Rapporto Lea. Per il ministero ancora troppo peso all'ospedaliera
Dovrebbe valere il 44% delle risorse impiegate in sanità, ma nel 2009 non era sceso oltre il 46,97%. A discapito dell’assistenza distrettuale, ferma al 48,8% anziché al 51% fissato dal Patto per la Salute 2010-2012. Lo rileva il monitoraggio sui Lea del ministero della Salute per gli anni 2008.2009.
15 FEB - Avanza, ma lentamente, il processo di trasferimento di risorse dall’assistenza ospedaliera a quella territoriale. L’Italia, insomma, è ancora troppo ospedalocentrica e questo nonostante dal 2000 al 2009 siano stati tagliati
quasi 45 mila posti letto.
Ma il problema non sono i letti, piuttosto la spesa che, secondo il quinto "Rapporto nazionale di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza" per gli anni 2007-2009 del ministero della Salute, anziché rappresentare il 44% della spesa sanitaria totale, come fissato dal vecchio Patto per la salute 2010-2012, assorbe ancora il 46,97%, con il minimo registrato in Piemonte (43,4%) ed il massimo registrato in Abruzzo (53,8%).
E con un “tasso di utilizzo” che a livello nazionale è anche vicino a quello stabilito (73,37% su un parametro di riferimento del 70-75%), ma che varia da tassi inferiori o uguali al 67% in Sardegna, Campania e Calabria, e tassi valori prossimi all’80% si registrano in Liguria, in Veneto, in Valle d’Aosta e nel Lazio. “Valori bassi – rileva il Rapporto del Ministero - sono sintomo di scarso utilizzo delle risorse e di conseguenza di scarsa efficienza, e valori elevati possono essere sentinella di eventuale sovraccarico delle unità operative ma anche di eccessivo ricorso alla modalità assistenziale di ricovero ospedaliera”.
In questo contesto, a farne le spese è ancora l’assistenza distrettuale, a cui sono dedicate il al 48,8% delle risorse anziché il 51% previsto dal vecchio Patto per la Salute. La prevenzione, che dovrebbe occupare il 5% delle risorse, ne occupa invece il 4,19%.
Ecco la sintesi dei risultati per ogni livello di assistenza descritta dal monitoraggio del ministero della Salute
ASSISTENZA SANITARIA COLLETTIVA IN AMBIENTE DI VITA E LAVORO
Nell’anno 2008 mediamente il 96% delle Asl risulta dotata dei Dipartimenti di prevenzione; tuttavia il livello di copertura totale è stato raggiunto in sedici regioni italiane, mentre valori comunque superiori al 75% si rilevano in Piemonte, Liguria e Sicilia (per le P.A di Trento e Bolzano il dato non sono disponibili).
Riguardo all’incidenza complessiva del costo sostenuto in ciascuna regione per assicurare le prestazioni, la media italiana, come accennato, è del 4,19% contro la soglia ribadita nel Patto della Salute 2010-2012 del 5%. Ma in particolare, in due regioni, Friuli V.G. e Liguria, l’indicatore non raggiunge il 3% mentre in Valle D’Aosta, Sardegna, Umbria e Basilicata il costo del macrolivello supera il 5% dei costi complessivi.
La ripartizione percentuale della spesa sanitaria nazionale per le diverse aree di appartenenza al livello vede al primo posto i servizi di igiene e sanità pubblica, che occupa il 44,5% della spesa totale, seguito dai servizi di sanità pubblica veterinaria (23,8%), di prevenzione per la sicurezza negli ambienti di lavoro (13,3%) e dai servizi di igiene alimenti e nutrizione (10,5%).
Il relativo costo medio pro capite per tutto il livello è pari a 80,94 euro. Quello per assicurare le prestazioni del livello di assistenza “igiene e sanità pubblica” risulta essere pari a 36,06 euro, con il valore più basso lo si riscontra in Liguria con 22,83 euro pro-capite e quello più alto in Molise con 72,87 euro.
Riguardo due degli indicatori di riferimento dell’attività di prevenzione, cioè le campagne di informazione e i programmi di screening per mammografia e pap test, emerge che a livello nazionale è pari al 7,3% la quota di popolazione femminile di riferimento che ha effettuato il pap-test gratuitamente, nel corso dell’anno 2009, ma con variazioni notevoli tra le ripartizioni geografiche che vanno da un massimo del 37% della P.A. di Bolzano al 5% della Liguria. Lievemente più alta risulta la percentuale di donne sottoposte ad esame gratuito di mammografia (10,3% della popolazione femminile di età compresa tra i 45 e 69 anni), ma anche in questo caso con notevoli differenze territoriali che vanno dal 41,2% del Veneto al 7,4% della Sicilia. “Nella lettura dei risultati – sottolinea però il Rapporto - occorre tenere presente che molte prestazioni vengono effettuate in strutture private a pagamento e sono pertanto escluse dalla rilevazione”.
