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Coronavirus. Perché in Germania la letalità è più bassa dell’Italia?

di Fulvio Moirano e Thomas Schael

La differenza di letalità tra i due Paesi, probabilmente, è solo apparente e certamente non è legata all’alto numero di posti letto di TI della Germania. Semmai questa attuale differenza (che non è detto si confermerà nel tempo)  è da attribuire ad una migliore gestione sul territorio e a maggiore disponibilità dei dispositivi di sicurezza e di ventilatori già all’inizio dell’epidemia e infine per l’aver attivato adeguata tracciabilità informatica dei positivi

11 APR - Covid-19: letalità troppo elevata in Italia, troppo bassa in Germania? Il numero di posti letto in Terapia Intensiva ha determinato questa differenza significativa? Cerchiamo di capire come si può rispondere alla prima domanda.
 
Occorrono alcune premesse: la letalità di una malattia consiste nel rapporto tra il numero di deceduti (a causa di quella malattia) e il numero di malati (sempre della stessa malattia); in Italia i decessi attribuibili al Covid-19 sono, al 10 aprile 2020, 18.849 su un totale di 147.577 soggetti risultati positivi al tampone, mentre in Germania sono 2.736 su un totale di 122.171 positivi.
 
Quindi la letalità apparente è per Italia e Germania rispettivamente circa il 12% e il 2%.
Andiamo a verificare il numeratore cioè il numero dei morti per Covid-19 (o con Covid-19?): siamo sicuri che il metodo di codifica sia uguale nei due Paesi? Noi pensiamo che possa essere molto disomogeneo non solo tra i due Stati ma anche fra le Regioni o tra i Land.
 
Passiamo ad analizzare il denominatore e cioè il numero dei positivi per covid-19 e qui le differenze fra Stati (e fra Regioni e Land) è enorme non solo per i numeri dei tamponi ma soprattutto per le modalità di prescrizione e dell’identificazione del soggetto al quale prescrivere il tampone stesso.
 
In primo luogo, i tamponi effettuati in Italia, al 10 aprile 2020, sono circa 900.000 mentre in Germania sono circa 1.500.000. Ricordando che in Germania l’epidemia è iniziata circa 10 giorni dopo rispetto all’ Italia, si può notare come la Germania abbia effettuato un numero di tamponi giornalieri di gran lunga superiore rispetto all’Italia.
 
Infatti noi abbiamo effettuato il test diagnostico solo su particolari tipologie di soggetti che qui per brevità chiameremo sintomatici evidenti (e quasi identificabili già solo con la clinica), mentre in Germania sono i cittadini tedeschi a decidere se e dove fare il test. I cittadini tedeschi si possono rivolgere al proprio medico di famiglia e alla continuità assistenziale per avere la prescrizione del tampone Covid-19.
 
Con la prescrizione, o come pazienti solventi, si rivolgono ai centri di analisi locali. In Germania per facilitare i cittadini sono stati aperti rapidamente i cosiddetti drive-in. I test del Covid-19 sono già possibili in vari stati federali dove il tampone viene fatto attraverso il finestrino della macchina a chiunque voglia essere testato. I drive-in si trovano nei grandi centri urbani e le zone maggiormente popolate o colpite da coronavirus come Monaco di Baviera, Oberhausen, Bochum, Düsseldorf, le Province di Rhein-Neckar e di Esslingen. Altri comuni fanno affidamento sull'invio del personale a casa dei pazienti per il tampone. Il test viene quindi eseguito sulla porta dell'appartamento.
 
In Italia, seguendo le indicazioni della OMS, sono stati invece effettuati al 10 aprile circa la metà dei tamponi della Germania su pazienti fortemente sintomatici e sui contatti stretti.
Quindi se andiamo a dividere il numero di morti con il numero di positivi utilizziamo un numeratore più o meno confrontabile (con i distinguo sopra descritti) con un denominatore (i positivi) estremamente diverso tra i due paesi. Ad esempio, i soggetti risultati positivi hanno un’età media di 62 anni in Italia e di 45 anni in Germania, i primi sono in gran parte soggetti seriamente sintomatici, i secondi anche non sintomatici.
 
Ciò ricade in modo evidente sulla letalità apparente (12% in Italia e 2% in Germania) ma prima ancora sul numero di ricoverati in terapia intensiva. Il 10 aprile abbiamo in Italia 3.497 pazienti e in Germania 2.321 a fronte rispettivamente di 98.273 e 65.552 casi attivi.
 

 
Venendo alla seconda domanda e cioè: la diversa letalità (apparente) è dovuta alla dotazione dei posti letto in Rianimazione?
Ricordiamo che sul numero di posti letto e sul loro impatto sulla letalità sono state formulate considerazioni, a nostro parere non condivisibili, che attribuiscono all’alta dotazione di posti letto in Germania l’impatto rilevante sulla bassa letalità e parallelamente ai supposti tagli sul numero di letti in Terapia Intensiva in Italia la causa della nostra alta letalità.
 
