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Quale personale sanitario per la sanità di domani?

di Tiziana Frittelli

Non c’è dubbio che la strada della riforma del SSN deve viaggiare insieme al dibattito sul ruolo delle professioni, sui modelli organizzativi, contrattuali, di programmazione, di reclutamento, di formazione, di remunerazione, coinvolgendo tutti gli stakeholders, aprendo subito un dibattito pubblico, per vincere la sfida delle disuguaglianze e di un accesso appropriato, sostenibile e semplificato alle cure

18 DIC - Non c’è dubbio che la sanità sia tornata al centro dell’agenda politica italiana. Lo testimoniano fatti concreti, oltre che dichiarazioni di intenti di notevole spessore, quale la prospettiva di un incremento del fondo sanitraio di 10 miliardi entro il 2023, promesso dal Presidente del Consiglio, e l’apertura di una stagione di riforme preannunciata dal Ministro Speranza.
 
Il Senato ha votato la fiducia sul maxiemendamento che ha previsto, per il 2020 e il 2021, 3,5 mdl per il FSN, 2 mdl per l’edilizia sanitaria e il finanziamento per cancellare il superticket. Inoltre, è importante la maturazione di un dibattito sulle professioni sanitarie che, finalmente, sta portando una ritrovata consapevolezza della necessità di mettere al centro dell’agenda la riflessione sul loro destino, o meglio la ritrovata consapevolezza che il destino del SSN si gioca sul destino del suo bene più prezioso, i suoi professionisti.
 
Sono stati posti alcuni tasselli importanti a tutela degli operatori sanitari:
- la legge sulla responsabilità professionale sanitaria (per la cui completa attuazione mancano i decreti attuativi in materia assicurativa, per la cui rapida emanazione, di competenza Mise, il Ministro Speranza ha sottolineato il proprio impegno, e il decreto sulla tabella unica delle macrolesioni, che ci auguriamo possa essere presto emanato per una maggiore sostenibilità del sistema); la riforma degli ordini, per rimarcare pari dignità tra professioni sanitarie;
 
- il rinnovo dei CCNL del personale di comparto, della dirigenza, dell’Acn, dopo anni di blocco;
 
- la consapevolezza di una programmazione gravemente insufficiente, negli anni, per le scuole di specializzazione e i MMG e la necessità di una inversione di marcia, con l’incremento di ulteriori borse di specializzazione, che, seppure non ancora sufficienti, aprono qualche possibilità per superare l’imbuto formativo;
 
- l’approntamento di nuovi strumenti concorsuali (accesso ai concorsi degli specializzandi con graduatorie specifiche) e assunzionali (di specializzandi a tempo determinato, da attuare tramite decreto) per reperire professionalità mediche carenti;
 
- l’innalzamento del tetto di spesa per il personale, approvato ieri in seno al decreto fiscale;
 
- la possibilità di fornire ai MMG e ai PLS attrezzature elettromedicali;
 
- ulteriori misure per l’eliminazione del precariato per medici, infermieri, amministrativi del SSN e per i ricercatori Irccs e Izs;
 
- gli Stati generali sulla professione medica avviati da Fnomceo, quale momento di riflessione generale sulle linee evolutive della professione medica.
 
Tutto questo basta? Probabilmente no, se non definiamo un rinnovato contesto nel quale i nostri professionisti dovranno operare, in un quadro in continua evoluzione, se non capiamo quale dovrà essere il nuovo ruolo dei medici dei MMG e degli specialisti ambulatoriali, se non ci confrontiamo con realtà organizzative diverse dalle nostre, che utilizzano professionisti sanitari in un mix molto diverso dal nostro, se non apprestiamo strumenti contrattuali che favoriscano la mobilità delle nostre professionalità migliori nelle zone più disagiate del Paese, per disseminare cultura clinica ed organizzativa, se non rimettiamo al centro del dibattito l’organizzazione nella quale i nostri professionisti devono operare, per finalizzare ad essa le modalità di reclutamento, di remunerazione e, soprattutto, le competenze attese ed i relativi percorsi formativi.
 
Bisogna ripensare i profili e le responsabilità delle diverse figure, le modalità di misurazione dei risultati, arginare la fuga nel privato, dopo che il sistema ha finanziato una costosa formazione. L’Anaao, all’indomani del via libera alla manovra da parte del Senato, ha dichiarato la grave insoddisfazione per la carenza in manovra di misure che consentirebbero il recupero di risorse accessorie, certamente utili per frenare l’emorragia delle risorse migliori verso il privato.
 
Non c’è dubbio che la strada della riforma del SSN deve viaggiare insieme al dibattito sul ruolo delle professioni, sui modelli organizzativi, contrattuali, di programmazione, di reclutamento, di formazione, di remunerazione, coinvolgendo tutti gli stakeholders, aprendo subito un dibattito pubblico, per vincere la sfida delle disuguaglianze e di un accesso appropriato, sostenibile e semplificato alle cure.
 
Se è vero che serve una nuova organizzazione del sistema per affrontare le grandi sfide, servono strumenti nuovi di reclutamento, gestione, promozione, misurazione, sviluppo delle risorse umane, del top e del middle management. Altrimenti rischiamo interventi spot che, al di fuori di un quadro organizzativo rinnovato e coordinato e al di là degli encomiabili sforzi che sono stati fatti, avranno benefici limitati per il sistema.
 
Tiziana Frittelli
Presidente di Federsanità

18 dicembre 2019
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