Per quanto concerne la profilassi delle malattie infettive e parassitarie sono stati elaborati i tassi regionali di copertura vaccinale riferiti alla popolazione di età inferiore o uguale a due anni, per cicli completi (3 dosi), di difterite, difterite-tetano-pertosse, poliomielite ed epatite B per gli anni 2007 -2009. In media, nell’anno 2009, sono stati vaccinati nel nostro Paese circa di 96 bambini su 100 per epatite B, difterite, tetano e pertosse e per poliomielite. Permangono tuttavia alcune differenze territoriali: in alcune regioni del Centro-Sud e nella P.A. di Bolzano le coperture vaccinali risultano ancora inferiori all’obiettivo del 95%; in particolare, si rilevano valori decisamente inferiori a quelli raccomandati nella P.A. di Bolzano, con una copertura inferiore al 89% per epatite B, difterite tetano e pertosse e per poliomielite.
ASSISTENZA DISTRETTUALE
L’incidenza percentuale del costo sostenuto per le prestazioni comprese nel livello di assistenza distrettuale sul totale del costo sostenuto da ciascuna regione sul proprio territorio, è in crescita rispetto agli anni precedenti ed è pari al 48,8%, anche se, come già evidenziato, dovrebbe invece attestarsi al 51%. I valori più alti si registrano in Veneto con il 52,5% ed in Piemonte con il 52,4%, mentre il valore più basso in Abruzzo con il 41,9%. “La variabilità di questo indicatore – spiega il Rapporto - può dipendere da molteplici fattori in quanto al suo interno giocano effetti diversi dovuti all’incidenza dei costi dell’assistenza di base, dell’assistenza farmaceutica e di quella specialistica; in particolare le ultime due componenti presentano una notevole variabilità territoriale”.
A livello nazionale, la quota più alta di spesa per questo livello è stata dedicata all’assistenza farmaceutica (26,8%), seguita dall’assistenza specialistica (20,9%), dalla medicina territoriale e guardia medica (12,2%), dall’assistenza territoriale residenziale e semiresidenziale per gli anziani (6%) e per i disabili (5,5%( e per la tossicodipendenza ed alcoldipendenza (2,1%).
Per verificare l’efficienza dell’assistenza territoriale, il Rapporto utilizza in particolare gli indicatori basati sui ricoveri prevenibili (ogni 100.000 abitanti) per asma, diabete e scompenso cardiaco, che “misurano indirettamente la risposta della rete di offerta territoriale a queste patologie che richiedono, solo in casi selezionati, il ricovero in ambiente ospedaliero e quindi consentono di valutare l’assistenza distrettuale anche in termini di accessibilità e di efficacia degli interventi sanitari territoriali”. Il tasso dei ricoveri (ogni 100.000 abitanti) per asma e diabete rivela una maggiore tendenza al ricorso all’assistenza ospedaliera nell’area meridionale del Paese, e quindi all’utilizzo improprio della struttura ospedaliera, “che può riflettere le criticità organizzative della rete dei servizi territoriali e dell’integrazione ospedale-territorio”. Per lo scompenso cardiaco le differenze geografiche vedono la situazione di maggiore inappropriatezza nelle regioni Molise, Marche ed Abruzzo.
Dai risultati si osserva una diminuzione nel triennio del valore medio italiano dei ricoveri per asma e diabete, che passa rispettivamente da 32,7 a 27,4 ricoveri per 100.000 (asma) e da 93,9 a 83,6 (diabete); in lieve diminuzione anche i ricoveri prevenibili per scompenso cardiaco con un valore medio nazionale di 335,9 per 100.000 abitanti ed un trend in crescita in molte regioni.
ASSISTENZA OSPEDALIERA
Come accennato, il “costo percentuale del livello di assistenza ospedaliera”, la cui quota è fissata al 44%, risulta invece nel 2009 pari al 46,97%, con il minimo registrato in Piemonte (43,4%) ed il massimo registrato in Abruzzo (53,8%). Il “costo pro-capite del livello di assistenza ospedaliera”, complessivamente erogata, risulta in diminuzione, ed è pari nel 2009, a 911 euro, con variazioni significative comprese fra il minimo di 826,6 euro in Piemonte ed un massimo di 1.118 euro nel Lazio. Mentre il “tasso di utilizzo”, indicatore di efficienza, pari a livello nazionale al 73,37%, è in linea col parametro di riferimento, stabilito nell’intervallo 70-75%. Valori inferiori o uguali al 67% si registrano in Sardegna, Campania e Calabria, mentre valori prossimi all’80% si registrano in Liguria, in Veneto, in Valle d’Aosta e nel Lazio.
In Italia, nell’anno 2009, sono stati effettuati circa 8 milioni di ricoveri in degenza ordinaria, pari ad un tasso di ospedalizzazione di 130,93 per 1.000 abitanti, e circa 3,3 milioni di ricoveri in modalità diurna, pari ad un tasso di ospedalizzazione del 53,66 per 1.000 abitanti. In riferimento al Patto della Salute 2010-2012 che prevede un tasso di ricovero complessivo (ordinario e diurno) pari a 180 ricoveri per 1.000, l’analisi del trend mostra una riduzione del numero dei ricoveri in regime ordinario, anche per effetto del trasferimento di alcune prestazioni ospedaliere in altri setting assistenziali, quali il day hospital, o in altri livelli di assistenza, ad esempio territoriale. Persiste tuttavia una importante variabilità a livello regionale sia per i ricoveri in regime ordinario che diurno.
