul futuro impianto della sanità regionale è già partita in Toscana: “Vogliamo avviare nei prossimi mesi una grande campagna di ascolto e discussione sulle proposte da presentare agli Stati generali della sanità toscana, ma è evidente come uno dei temi centrale debba necessariamente essere il binomio territorio-innovazione”, ha detto l’assessore
Simone Bezzini. L’assessore toscano intravede nella telemedicina e nelle Case della Salute una chiave di volta per il sistema. Le Case della Salute, anche munite di strumentazioni per la telemedicina, permetterebbero poi, secondo Bezzini, “di garantire da una parte la presa in carico multidisciplinare e la continuità assistenziale, dall’altra di assicurare parità di accesso ai servizi sanitari in tutte le aree della Regione, dal centro di Firenze al Monte Amiata. Questo consentirebbe anche di decongestionare gli ospedali a cui oggi si ricorre per prestazioni ed esami che possono essere eseguiti anche sul territorio”.
Altro ambito da valorizzare, secondo l’assessore toscano, è il Distretto: “Agli Stati generali della Sanità toscana valuteremo una revisione dell’apparato normativo del nostro sistema sanitario. In questa prospettiva uno dei nodi centrali già individuati riguarderà le Zone Distretto. Il dibattito è appena aperto, ma è già chiaro a tutti come, con la creazione delle tre grandi Asl territoriali, si sia reso necessario rafforzare i Distretti per evitare lo sfilacciamento nelle filiere organizzative tra le dimensioni locali e i vertici delle aziende. Aziende e territorio devono essere coesi, anche perché la sanità - come elemento di straordinario valore pubblico - richiede capacità di coinvolgimento degli enti locali e delle comunità”, ha osservato Bezzini.
Certo, per potenziare la sanità territoriale servono anche risorse e, a questo proposito, l’assessore toscano reputa assolutamente insufficienti i 9 mld messi in campo per la sanità con il Recovery Fund: “Possono bastare solo se si pensa di sommarli al Mes, per raggiungere una cifra che si aggiri intorno ai 40 mld”.
Il tema del territorio è prioritario anche per l’assessore alla Lombardia, Giulio
Gallera. Secondo Gallera, però, la questione va affrontata a livello nazionale perché “la fragilità del territorio non è stato un problema lombardo né di altre poche regioni. È evidente che c’è un problema nell’impianto centrale del nostro sistema nazionale e quindi a livello centrale va risolto”. Sarà quindi necessario, per l’assessore lombardo, un confronto “serio e complesso” tra che dovrà portare a “riforme profonde in tutto il Paese”.
Pur ammettendo la fragilità del sistema territoriale e i momenti di criticità vissuti in Lombardia nel corso delle due ondate dell’emergenza, Gallera ha però voluto rivendicare gli sforzi messi in campo per far fronte alla situazione. “Il covid si è abbattuta sulla nostra Regione con una violenza unica, ma la sinergia pubblico-privato ha permesso di dare una risposta forte”.
In tema di ospedali e lotta al covid,
Enrico Coscioni ha voluto da parte sua evidenziare come, la bassa mortalità registrata in Campania, sia probabilmente correlata alla “grande capacità dei nostri ospedali pubblici di gestire pazienti complessi in area non intensiva”. La ventilazione invasiva comporta infatti, ha spiegato Coscioni, “rischi di nuove infezioni e traumi sugli alveo polmonari che rischiano di compromettere la ripresa dei pazienti”. Il punto di forza degli ospedali campani “tante volte presi di mila e criticati” starebbe quindi, secondo Coscioni, proprio nella loro esperienza a trattare i pazienti complessi nei reparti non critici.
Intanto le Regioni si preparano ad affrontare una nuova fase dell’emergenza. Si tratta di una fase positiva, stavolta, legata al tanto atteso arrivo della vaccino contro il covid. La regione Campania è già pronta: “Lo sforzo messo in campo per la copertura vaccinale contro l’influenza ci garantisce un impianto efficiente, che pensiamo di poter sfruttare anche per la vaccinazione contro il covid tra la popolazione”.
In questa prima fase, però, la somministrazione del vaccino sarà limitata agli operatori sanitari - del pubblico, del privato e rsa, e poi agli ospiti delle Rsa. Un totale di 140 mila persone in Campania, riferisce Coscioni. Il vaccino in campo sarò quello della Pfizer-Biontech, condizionato da una rigida catena del freddo. In Campania sono stati già individuati 27 siti in cui il vaccino sarà stoccato, fa sapere Coscioni. Il presidente di Apenas e consigliere per la sanità della Regione Campania ha inoltre informato come “in prima battuta tutta l’organizzazione del sistema informativo e la formazione del personale saranno a carico delle Regioni. In una seconda fase dovrebbe invece entrare in funzione il sistema informatizzato centrale della struttura commissariale nazionale”.
Anche la Toscana e Lombardia hanno iniziato ad attrezzarsi. “Abbiamo attivato una campagna di pre-adesione raccogliendo la volontà di vaccinarsi di 40mila persone su aventi diritto intono alle 120mila persone della sanità regionale”, riferisce Bezzini.
La Regione Lombardia sta invece rifornendo 65 siti delle attrezzature necessarie a garantire la catena del freddo. Ne saranno individuati anche altri perché, ha assicurato Gallera, la vaccinazione contro il covid “arriverà in maniera capillare in ogni parte del territorio”. L’assessore, però, mette in guardia dai facili entusiasmi: “Ci vorranno mesi per arrivare a una copertura vaccinale dei 75% degli italiani. Se da una parte non possiamo pensare di aspettare chiusi in casa, d’altra parte è evidente che non dobbiamo abbassare la guardia. Questa fase andrà ragionata, con cura, mettendo in campo misure ragionevoli per permettere la ripresa delle attività senza rischiare una nuova impennata dei contagi”.
Ancora prima della campagna vaccinale, però, l’Italia dovrà affrontare le festività natalizie. Con quali restrizioni il Governo non lo ha ancora chiaro. Tra le Regioni, c’è chi chiede che l’Italia venga tutta nominata zona rossa e chi chiede invece flessibilità. Per Coscioni “qualche paletto andrà messo, almeno nei giorni festivi in cui si rischia una mobilità incontrollata. Ma mi sembra complicato pensare di mettere ‘in rosso’ tutto il paese quando ci sono aree dove i contagi sono appena al 6% e città che non sono neanche state toccate dalla epidemia”. Per Coscioni una soluzione potrebbe essere quella di lasciare ai presidenti di Regione la facoltà di emanare provvedimenti restrittivi in accordo con il Governo.
Al Governo, invece, Gallera, invece, lancia un appello alla responsabilità: “Se ci saranno misure di inasprimento ne prenderemo atto, ma auspichiamo che si usi il buon senso e si scelga la vita dell’equilibrio. Come Regione Lombardia abbiamo chiesto che venga lasciata la possibilità di mobilità tra Comuni limitrofi”. Per Gallera “qualsiasi misure va ponderata” anche in base al rischio: “Si possono pensare a restrizioni più forti per quelle situazioni in cui si possono creare assembramenti incontrollati, ma forse lasciare aperte quelle attività - come i ristoranti - dove può essere più semplice garantire il rispetto delle norme di distanziamento”. Per l’assessore lombardo, in sintesi, è “importante non abbassare la guardia, ma anche usare il buon senso”.
Lucia Conti
16 dicembre 2020
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