Qui non vogliamo certamente negare che l’Italia abbia purtroppo per motivi di finanza pubblica (la sanità è la seconda spesa pubblica italiana dopo le pensioni e prima della spesa per interessi sul debito, che gli altri Paesi UE non hanno nella nostra misura) tagliato il finanziamento al SSN negli ultimi anni ed in particolare sul personale, ma non vogliamo avvallare letture superficiali.
 
Occorre infatti ricordare che nel 2010 in Italia avevamo 4.579 posti letto di Terapia Intensiva e nel gennaio 2020 prima dell’epidemia 5.300 posti letto
(peraltro occupati intorno al 50 %), oggi espansi a circa 9.500 per il Covid-19. In Germania la dotazione di posti letto prima dell’epidemia era di circa 28.000, numero che, a differenza del numero italiano, comprende anche i posti letto di UTIC, di Terapia Intensiva Neonatale e di Terapia Sub-intensiva.
 
E’ invece probabile che quando sarà possibile effettuare analisi epidemiologiche sulla circolazione del virus nelle due popolazioni (Germania e Italia) attraverso analisi di sieroprevalenza affidabili si vedrà che la circolazione del coronavirus all’inizio dell’epidemia sarà stata notevolmente più elevata in Italia rispetto alla Germania. D’altra parte, essendo l’età media dei positivi in Germania di 45 anni e in Italia di 62 non stupisce che in Germania (pur con una popolazione di 82 milioni e in Italia di 60) vi siano oggi solo 2.321 pazienti Covid in T.I, come risulta dal registro DIVI (Deutsche Interdisziplinäre Vereinigung für Intensiv- und Notfallmedizin).
 
Infatti nella lotta contro il virus, gli ospedali tedeschi devono per iniziativa del Ministro della Salute, Jens Spahn, segnalare le loro capacità di letti di terapia intensiva a un nuovo registro. Ciò dovrebbe aiutare a distribuire i pazienti COVID-19 sui letti disponibili in tutta la Germania, come una specie di CROSS italiana. L'Associazione interdisciplinare tedesca per terapia intensiva e medicina d'emergenza, DIVI, gestisce il nuovo registro insieme al Robert Koch Institut e alla Deutschen Krankenhausgesellschaft (una specie di AIOP tedesca ).
 
Prima della crisi Covid-19, in Germania c'erano come detto 28.000 letti di terapia intensiva, di cui 20.000 con ventilazione. Questi erano occupati in media con un tasso del 70-80 %. Ha dichiarato Gerald Gass, presidente della Deutschen Krankenhausgesellschaft, alla "Rheinische Post che il 70% delle persone infette in Germania ha tra 15 e 59 anni. Uomini e donne sono attualmente ugualmente colpiti. L'età media dei pazienti deceduti di Covid-19 è diversa. L'86% dei deceduti tedeschi ha almeno 70 anni.
 
Da tutte queste considerazioni risulta evidente che la differenza di letalità tra i due Paesi, probabilmente è solo apparente e certamente non è legata all’alto numero di posti letto della Germania; semmai se la Germania risulterà avere una letalità leggermente inferiore sarà da attribuire ad una migliore gestione sul territorio e a maggiore disponibilità dei dispositivi di sicurezza e di ventilatori già all’inizio dell’ epidemia e all’aver attivato adeguata tracciabilità informatica dei positivi, che ha consentito alla Germania di resistere meglio alla prima ondata epidemica peraltro giovandosi anche dell’esperienza italiana e del lockdown; ma soprattutto ad una reale circolazione del virus notevolmente inferiore a quella dell’ Italia, considerando che già i dati ufficiali segnalano una prevalenza quasi doppia in Italia (0,244 %) rispetto alla Germania (0,141%) ma quella reale è probabilmente circa 10 volte superiore (nel Nord Italia forse 20 volte) come ipotizzato nella tabella sottostante dall’Imperial college.
 

 
Infine proprio la consapevolezza dell’avvenuta diffusione del virus in Germania con qualche settimana di ritardo rispetto all’Italia, ha indotto lo stesso Lothar Wieler, presidente del Robert Koch Institute (RKI), l’ente centrale della Sanità pubblica, ad affermare che nel lungo periodo non ci sarà una differenza significativa nei tassi di letalità tra Italia e Germania.
 
Fulvio Moirano
Amministratore di Fucina Sanità s.r.l.
 
Thomas Schael
Direttore generale ASL 2 Chieti 

11 aprile 2020
© Riproduzione riservata


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