Il tasso di ospedalizzazione “standardizzato” per il ricovero ordinario, che consente di depurare il dato grezzo dall’effetto della diversa composizione per età presente nelle diverse realtà regionali, vede valori più elevati in Puglia, Molise, Campania e P.A. di Bolzano, mentre i valori più bassi si registrano in Veneto, Friuli V.G. e Toscana.
Anche nella modalità assistenziale del ricovero diurno persiste una spiccata variabilità regionale. Il tasso di ospedalizzazione per day hospital è più elevato nelle regioni Liguria, Sicilia, Campania, Calabria e Basilicata dove si registrano valori maggiori del 70 per 1.000, e più basso in Friuli V.G. ed in Puglia dove i valori non superano il 40 per 1.000. La tendenza ad un graduale e progressivo decremento dell’ospedalizzazione in regime diurno si evidenzia in tutte le regioni, ad eccezione della P.A. di Trento, del Friuli V.G. e della Sicilia.
Nell’anno 2009 l’offerta di posti letto per acuti per le attività di degenza ordinaria è risultata costituita da 188.827 unità, pari a 3,1 ogni 1.000 abitanti e per l’attività di day hospital da 28.594 unità, pari allo 0,5 per 1.000 abitanti. Lo standard stabilito dall’ Intesa Stato – Regioni del 3 dicembre 2009 ha fissato al 4 per 1.000 l’indicatore dei posti letto ospedalieri comprensivi di 0,7 posti letto per 1.000 abitanti per la riabilitazione e e la lungodegenza post-acuzie.
I posti letto dedicati alla riabilitazione e alla lungodegenza risultano a livello nazionale 37.535, pari a 0,6 per 1.000 abitanti, leggermente sottodimensionati rispetto al fabbisogno.
L’analisi regionale dell’indicatore posti letto per 1.000 abitanti dimostra ancora discreta eterogeneità: si passa da 2,8 posti letto per acuti in modalità ordinaria della Basilicata ai 4 posti letto del Molise. “Nel tempo – spiega il ministero - la riduzione dei posti letto ha inciso in maniera più determinante lì dove sono state intraprese specifiche iniziative di riorganizzazione e razionalizzazione della rete ospedaliera, non da ultimo l’effetto dei Piani di Rientro”.
La dotazione di posti letto per le attività dedicate al ricovero diurno risulta più variabile a livello regionale: i valori oscillano tra 0,7 p.l. per 1.000 abitanti in Sicilia e 0,3 p.l. in Puglia. Per i posti letto dedicati alle attività di riabilitazione e lungodegenza, ad eccezione del Piemonte, della P.A. di Trento, del Lazio e del Molise, tutte le altre regioni si caratterizzano per un valore dell’indicatore inferiore ad un posto letto per 1.000 abitanti.
Per il ministero “l’esame del livello di assistenza ospedaliera non può essere considerato completo se non si analizza il concetto di appropriatezza”. A questo scopo viene ad esempio utilizzato l’indicatore della “percentuale dei dimessi con DRG medici da reparti chirurgici” per verificare l’appropriatezza di utilizzo dei posti letto collocati in unità operative di chirurgia. Il valore medio nazionale, considerato come parametro di riferimento, è del 34,2%; la percentuale nelle varie regioni varia da un massimo del 51,3% in Calabria ad un minimo di 25,1% in Piemonte.
Negli ultimi anni il valore dell’indicatore mostra una significativa diminuzione dal 43,4% nel 1999 al 34,2% nel 2009, “presumibilmente – afferma il ministero - per effetto di numerosi fattori quali la maggiore concentrazione della casistica complessa negli ospedali per acuti, il processo di riorganizzazione delle rete dei servizi territoriali e, soprattutto, la crescente attenzione al tema dell’appropriatezza, esplicitata dal legislatore nell’allegato 2C del DPCM 29 novembre 2001 e ribadita all’art.6 c.5 dell’Intesa Stato – Regioni del 3 dicembre 2009 che ha integrato di nuovi 65 Drg la lista dei precedenti 43 Drg a rischio in appropriatezza”.
Altro indicato di appropriatezza è quello relativo alla percentuale di parti cesarei. “Nonostante l’attenzione che negli anni si è posta al problema – osserva il ministero della Salute -, la percentuale di parti cesarei, in Italia, è ancora molto elevata e in continua crescita, per cui il parametro di riferimento, stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità al 15%, è tuttora molto distante dalla maggior parte dei valori assunti nelle varie regioni. Il valore medio italiano si attesta nel 2009 al 38,4%. Solo la P.A. di Bolzano e la regione Friuli V.G. sono vicini alla soglia di riferimento, mentre in Campania l’indicatore ha un valore pari al 62%”.
15 febbraio 2012
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Studi e Analisi